Nessuno tocchi Caino è il nome della campagna che i cittadini e i parlamentari di ogni continente hanno deciso di promuovere per abolire la pena di morte in tutto il mondo entro il 2000. Nel dicembre scorso -grazie all’aiuto del gruppo verde e del partito radicale transnazionale- duecento tra deputati, giuristi, rappresentanti di istituzioni elettive e di organizzazioni internazionali di 36 paesi, hanno dato vita al primo congresso di Nessuno tocchi Caino nella sede del Parlamento europeo, a Bruxelles. Come per la schiavitù, come per la tortura, l’obiettivo è che si affermi un nuovo diritto: la vita umana non è disponibile allo stato.
Il 1993 si è chiuso nel modo peggiore. Negli Stati Uniti, dei 2.700 detenuti in attesa di esecuzione, 38 sono stati giustiziati. In Cina, le esecuzioni delle quali si è avuta notizia sono state 1.249. Ai 105 paesi nei quali si pratica la pena capitale, si sono aggiunte le Filippine, che l’hanno ripristinata dopo l’abolizione successiva alla cacciata di Marcos. E, sempre nello stesso mese, sono riprese le esecuzioni in Giappone, dove erano state sospese per lungo tempo. Tuttavia, non mancano segnali di speranza. In una sua risoluzione, il Parlamento europeo ha decretato infatti l’indisponibilità allo stato della vita dei cittadini, mentre le Nazioni Unite nell’istituire il Tribunale per i crimini nella ex Jugoslavia hanno escluso, in ogni caso, la pena di morte. Seppure a fatica e in modo contraddittorio, un nuovo diritto si sta lentamente affermando. Ed è per dar tempo a questo diritto di consolidarsi e di imporsi, che verrà richiesta una moratoria internazionale delle esecuzioni. Al Papa, con una lettera pubblica e con una manifestazione, si chiederà di prestare la propria voce a questa richiesta nel giorno di Pasqua. Nel ricordo di quella croce, oggi simbolo di pace amore e fratellanza per milioni di persone, ieri emblema atroce del supplizio capitale.

Un gruppo di scrittori italiani ha deciso di aderire alla campagna Nessuno tocchi Caino. Lo ha fatto, naturalmente, anche con la penna. Ne è nata una interessante raccolta di racconti che presto verrà pubblicata in volume. In attesa del libro, ne anticipiamo alcuni.
Per chi è interessato a Nessuno tocchi Caino, la sua sede italiana è ospite del Partito radicale, in via di Torre Argentina, 76 cap. 00186 Roma. Il numero telefonico è lo 06-689791; il riferimento Sergio D’Elia.

LA PROVA GENERALE
di Giorgio Van Straten

Fu risvegliato dal rumore ripetuto dei manganelli che battevano sulle sbarre delle celle. Lo conosceva bene quel rumore, avrebbe potuto riconoscerlo anche da un solo frammento, da un singolo battito. Dalla finestra, alta e piccola, filtrava appena una luce quasi notturna. Era l’inizio dell’alba. L’uomo sentiva il sudore che lo bagnava, le ciocche di capelli appiccicati sulla fronte, il vuoto della stanza, ma non voleva muoversi. Era come una speranza di non farsi notare, la stessa ottusa convinzione che non sia tu ad essere interrogato solo perché tieni gli occhi bassi e non guardi verso l’insegnante. Eppure sapeva che le regole erano ferree, indipendenti dagli uomini, indiscutibili. E sentiva anche che arrivava il suo turno, che fra poco l’avrebbero preso.
I passi nel corridoio e ancora i manganelli sopra le sbarre. Non voltarti, non guardarli. Poi i passi si fermano. La chiave gira nella serratura .
“In piedi” Solo questo: né il nome, né altro. Solo un richiamo, un ordine. Tocca a lui. Questa era la situazione: l’uomo in piedi, in mezzo alla stanza, sudato, gli occhi che cercavano di riabituarsi alla luce.
“ Solo un momento”. Era un suo diritto lavarsi, gli venne concesso. L’acqua scorreva nel lavandino, perdendosi dove lui non avrebbe potuto calarsi. Nuoterebbe nelle fogne, se servisse a salvarsi. Ma solo l’acqua e la schiuma del sapone possono scorrere giù per il tubo, in fondo, libere.
Lo sollecitarono a muoversi. Lui si passò il pettine nei capelli, utilizzando il sudore come brillantina per schiacciarli all’indietro, da attore del muto. Poi seguì le guardie fuori dalla cella. Guardò la finestra, in alto. Di lì, dal corridoio si vedeva un pezzo di cielo, appena meno che scuro, verdastro, lontano, in un altro mondo, cresceva il sole.
Scesero le scale e lui improvvisamente capì tutto quello che fino ad allora era stata solo una voce, il racconto impossibile di chi non era tornato. Non era fuori che li portavano, non davano quella soddisfazione. Non c’era luce, né il rumore di colpi ...[continua]

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