Pagina 7 - l

Versione HTML di base

7
gno 2009 per conto del settima-
nale statunitense
Newsweek
e
aveva filmato le aggressioni del-
le milizie islamiche basiji contro
i manifestanti. Arrestato subito
dopo le elezioni, il giornalista è
stato rilasciato dopo 118 giorni
in cella d’isolamento. I tribunali
inglesi hanno inoltre condannato
l’emittente a versare un risarci-
mento di 100.000 dollari.
In quel periodo molti manife-
stanti finirono nel centro di de-
tenzione di Kahrizak, appena
fuori Teheran. In questo centro
erano detenuti fino a quel perio-
do solo persone accusate di pic-
coli delitti. Qui, a quanto hanno
denunciato i giovani manifestan-
ti dopo il loro rilascio, è successo
di tutto: quasi tutti i detenuti
hanno subìto violenze sessuali,
e spesso non dalle guardie, ma
dai prigionieri comuni che in
cambio hanno ottenuto favori o
addirittura il rilascio. La morte
di cinque giovani in questo centro, Amir Ja-
vadi Far, Mohsen Ruholamini, Mohammad
Kamrani, Ramin Ghahremani e Ahmad
Nejati Kargar, ha fatto scoppiare lo scan-
dalo che ha portato alla chiusura del centro
il 28 luglio dello stesso anno, dopo un’in-
chiesta parlamentare. Mohsen Ruholamini
era figlio di uno dei massimi dirigenti della
Repubblica Islamica, con diversi incarichi
importanti. Fu lui, rivolgendosi all’ayatol-
lah Khamenei, a chiedere giustizia per il
figlio. Kahrizak fu chiuso e 11 tra ufficiali
e guardie denunciati per la morte dei cin-
que detenuti e per la tortura di un centinaio
di altri ragazzi. Nello scandalo fu coinvolto
anche il più noto dei giudici iraniani, Said
Mortazavi. L’inchiesta però fu insabbiata e
Mortazavi, rimosso dal suo incarico, è stato
promosso come presidente dell’ente statale
di previdenza sociale.
In Iran non sono consentite nemmeno le
attività sindacali, fatta eccezione per il sin-
dacato pro governativo, ma questo non ha
impedito ad alcune categorie di organizzarsi
in sindacati autonomi. Molti dirigenti delle
associazioni autonome dei lavoratori, come
il fondatore del sindacato degli autotraspor-
tatori pubblici di Teheran, Mansour Osan-
loo, condannato a cinque anni di reclusione,
hanno pagato un caro prezzo. La medesima
sorte è toccata ad altri dirigenti dello stesso
sindacato, Davood Razavi, Ebrahim Madadi
e Reza Shahab Zakaria. È finito in carcere
con l’accusa di “sovversione” anche Reza
Derakhshan, segretario del sindacato del-
lo zuccherificio più importante del paese a
Haft Tappeh.
Nel gennaio del 2012 è stato condannato a
20 anni di carcere Sohrab Razzaghi, pre-
sidente dell’Associazione dei Ricercatori e
membro del Comitato Scientifico, per aver
collaborato con istituzioni internazionali.
L’accusa è quella di possedere informazioni
sensibili e di collaborare con potenze stra-
niere. A rappresentarlo durante il processo
è stato uno dei più noti avvocati iraniani,
Abdol Fattah Soltani, il quale, a sua volta, è
stato condannato a dieci anni di reclusione.
In Iran è diventata quasi una consuetudine
arrestare anche gli avvocati che difendo-
no i prigionieri politici. Si trova in carcere
con una condanna a 11 anni, l’avvocatessa
Nasrin Sotudeh, che, tra gli altri, ha dife-
so anche il Premio Nobel per la Pace Shirin
Ebadi. Si trova in carcere e, secondo la re-
lazione di Ahmad Shahid, ha subìto torture
di ogni tipo, l’avvocato Houtan Kian. Questo
legale di Tabriz, specializzato nella difesa
di ragazzi arrestati per omosessualità e di
donne condannate alla lapidazione, è stato
arrestato dopo che ha assunto la difesa di
Sakineh Mohammadi Ashtiani. Il caso di
Sakineh Mohammadi Ashtiani, condannata
a 15 anni per complicità nell’assassinio del
marito e alla lapidazione per rapporti fuo-
ri dal matrimonio, ha commosso il mondo e
molti governi sono intervenuti presso le au-
torità iraniane chiedendo la sua liberazione.
