Cara Romana,
forse è stato il titolo ad infastidirmi, anzi è stato senz’altro il titolo (magari non deciso da te?). Sembra che gli esuli possano essere divisi tra quelli con rancore e quelli senza rancore. Ho sempre pensato che vi potessero essere esuli più segnati o meno segnati da quegli avvenimenti e che, a seconda della loro cultura ed intelligenza, in modi vari facessero “vedere” le loro ferite. Purtroppo una certa ottusità della sinistra (o malafede) fa sì che queste ferite vengano fatte spesso vedere in malo modo...
Come dici anche tu, le efferatezze che avvengono oggi non mi stupiscono, fanno parte della mia infanzia. Appunto. Che di tutto sia stata colpa la guerra e quindi implicitamente il fascismo mi trova d’accordo (anch’io a suo tempo ho fatto scelte cosiddette di sinistra) ma che quello che si è scatenato, e per di più a guerra conclusa, sia stato un lucido piano politico di violenza brutale, di ingiustizia e menzogna, una campagna sistematica di terrore e odio etnico, fa sì che qualche istriano viva come se non fossero passati 50 anni...
Per alcuni vi è un’irriducibilità rispetto una memoria traumatica che, per vari motivi, si è voluta e vuole cancellare. Purtroppo questa memoria appare come rancorosa perché politicamente è stata strumentalizzata dalla destra, dato che la sinistra non voleva assumerla. Naturalmente chi (come mio padre per esempio che ha fatto la Resistenza) capisce il gioco, non si “mescola” ai rancorosi nostalgici, ma è rancoroso due volte, sentendosi “tradito” due volte... Nella mia famiglia, come in altre, vi erano varie opinioni politiche, a seconda della storia individuale o generazionale ecc. ma su certe cose tutti erano d’accordo: a seconda dei caratteri hanno sofferto più o meno in silenzio, proprio perché, volendo testimoniare il vero, non potevano esser rappresentati da nessuno.
Vedi, contrariamente a te, io ho molto sofferto del fatto che gli italiani non sapessero niente di quest’esodo di 350.000 persone, perché, volendo anch’io semplicemente riequilibrare la mia vita, sentivo la necessità di mostrare la mia origine. Quando ci provavo finivo solo per sentirmi una straniera...! Dovevo dapprima dare delle informazioni geografiche, poi difendermi dall’accusa che tanto lì erano tutti fascisti e che quindi era giusto avessero pagato in proprio per tutta Italia ecc.
Proprio perché non si può misurare la storia solo dalla durata della propria vita, l’ignoranza o peggio ancora l’alterazione della verità storica mi ha sempre infastidito. Guai ai vinti! La storia la fa sempre il vincitore come ben sai.
Anch’io in famiglia ho sempre ricevuto solo insegnamenti simili ai tuoi, né ho mai ascoltato discorsi revanscisti, o sentito parlare di rivendicazioni economiche, né rivoglio le case dei miei nonni, ecc. Ho sentito però il desiderio di vederle e allora ho insistito con i miei genitori che mi hanno accompagnata. Dignitosi come sempre, ogni tanto si soffermavano a parlare sottovoce fra loro, pensando non sentissi “...ma sì qua iera quel che i ghe ga taià la testa... ma no iera quel che i ghe ga sventrà sul tavolo la sorella ecc.”.
Nel mio non sapere il dialetto loro e nel volerlo invece ridire qui in modo approssimativo, nella perdita della mia lingua materna, di tante tradizionali ricette di cucina, perché rifiutavo da bambina un’eredità troppo pesante per le mie spalle, vi è qualcosa di non più componibile.
I miei non sono voluti più tornare. Mia madre, forse perché aveva vent’anni e non quaranta come la tua, a sentire parlare slavo piangeva ancora per l’angoscia.
Allora, vedi, io non tornerò in Istria (e non riesco a dire Croazia), né a casa (perché non è più, né può essere casa mia). Non credo assolutamente che al governo croato faccia piacere che gli ex esuli tornino lì a metter ordine, a far lavoretti. Credo ad esso interessi molto di più il denaro francese o tedesco.
Perché ti dico questo? Non per farti soffrire. E’ che nelle tue parole riconosco quell’eticità, quella “nobiltà” d’animo che ho ereditato anch’io in famiglia, che credo rifletta anche una cultura comune. Ma ho sempre pensato che è un patrimonio che può esser giocato solo individualmente, non politicamente. Una certa ingenuità della sinistra migliore mi ha anche sempre spaventata, pur riconoscendomi in essa. Così spesso mi sono sentita sbattacchiata fra malafede e ingenuità. Mi sta bene un discorso interetnico, perché realisticamente e idealmente non è pensabile altro, basta che, a ...[continua]

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