discussioni
di questi giorni

appunti del direttore

25 febbraio
Quando un energumeno prepotente aggredisce un debole per sottometterlo essere equidistanti significa essere complici del prepotente. Qui i “ma” sono del tutto simili al “ma anche le donne però...”, di fronte a uno stupro.

26 febbraio
Mi dite che senso ha manifestare per la pace? Avremmo manifestato per la pace nel ’44? E perché allora cantiamo ancora oggi un inno alla guerra contro l’invasore?
Dovremmo manifestare per sostenere la resistenza eroica dei "davidi" ucraini, dovremmo promuovere sottoscrizioni per fornire loro aiuti e armi, dovremmo formare una brigata internazionale come usava ai tempi dei nostri nonni e bisnonni, dovremmo manifestare contro il nostro primo ministro se è vero che è stato lui a bloccare la sanzione più grave coprendoci di vergogna.
Ai pacifisti poi, quelli sinceri, una domanda. Cosa c’è in cima nella vostra scala di valori: la pace o la libertà?

26 febbraio
Finalmente! Armi alla resistenza ucraina e sanzioni le più dure alla Russia. E la speranza più assurda, fino a pochi giorni fa: che dalla resistenza disperata di una nazione che non fa parte né dell’Unione europea né della Nato, guidata da un presidente ebreo venuto dal nulla, e dai sacrifici che accetteremo di fare per sostenerla, nasca l’Europa che abbiamo sognato e una nuova associazione mondiale delle nazioni democratiche.

28 febbraio
Rendiamoci conto di quanto la resistenza ucraina possa essere importante per il mondo. A Putin, pur di vincere, potrebbe restare solo la scelta cecena della “tabula rasa”. I soldati obbediranno? E il popolo russo? E i generali russi? E’ proprio impensabile la possibilità di un “golpe democratico”?

28 febbraio
“Dare aiuto e appoggio a tutti coloro che si battono, singolarmente o in associazioni, per quei valori di libertà e di democrazia che sono stati fondamento della guerra partigiana e in essa hanno trovato la loro più alta espressione”.
Questo, se non ho letto male, sta scritto nello statuto dell’Anpi. C’è qualche dubbio che la resistenza ucraina sia una guerra partigiana per la libertà e la democrazia? Che l’Ucraina sia stata invasa da una potenza soverchiante, non democratica, dove i cittadini che manifestano pacificamente vengono arrestati, dove gli oppositori del regime sono in carcere da anni o sono stati uccisi?
Perché allora l’Anpi non è in prima fila nel dare “aiuto e appoggio” a tale resistenza armata?
“Dare aiuto e appoggio a tutti coloro che si battono, singolarmente o in associazioni, per quei valori di libertà e di democrazia che sono stati fondamento della guerra partigiana e in essa hanno trovato la loro più alta espressione”.
Questo, se non ho letto male, sta scritto nello statuto dell’Anpi. C’è qualche dubbio che la resistenza ucraina sia una guerra partigiana per la libertà e la democrazia? Che l’Ucraina sia stata invasa da una potenza soverchiante, non democratica, dove i cittadini che manifestano pacificamente vengono arrestati, dove gli oppositori del regime sono in carcere da anni o sono stati uccisi?
Perché allora l’Anpi non è in prima fila nel dare “aiuto e appoggio” a tale resistenza armata?

3 marzo
Adesso è l’Arci che denuncia l’aiuto militare alla resistenza ucraina in nome della resistenza non-violenta. Vien da chiedersi con quale arroganza intellettuale si azzardino a dire agli ucraini cosa debbono fare. Ma poi sarebbe più efficace? Ma ne sono sicuri? La resistenza non-violenta vorrebbe dire marciare contro i carri armati con uomini, donne, ragazzi. Credono che Putin si fermerebbe? Che Hitler, che diede la caccia ai bambini ebrei in tutta Europa, si sarebbe fermato? O si sarebbe fermato Stalin quando, negli anni Trenta, per piegare gli ucraini, usò l’arma della carestia provocando cinque milioni di morti? O, in realtà, intendono che, di fronte a una disparità di forze assoluta e a una cattiveria incrollabile, allora non resti che sottomettersi? Lo dicano, però. O dicano, piuttosto, che per loro la non-violenza è diventato un principio assoluto. Ma allora rinneghino la resistenza italiana.

4 marzo
Innaro racconta che secondo i servizi segreti russi gli inglesi, con gli ucraini, stavano costruendo un impianto segreto per la costruzione di bombe atomiche e aggiunge che la notizia, se si rivelasse vera, getterebbe una luce nuova sulle motivazioni della Russia a invadere l’Ucraina. Un esperto intervistato subito dopo: “Beh, strano che avendo notizie così importanti le abbiano rese note solo ora e non prima dell’invasione”.