Per mesi, anche in Italia, un poster gigante
con l’immagine di Sakineh è rimasto esposto
in Piazza del Campidoglio a Roma e sulla
facciata del Ministero delle Pari Opportuni-
tà. In Iran, l’omosessualità, come i rapporti
sessuali fuori dal matrimonio, sono puniti
severamente. La legge prevede per gli omo-
sessuali la pena di morte. Nella Repubblica
Islamica anche gli ambientalisti finiscono in
carcere. Nel 2011, nel corso di una protesta
per la grave situazione in cui versa il lago di
Urumieh, nella parte occidentale del paese,
sono state arrestate 112 persone. Mentre 55
persone in seguito sono state rilasciate, le
altre 57 sono state condannate complessiva-
mente a 26 anni di carcere e a 1.390 frustate.
Anche l’astensione dichiarata dalle elezioni
si paga con la detenzione e il carcere. È re-
cente il caso di 65 arabi iraniani della regione
meridionale del Khuzistan, sul Golfo Persico,
che attualmente sono detenuti nel carcere di
Ahwaz in attesa di processo. Il relatore spe-
ciale delle Nazioni Unite per i diritti umani
in Iran non poteva non dedicare una parte
del suo documento alla libertà di stampa e
ai giornalisti. Secondo quanto si legge nel
documento, i giornalisti in carcere sono 42,
mentre 150 sarebbero stati costretti a lascia-
re il paese dal 2009 a oggi. Nel documento di
Ahmad Shahid si ricorda anche la triste sor-
te di molti giornali nella Repubblica Islami-
ca. Solo negli ultimi due anni, per ordine del
Ministero dell’Orientamento Islamico o della
Magistratura, hanno cessato le pubblicazio-
ni diverse decine di testate. Ahmad Shahid,
citando uno dei giornalisti iraniani incon-
trati, che vivendo ancora nel paese ha chie-
sto l’anonimato, scrive nella sua relazione:
“Nella Repubblica Islamica anche la natura
della censura negli ultimi anni è cambiata;
un tempo obbligavano i giornalisti e i gior-
nali a non scrivere su certi argomenti, oggi
impongono addirittura cosa e come scrivere”.
Le pressioni sui giornalisti hanno raggiunto
livelli preoccupanti. Nell’ultimo anno, diver-
si giornalisti iraniani che lavorano all’estero
per televisioni come la Bbc o Voice of Ame-
rica, hanno denunciato sequestri dei loro
familiari da parte degli agenti del Ministero
dell’Intelligence. Questi familiari sono stati
obbligati a contattare i giornalisti a Londra,
Washington e anche a Roma e a chiedere loro
di dare le dimissioni e rientrare in Iran, al-
trimenti il resto della famiglia avrebbe paga-
to le conseguenze. L’immediata denuncia di
queste pressioni da parte delle emittenti in-
ternazionali ha per il momento impedito alla
Repubblica Islamica di procedere con le rap-
presaglie contro i familiari rimasti nel paese,
ma ciò non significa che questi non subiran-
no nel futuro nuove pressioni.
(A.R.)
Mi avvicino all’acqua corrente,
sussurra l’invisibilità dei due limiti.
Come una melagrana spaccata i segreti
sono sbocciati a metà.
Comprendi il germoglio del mio subbuglio
o tu, giovane bocciolo presto conosciuto!
Lode a te, o diafano attimo
(Sohrab Sepehri)
solo negli ultimi due anni hanno
cessato le pubblicazioni diverse
decine di testate