Dopo i rivoluzionari democratici komeinisti iraniani, i democratici mujaddin afgani, il democratico esercito di liberazione del Kossovo, i democratici neonazisti di piazza Maidan, i democratici postcomunisti di Visegrad, ora è il momento dei democratici hongkonghesi. Audace il neologismo e ancor più audace la tesi. Un mondo in bianco e nero dove c’è sempre da prendere partito.
Non sono d’accordo. Gli adolescenti che sfasciano stazioni della metropolitana, che assaltano aeroporto e Parlamento, che sventolano bandiere a stelle e strisce in territorio cinese non fanno parte del mio orizzonte politico. Simpatie fasciocomuniste? Da vecchio studente di scienze politiche trovo propagandistico, o per lo meno impreciso, il concetto “fasciocomunismo”. Come tutti i democratici europei non ho alcuna simpatia per regimi autoritari di qualsiasi tipo, siano essi il regime capitalcomunista cinese o la feroce satrapia comunista nordcoreana o le democrazie illiberali di Putin, Orban o Erdogan... e l’elenco può diventare infinito così come il tenore relativo della ripulsa. Per questo mi devo schierare con chiunque si oppone? No e poi no! Dopo aver sostenuto tutti i movimenti di liberazione nazionali, tutte le rivoluzioni terzomondiste senza guardare troppo per il sottile e guardato con sospetto di tradimento chi percorreva vie “riformiste”, ora dovrei salire su qualsiasi carro abbia un vago sentore di battaglia “giusta”, anche se trasuda di nostalgie per Kuomintang e Chang Kai Sek, come si legge fra le righe “nell’accorato appello” della corrispondente. No, carissimi amici, voglio capire di più e meglio, voglio sapere dove si va a parare, quale siano gli obiettivi politici che i movimenti si propongono e chi sono i protagonisti e i loro sostenitori.
Fatemi capire. Siete favorevoli a Hong Kong indipendente, di fatto un protettorato Usa in territorio cinese? La polizia di Minneapolis è forse più garbata di quella di Hong Kong e potrebbe fornire assistenza. Al di là della facile battuta, chiaramente interna a un antico e pessimo riflesso di simmetriche giustificazioni, io ritengo pura follia l’obiettivo dell’indipendenza, foriero di prevedibili pericolosissime tensioni. Non ci sono spazi per garantire l’effettivo esercizio di “un paese due sistemi”? La stessa corrispondente segnala l’assenza di una strategia politica credibile del movimento di protesta e non riesce a intravedere uno sbocco se non quello del crescere della spirale proteste/repressione fino alla soluzione finale di un’altra piazza insanguinata da ricordare. Non credo sia saggio sostenere a prescindere la protesta e le sue componenti radicali.
Confesso infine di pensare, in linea generale, che il nemico del Ventunesimo secolo torna a essere il nazionalismo senza tante specificazioni patriottarde. Ho letto Congo di Reybroek, riletto Danubio di Magris e Istambul di Pamuk, e sugli stati nazionali segnalo Abrahmel che, come riferisce Amos Oz in Giuda, da membro della Commissione Ebraica, si dichiarò contrario alla creazione delle Stato d’Israele definendolo “un’altra gabbia nello zoo delle nazioni”.
Sono un acceso federalista europeo e ritengo che vadano perseguite forme istituzionali adeguate alle dimensioni dei processi reali che percorrono il pianeta.
Flavio Casetti
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Olivia Guaraldo insegna filosofia politica all’Università di Verona. È Studiosa di Hannah Arendt, a cui ha dedicato due monografie, e dei femminismi contemporanei. Ha curato e introdotto due edizioni italiane di testi di Judith Butler ...
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