Innaro è incredibile.

5 marzo/1
Trovo in internet questo “manifesto” di convocazione, da parte dell’Arci, della manifestazione nazionale di oggi a Roma. Non so se ora è cambiato per far rientrare la Cisl, ma questo è l’imprinting, che quindi resta.
Dopo la prima richiesta, quella della fine della guerra e del ritiro delle truppe russe, sparse fra le righe, tante, che elencano gli obiettivi inverosimili della retorica pacifista, riassumibili nella parola d’ordine finale: “basta armi, basta violenza, basta guerra”, si rintracciano alcuni punti molto precisi: gli organizzatori sono a fianco di “chi in Ucraina continua a opporsi alla guerra con forme di difesa civile non armata e nonviolenta”, quindi non a fianco della stragrande maggioranza degli ucraini; “non aiuti militari” agli ucraini; “l’Ucraina, vittima di una contesa fra est e ovest”, il che è pure offensivo per il popolo ucraino, che non ha mai scelto nulla; “imperialismi uguali e contrapposti”; “nessun allargamento a est della Nato”; un’Europa che si fondi sulla “neutralità attiva”. Impressionante! Forse non se ne sono accorti, ma è tutto quello che vuole Putin.
Auguriamoci che i tanti giovani che oggi parteciperanno stiano in cuor loro dalla parte di chi ha deciso di rischiare la vita per difendere la propria patria dall’invasore, così come, nel ’43, tanti giovani italiani scelsero di prendere le armi per liberare l’Italia, al fianco di tanti altri giovani venuti da molto lontano.

5 marzo/2
Rivolto ai pacifisti, quelli veri, non agli epigoni dei Partigiani della pace degli anni 50, di staliniana memoria. A scrivere è Ernesto Teodoro Moneta, il primo premio Nobel della pace:
“Riconoscendo nella guerra una cosa orribile, avanzo dell’età ferina, e che la civiltà ha il dovere di rivolgere tutti i suoi sforzi per porvi fine, ho sempre detto che più odiosa e più insopportabile della guerra è la servitù d’un popolo alla dominazione straniera, e, quando non v’è altro modo di farla cessare che la guerra, questa, sebbene anticivile e inumana, diventa per quel popolo una necessità e un diritto.[…] Prevedendo l’accusa di contraddizione, dopo avere scritto: ‘mentre in molte pagine combattiamo il culto della guerra, in altre si esalta il coraggio dei combattenti per la libertà e per la patria...’, soggiungevo: ‘L’autore risponde che la pace, al cui trionfo ha dedicato tutte le sue forze, dev’essere la pace dei liberi e dei forti’. Si poteva essere più esplicito?”.
(tratto da “Contro la pace a ogni patto”, in “Critica Sociale” n. 21, novembre 1908)

6 marzo
Che pena sentire gli organizzatori della manifestazione di Roma, anche Landini, sostenere l’obiettivo della manifestazione, l’unico vero, concreto, perché rivolto al nostro governo: “Niente armi agli ucraini”. “Per non aumentare la tensione”. Una superpotenza sta invadendo e bombardando un paese sovrano, colpendo i civili, distruggendo città, e questi sanno solo dire che “non va aumentata la tensione”? Un organizzatore ha detto che devono essere gli ucraini a fare il primo gesto, quasi a dare l’esempio a Putin. La vittima deve deporre le poche armi che ha per dare l’esempio all’aggressore che le è già addosso! La verità è che se l’America, come spiega oggi la Repubblica, non avesse dato per tempo le armi anticarro agli ucraini, oggi i russi sarebbero a Kiev, il fantoccio sarebbe al potere e l’epurazione sarebbe iniziata. Infatti: per non aumentare la tensione, è proprio questo che bisogna evitare, la resistenza degli ucraini. Putin ha pronunciato le parole fatidiche: “allarme atomico” e quindi, oddio oddio, l’Ucraina va sacrificata. Bersani s’è chiesto cosa voglia in fondo Putin: “Credo una sfera di influenza”. Beh, diamogliela, cosa sarà mai, vediamo se, dell'Ucraina, riusciamo a dargliene solo un pezzo. Bersani dovrebbe almeno ripetere quel che fece capire Berlinguer, che eravamo fortunati noi a essere nella “sfera di influenza” di qua.
State tradendo tutti gli ideali di una sinistra democratica. E non parlate più della nostra guerra partigiana, per favore. La guerra per i tedeschi e i fascisti era persa, l’“imperialismo simile” stava liberando l’Italia, i partigiani aumentarono solo la tensione.


6 marzo

In risposta a un amico pacifista

Ricordo bene. Ricordo i quattro pacifisti italiani attaccati alle reti di Aviano per protestare contro la partenza degli aerei che, in un giorno di bombardamenti, un giorno!, fecero finire l’assedio, che durava da più di tre anni, di una Sarajevo martoriata dai colpi della contraerea ad alzo zero. Ricordo quando il sindaco di Tuzla, amicissimo di Alex che a Tuzla era di casa, dopo la strage dei giovani al mercato, gli scrisse dandogli del “voi”: “Voi che non fate nulla”. E intendeva voi europei. Ricordo un dibattito a Verona, in cui Adriano Sofri, di ritorno da Sarajevo, fece fatica a raccontare, perché i pacifisti presenti non volevano sapere cosa succedeva, perché li avrebbe messi in imbarazzo; volevano solo protestare che si erano alzati gli aerei. Ricordo una “donna in nero” alla quale, dopo aver tentato inutilmente di argomentare, chiesi: “Per te sarebbe stato giusto bombardare i binari di Auschwitz?”; mi voltò le spalle e si allontanò. E ricordi il Kossovo? Dopo dieci anni di pratiche non-violente cosa avevano ottenuto? Una minaccia di genocidio. Lo stesso Rugova lo ammise.
Ora, io rifiuto la non-violenza in quanto principio, ma come forma di lotta assolutamente no. Può essere efficace in tanti casi, in altri no. Non so, adesso rischio di essere superficiale, ma cito casi che hanno segnato la storia della mia generazione. Bene: oggi penso che avesse ragione Luther King e non le Pantere nere, che Israele senza un esercito fortissimo non ci sarebbe più, e che i palestinesi, se avessero adottato metodi non violenti, forse avrebbero già uno stato o sarebbero cittadini di un unico stato binazionale. Penso che negli anni Settanta, in Italia, associare le lotte alla violenza sia stato catastrofico e che in Algeria, e ci siamo stati insieme, senza l’uso della violenza non si sarebbero fermati gli islamisti, che, forse l’abbiamo poi dimenticato, sono stati i peggiori del mondo, colpevoli di sistematiche stragi di interi villaggi, bambini compresi.

Quindi se abbiamo una visione laica, prosaica, della non-violenza, sono d’accordo. Non accetto il principio perché di fronte al problema della legittima difesa si confonde, non sa più cosa dire.

Veniamo all’Ucraina e alla pronuncia da parte di Putin della parola “atomica”. Per alcuni a questo punto è ancor più necessario venire a patti, per altri con quella parola Putin si è messo fuori dal consesso civile, con lui non si può più discutere, è diventato lui l’obiettivo. Per fare questo i tempi della resistenza ucraina devono avvicinarsi il più possibile a quelli delle conseguenze delle sanzioni. Ecco perché dare ai resistenti ucraini armi adatte ad abbattere un elicottero, un aereo, a mettere fuori uso un carro armato, può essere decisivo. L’obiezione è che una strategia così riformulata, preveda un sacrificio da parte degli ucraini terribile. Ma la salvezza dell’Ucraina in realtà non dipende ormai da questo? Da una scomparsa di scena di Putin, o, comunque, da un suo indebolimento drastico che preluda alla scomparsa.

L’altra strada, quella di mettersi a trattare, è più realistica e meno pericolosa? Concedendogli cosa? Metà dell’Ucraina? Tutto l’accesso al mare? Ma attenzione, uno come Landini sa bene che una trattativa si basa su rapporti di forza. Putin ne uscirebbe rafforzato e più convinto che quella minaccia funziona. E perché allora non provare, un domani, anche con la Moldavia, pretendere che Svezia e Finlandia non entrino nella Nato, eccetera eccetera. Non dico di non avere dubbi ma credo li debba avere anche tu. Comunque sia saranno gli ucraini a decidere. E per ora loro ci chiedono armi per difendersi.

12 marzo
La contrapposizione demenziale fra resistenza e negoziato (tutti, anche i ragazzini, e forse anche Landini, sanno che l’esito di qualsiasi trattativa è condizionato dai rapporti di forza. Che, cioè, far strage di carri armati dell’invasore può favorire un negoziato) è durata due giorni. Di fronte all’intensificarsi dell’aggressione e al rifiuto di ogni compromesso da parte dell’aggressore (che evidentemente aveva fini diversi da quelli previsti e sperati) ora si parla apertamente della necessità di arrendersi. “Meglio schiavi che morti” è la nuova morale da insegnare ai nostri ragazzi. Se non sei sicuro di avere la meglio sul branco in azione, voltati dall’altra parte, non aggiungere danno al danno. L’aggredito che non si arrende diventa il responsabile di quel che sta accadendo e accadrà. La colpa ricadrà su di lui. Gente di sinistra che sputa su secoli di rivolte, di lotte degli oppressi, spesso intraprese malgrado le scarse probabilità di vittoria, su resistenze armate alle cui azioni seguivano rappresaglie da parte degli invasori. Gente di sinistra che invita a piegarsi al mostro fascista.

14 marzo
Cosa possiamo fare? Continuare impotenti a guardare in tv il martirio di un popolo? “Stando al caldo”, come rinfaccia un interlocutore. Già, stando al caldo. E se fosse proprio lì l’unica cosa, ma anche la più importante, che potremmo fare? Se Germania e Italia interrompessero l’acquisto del gas russo sostenuti da una stragrande maggioranza di cittadini disposti a ridurre il riscaldamento fino alla primavera? Di un grado o due gli anziani e le famiglie con bimbi piccoli e proprio del tutto gli altri, restando al freddo come gli ucraini? E se poi accettassimo di buon grado una tassa una tantum per garantire l’acquisto, da altri, di un gas più costoso, per permettere ad aziende e ospedali di continuare a lavorare? Sarebbe l’annuncio di un’alba radiosa nella storia d’Europa. (Ovviamente ho fatto un sogno).
 

16 marzo
Bravo Biden! Metti gli eroici ucraini nelle condizioni di potersi difendere con efficacia!

16 marzo
Ci siamo di nuovo con la guerra come “male assoluto”. Decidiamo, ognuno di noi decida in cuor suo, se il male assoluto è la guerra o è Auschwitz. Da lì discende tutto il resto.

22 marzo
Speriamo che sia vero che gli ucraini stiano vincendo, ma anche, o proprio, in questo caso, il pericolo, per loro, può diventare massimo. Allora vien da chiedersi se gli Alleati abbiano tracciato una linea rossa invalicabile da parte della Russia, pena l’estensione della guerra. E vien da chiedersi se non sia il caso di comunicarla solennemente. Non credo che possa essere solo quella del “centimetro di Polonia”. Se Putin dovesse usare mezzi di distruzione di massa (chimici, batteriologici o atomici tattici) si potrebbe accettarlo? Su questo qualcosa gli americani hanno detto. Ma se diventasse chiaro che, tramite l’uso di tali armi proibite, o anche solo tramite un’intensificazione massiccia di bombardamenti indiscriminati al fine di terrorizzare la popolazione per spingerla alla fuga, tramite la cancellazione di intere città e cittadine e le deportazioni di massa, il tentativo è diventato quello di un genocidio, di una “pulizia etnica” non verso una minoranza ma verso un intero popolo e verso un’intera nazione, allora bisognerebbe che Putin, i suoi accoliti e il popolo russo sapessero che sarà detta la parola “basta”.


27 marzo

Ma come si può pensare di sedersi a un tavolo con chi, essendo in difficoltà, sta radendo al suolo intere città e sta passando alla guerra contro i civili? Con chi ha esercitato la minaccia atomica rompendo un tabù durato settant’anni? Biden ha fatto capire che ormai l’obiettivo è la caduta del dittatore. Un obiettivo del tutto realistico se l’Ucraina non cade, se le sanzioni restano, se l’Europa inizia a liberarsi della dipendenza energetica e se la Cina resta neutrale.

27 marzo
A chi pensa che la Nato sia responsabile, in parte o in tutto, di quello che sta succedendo, chiedo: pensate che i paesi confinanti che per quasi mezzo secolo sono stati sotto il tallone del vicino potente e prepotente, che quando hanno provato a ribellarsi si sono trovati nelle proprie strade i carri armati del vicino a cannoneggiare i rivoltosi, che per decenni hanno visto il resto dell’Europa, agiata e libera, dialogare con il prepotente per interesse e quieto vivere, una volta liberati per via del crollo del regime oppressivo del vicino e diventati paesi democratici, ebbene pensate veramente che non avrebbero dovuto chiedere di condividere, insieme agli altri paesi europei e all’America, il patto di reciproca protezione? E pensate che europei e americani avrebbero dovuto respingere la richiesta? Insomma, quei paesi avrebbero dovuto accettare di restare per sempre neutrali e disarmati, cioè, di fatto, soli e indifesi all'ombra del vicino, divenuto nel frattempo di nuovo potente e prepotente?
(Nel ’58, due anni dopo la repressione russa della rivolta degli operai e dei cittadini ungheresi, fu fissato il giorno della fucilazione del capo della rivolta, oggi eroe nazionale, il “comunista umanitario” Imre Nagy. Ebbene il capo dei comunisti italiani, Palmiro Togliatti, uno dei padri della nostra costituzione, intervenne, ma per chiedere di posticiparne di due mesi l'esecuzione perché in Italia c’erano le elezioni. Non è incredibile che a distanza di più di cinquant’anni, tanti dei discendenti ormai lontani del Nostro, non provino, e si sente, alcuna simpatia verso gli “insorti” ucraini?)

29 marzo
Sono talmente tutti d’accordo che Putin è un criminale pericoloso per il mondo e va deposto, che bisogna assolutamente smentire Biden che l’ha detto, bisogna dissociarsi, far passare il presidente americano per un irresponsabile, perché non si sa come potrebbe reagire il criminale.

(In Europa abbiamo già il cappello in mano? E Macron sembra assomigliare sempre più a un Daladier, altro che a un De Gaulle).

3 aprile
Cosa possiamo fare? Quasi niente. Sperare che l’Europa decida per lo stop al gas e che Stati Uniti, Inghilterra e Germania forniscano al più presto le armi “offensive”, dare quel che si può per aiutare i vivi e spegnere, chi può, la caldaia, per ricordare i morti.

6 aprile
Condanniamo fermamente massacri come quello di Marzabotto, in attesa di una commissione d'inchiesta internazionale formata da rappresentanti di Paesi neutrali, per appurare cosa davvero è avvenuto, perché è avvenuto, chi sono i responsabili. Questa terribile vicenda conferma l'urgenza di porre fine all'orrore della guerra e al furore bellicistico che cresce ogni giorno di più.

11 aprile
Il manifesto dell’Anpi per il 25 aprile è osceno. Mentre in Ucraina aprono le fosse comuni loro pubblicano il disegno di un incontro all’aperto, in una piazzetta, fra giovani e vecchi partigiani accompagnato dalla scritta grande: “L’Italia ripudia la guerra” punto. Quindi: l’Associazione partigiani italiani ripudia la guerra senza se e senza ma, quindi anche la guerra di liberazione dall’invasore straniero. Credo non si sia mai visto un tradimento così plateale della propria ragione sociale.

14 aprile
Questa polemica sull’Anpi può sembrare antipatica in un periodo simile, eppure proprio perché sono in gioco questioni decisive per la vita dei popoli e dei cittadini europei, e non solo, è giusto discutere senza alcuna remora. Noi come Fondazione Lewin insieme all’Associazione Fratelli Spazzoli abbiamo aderito alla Fiap (Federazione italiana Associazioni partigiane). Da tempo ci pensavamo perché il nostro riferimento storico è in quella tradizione, la tradizione di Matteotti, di Rosselli, di Caffi, Spinelli, Chiaromonte, di Giustizia e libertà, ecc. ecc., ma ci pensavamo anche dopo aver sentito, a un’iniziativa a Predappio contro il pellegrinaggio nero, uno dei dirigenti nazionali dell’Anpi dire che “beh, poi anche questa storia dei due totalitarismi è da discutere...”. Crediamo che questo sia uno dei problemi italiani: una sinistra che ha rimosso il suo passato senza farci i conti. Dopodiché, però, in momenti cruciali come questo, il problema viene fuori.

Ecco il comunicato della Fiap sulla guerra in corso:

“Stiamo vivendo giornate angoscianti, in cui un Paese, violando della Carta dell'Onu e il diritto internazionale, ha scatenato una guerra contro un altro Paese, sovrano ed indipendente, ne ha violato i confini riconosciuti internazionalmente, sta bombardando civili abitazioni, scuole, ospedali ed infrastrutture con il solo scopo, peraltro dichiarato, di negare l’identità di un popolo privandolo della sua libertà.

Tutto ciò avviene nel cuore dell’Europa e destabilizza il quadro di pacifiche relazioni tra Stati 77 anni dopo la fine della guerra mondiale.

Noi, proprio in quanto associazione partigiana, legata al sogno dell’Europa libera e democratica immaginata a Ventotene da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, non dimentichiamo chi, armato e sostenuto dalle nazioni alleate, ha liberato l’Italia dall’esercito invasore e dal regime che ne aveva spalancato le porte. Non possiamo, quindi, che schierarci a difesa della libertà, della democrazia e dei milioni di cittadini ucraini che stanno combattendo per la difesa del loro Paese.

Senza alcun distinguo, con la chiara evidenza che c’è un solo responsabile per quanto sta accadendo e che, pur essendo condivisibili gli appelli alla pace – purché scevri di ogni ambigua neutralità o equidistanza - la sola posizione coerente con la nostra storia è quella dell’adesione incondizionata all’azione dei Paesi liberi, dell’Unione Europea, finalmente unita e coesa, e del Governo italiano.

La storia ha insegnato che non si evita un conflitto mondiale con l’“appeasement” e che deve essere messo in campo quello che serve affinché sia chiaro che ci sono limiti che nessuno Stato può superare.

Le donne e gli uomini dell’Ucraina stanno difendendo il loro Paese e, al contempo, stanno difendendo tutti noi, la nostra civiltà ed i nostri valori in una guerra che non hanno provocato né tanto meno iniziato e che minaccia l’esistenza dell’Europa come l’abbiamo conosciuta ed è stata creata dai Padri fondatori.

Ricordiamo, da ultimo, le parole di Emilio Lussu di cui pochi giorni fa abbiamo celebrato l’anniversario della scomparsa: “Che ne sarebbe della civiltà del mondo, se l’ingiusta violenza si potesse sempre imporre senza resistenza?”

Viva l’Ucraina e il suo popolo libero!


29 aprile
Finalmente un capo! Il vecchio democratico, quello che doveva essere un rimbambito, che ormai parlava solo a vanvera, che da vigliacco sarebbe pure scappato a gambe levate di fronte ai fanatici islamisti, si sta dimostrando un leone. L’altro, a capo di un regime fascista, si assomiglia sempre più a un Hitler. Smettiamo di ripetere piagnucolando: “Negoziato, negoziato”, ma riuniamoci tutti, come a Ramstein, per dire all’unisono: “Non passerà”.

9 maggio
Oggi Putin esalterà la resistenza eroica ai nazisti tedeschi dei popoli russi (grandi, piccoli e bianchi) e con questo dichiarerà al mondo la ragione della grande difficoltà in cui oggi si trova. Non è l’invadenza della Nato, non è un complotto dell’America, non è un presunto odio dell’Occidente verso la Russia: è la capacità straordinaria di resistenza di un popolo a un’invasione fascista, oggi come allora. Una capacità non prevista da nessuno. Il resto è venuto dopo. Chi parla di ucraini “pedine”, di cinici “interessi occidentali” fatti pagare agli ucraini, di “guerra per procura”, dimostra di disprezzare la gente, le persone comuni e la loro forza d’animo e, soprattutto se di sinistra, si deve vergognare.

11 maggio
Finirà che gli ucraini, siccome forse stanno vincendo, dovranno perdere? Biden, aiuta tu l’Europa a tener la schiena dritta.


13 maggio
Ci risiamo. Perché mai la Finlandia, dopo quel che è successo e continua a succedere, non dovrebbe entrare nella Nato? Risposta pacifista: perché confina con un prepotente molto pericoloso. Già.

20 maggio
Una domanda ancora ai pacifisti. Visto che prima di perorare diplomazia, negoziato, compromessi, per fermare la guerra, premettete sempre di considerare Putin colpevole di un’aggressione criminale, anche voi, evidentemente, non vi fidate di lui. Quindi, qualora gli ucraini si decidessero a cedere parte del loro territorio, che garanzie avrebbero che un domani non si potrebbe ripetere un’altra aggressione? Perciò sareste d’accordo a rassicurare gli ucraini con una specie di articolo 5, per cui, in quel caso, si interverrebbe militarmente immediatamente al loro fianco?

26 maggio
Alcuni amici ci rimproverano di chiamare fascista il regime russo. Ne discuteremo. Qui riporto, intanto, una citazione di André Glucksmann che fu il primo a parlare dei tre fascismi, quello nero, quello rosso e quello verde, cioè islamico.

“[...] Da dieci anni, i nostri dirigenti disprezzano le indignazioni «morali». Da dieci anni, affermano di fare della «realpolitik»: non sarà per Grozny che il mondo smette di girare, evitiamo di urtare il gigante Russia, lasciamo agli illuminati il loro «ritornello moralistico» d’impotenti. Scusatemi, ma senza principio etico, non c’è politica a lungo termine. Morale e politica non si dissociano come credono i Machiavelli da strapazzo. La «politica» degli Airbus e degli idrocarburi, la «politica» delle riverenze, la «politica» del «me ne infischio altamente che un popolo sia sterminato» portano a Beslan. Questa non è politica, è cecità. La «belle âme» che loro deridono e che io assumo per aver combattuto, con qualche raro amico, i fascismi nero, rosso e verde, per aver sostenuto all’epoca della loro persecuzione Solzenicyn, Sakharov, Havel, Massud, i boat people, gli assediati di Dubrovnik e di Sarajevo, gli espulsi del Kossovo, gli sgozzati d’Algeria, tutti quei «senza potere» sui quali i sostenitori della realpolitik non scommettevano un chiodo, la mia anima pietosa vi dice che non si cancella un popolo dalla carta, fosse pure irrisoriamente piccolo a giudizio delle nostre grandi nazioni”.

“Corriere della sera”, 16 settembre 2004

30 maggio
Piergiorgio Bellocchio, Chiara Frugoni, ora Andrea Canevaro. Quando ad andarsene sono quelli “più grandi” di te, quelli che ti hanno insegnato delle cose, che ti hanno aiutato a capire, che ti hanno incoraggiato, ti assale un senso di perdita, di vuoto. E la sensazione, anche un po’ ridicola visto che hai più di settant’anni, che “ora devi fare da solo”.

12 giugno
Ecco a cosa ci porta la demonizzazione della guerra, la guerra come male assoluto: alla banalizzazione della prepotenza, della cattiveria, del sopruso, della violenza contro gli inermi, dell’uso del terrore. Ci stiamo anestetizzando. Abbiamo visto civili costretti a correre in fila indiana ognuno con una mano sulla spalla dell’altro e poi il mucchio dei loro corpi, e veniva in mente quel video dove i serbi di Mladic fanno scendere da un camion dei giovani prigionieri, li fanno stendere nel fossato e fanno finta di sparare e ridono e tu speri che sia stato solo un gioco crudele, ma poi in fila indiana li fanno entrare nel bosco. Ma è la guerra. Le fosse comuni di civili giustiziati, i torturati, gli stupri, la distruzione sistematica di intere città, le deportazioni, le condanne a morte di soldati prigionieri sono guerra. Tutto è colpa della guerra. Anche Auschwitz, ci ha detto un professore universitario. L’espressione “crimini di guerra” è insensata, perché è la guerra il crimine. Così i crimini contro l’umanità. Marzabotto, Stazzema, le fosse Ardeatine sono guerra. Così le pulizie etniche, gli stupri etnici. Alla fine il genocidio sarà solo guerra. E avremo toccato il fondo.

15 luglio
Ci rivolgiamo
a chi ha in orrore le armi, anche se in mano a chi si difende
a chi riserva all’America tutto l’odio di cui è capace
a chi ha nostalgia di Lenin e di Stalin
a chi ragiona solo di interessi
e vuol pensare che così facciano tutti:
se fosse vero che hanno deportato 200000 bambini
se fosse vero che a Bucha hanno ucciso tutti gli uomini abili, come a Srebrenica
se fosse vero che gli stupri sono di fatto autorizzati, come in Bosnia
se fosse vero che l’obiettivo è un genocidio analogo a quello armeno

cosa direste? Cosa proporreste?

12 settembre
Certo, il pericolo non è passato, anzi, ma che gioia intima, quasi infantile, nel vedere il piccolo, aggredito, violentato, dato per sopraffatto, atterrare il grosso e feroce prepotente. Peccato per chi ha inibito in sé quel sentimento di giustizia così innato, per indifferenza o per fedeltà a un principio disincarnato e raggelato.

17 settembre
Bravo Biden. Tira la linea rossa. E così faccia la Nato.
E' solo così che si potrà salvaguardare il tabù. E troviamo il modo di farlo sapere al popolo russo.

4 ottobre
Molto bello, e urticante per noi come al solito, il fondo di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere sulla “mancata abiura” del fascismo da parte dell’Italia. Mi è tornata in mente un’intervista a Claudio Pavone, alla fine della quale ci disse che tanti mali italiani derivavano dall’armistizio e, quindi, dalla mancata punizione. In Germania le cose sono andate diversamente (basti pensare, per esempio, ai consigli di sorveglianza nelle fabbriche, imposti dagli americani). Allora la domanda inevitabile, malgrado il timore, se non la ripugnanza, per una delle possibili risposte è: perché Germania e Giappone sono oggi due delle democrazie più solide e affidabili del mondo?

9 ottobre
Quindi il problema dell’atomica è quello decisivo, che cambia tutto. E’ così? La domanda è semplice: e se avessimo di fronte un Hitler? E facciamo il caso che allora Hitler, e anche gli alleati, avessero avuto le atomiche. Su cosa avremmo potuto trattare per fare la pace? Sulla Cecoslovacchia, la Polonia, su cosa? Casomai anche sul numero di ebrei? Sulla chiusura di Auschwitz?

13 ottobre

Che pacifisti e pacifiste facciano proprio l’articolo in cui Travaglio si accanisce contro Zelenski è un pugno nello stomaco. Il connubio fra il pacifismo e il peggior cinismo geopolitico sta partorendo un mostro, per il quale eroici difensori delle loro case e del loro paese diventano stupide pedine di potenze e interessi stranieri, spesso occulti, e vittime non solo dell’aggressore ma anche dei loro leader corrotti. Se poi i resistenti, già giudicati irresponsabili quando erano dati senza speranza, cominciano ad avere la meglio, il merito non è del loro coraggio e spirito di sacrificio ma solo di armi micidiali fornite loro da altri imperialismi per secondi fini, mentre sarà tutta loro la colpa delle criminali rappresaglie del prepotente umiliato e comunque sempre invincibile. Vengono alla mente i processi per stupro d’un tempo, quando la vittima era la colpevole e lo diventava doppiamente se osava alzare la voce. Così, pur di non nobilitare una guerra di liberazione, si nega quel che tutti i generali sanno, che a decidere le guerre possono essere anche “il morale e la morale”, cioè il sentirsi, e l’essere, dalla parte del giusto. C’è il desiderio recondito che tutti siano cattivi per poi, dall’alto della propria benevolenza, promuoverli in blocco a vittime della stessa malattia: la guerra. E’ quella che va debellata. La legittima deontologia della professione medica, che impone di curare allo stesso modo la SS ferita e il prigioniero torturato in fin di vita, diventa così una mostruosa deontologia dell’universale professione umana. Così parole come libertà, giustizia, responsabilità, onore, solidarietà, verità, patria, perdono ogni rilevanza e a valere ne restano solo due, vita e pace, a cui tutto deve essere piegato.

6 novembre
Mentre la guerra di liberazione di un intero popolo contro un orribile aggressore, che non si fa scrupolo di usare ogni mezzo per terrorizzare e martirizzare la popolazione civile, ha più di una possibilità di vincere, a Roma si è manifestato per la pace, per un immediato cessate il fuoco e per la sospensione dell’aiuto militare alla resistenza ucraina. Prima agli ucraini si chiedeva la resa perché non potevano vincere, ora gliela si chiede perché possono vincere. Mi vergogno di far parte della sinistra italiana.

12 novembre
Se fosse vero che il batterio del fascismo alberga nell’animo umano, come la scarlattina, faremmo bene, periodicamente, a fare un controllo per sincerarci che non si sia attivato. Il “tampone” ce lo fornisce gratuitamente quel che succede intorno a noi. Oggi è un’occasione per farlo: in cuor nostro siamo contenti della liberazione di Kherson? O no?

14 novembre
Che giorni questi! Kherson e Nevada! Il mondo può tornare a sperare. Faccia ammenda chi ha irriso il “comico presidente” e il “presidente rimbambito”.


25 novembre
Per una rivista come “una città” che ha fatto dello slogan “le domande vengono prima delle risposte” il suo principio fondativo, in trentuno anni sono capitate solo quattro occasioni in cui abbiamo scritto che la risposta era una e una sola e veniva prima di tutto: la guerra di Bosnia con l’infame assedio di Sarajevo e l’eccidio di Sebrenica, il tentativo genocidiario dei serbi contro i Kossovari, la guerra degli islamisti contro i civili e le femministe algerine e ora, infine, l’invasione nazistalinista dell’Ucraina.

In ognuna di queste occasioni qualche amico ci ha consigliato di moderare i termini, per non ricevere disdette. Ma siamo ancora qui. Questo il testo della lettera che abbiamo spedito ai nostri abbonati, in occasione della campagna abbonamenti di fine anno:

Stiamo con gli ucraini.
Siamo antifascisti, che il fascismo
sia nero, rosso o verde.
Non diamo, però, del fascista
al primo che passa, sia pure
per la strada del governo del paese.
Vogliamo anche stare in guardia
da noi stessi; da spettatori impotenti
ci vuol poco a diventare squadristi,
capaci di incitare alle gogne
o di accanirsi con chi è già a terra.
L’orizzonte è scuro,
ma poi arrivano giorni luminosi
in cui torna a soffiare la speranza,
da Kherson al Nevada.
Malgrado tutto ci dicono
che a qualcosa serviamo.
Continuiamo a pensare che il futuro,
se c’è, sarà innanzitutto
nella rete di piccoli gruppi indipendenti,
amici e confederati fra loro. E negli ideali
democratici di un passato remoto.
Vogliamo crederci. Andiamo avanti.