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Teheran è stato arrestato con altre cinque
persone, tra registi di documentari e distri-
butori. Mir Tahmasb, uno dei più noti docu-
mentaristi iraniani, è stato torturato duran-
te i tre mesi di detenzione, ed è attualmente
in libertà provvisoria come altri quattordici
registi, produttori, attori e attrici arrestati.
Altri registi, attori e attrici iraniani hanno
dovuto prendere la strada dell’esilio volon-
tario o forzato. Tra questi, che sono oltre un
centinaio, alcuni godono di fama internazio-
nale come Mohsen Makhmalbaf, la moglie
Marzieh Meshkini e le figlie Samira e Hana.
Amir Naderi, grande maestro del cinema
iraniano, il regista curdo Bahman Ghobadi,
Babak Payami, vincitore del Leone d’Argento
della Mostra Cinematografica di Venezia nel
2001 con
Il voto segreto
, Shirin Neshat, anche
lei premiata alla Biennale d’Arte di Venezia
con un Leone d’Oro e con un Leone d’Argen-
to nel 2009 alla Mostra Cinematografica con
il film
Donne senza Uomini
. Altri, come il
pluripremiato Abbas Kiarostami o Abolfazl
Jalili, pur non avendo lasciato il paese, sono
costretti a realizzare i loro film all’estero per
sfuggire alle maglie della censura. Anche
Asghar Farhadi, il regista di
La separazione
,
che ha ottenuto l’Oscar, il Golden Globe, tre
Orsi al Festival di Berlino e il David di Dona-
tello nel 2012, ha scelto un paese europeo, la
Francia, per il suo prossimo film. Ormai, per
i cineasti, lavorare in Iran, se non impossibi-
le, è estremamente difficile.
Lo stesso si può dire della musica, fatta ec-
cezione per la musica classica e tradiziona-
le iraniana. Molti cantanti pop, rap e rock
iraniani hanno due scelte: rimanere sotter-
ranei oppure prendere il volo e lasciare il
paese. I grandi musicisti iraniani in questo
campo, come Mohsen Namjoo, definito dal
New York Times
come il “Bob Dylan irania-
no”, dopo una breve sosta in Italia dove ha
registrato un cd dal titolo
Oy
, per continua-
re a cantare ha dovuto trasferirsi negli Stati
Uniti. Namjoo è stato condannato a cinque
anni di carcere per aver composto una can-
zone dai ritmi blues, utilizzando versetti del
Corano. Sono da anni all’estero anche diver-
se band iraniane, da Abjeez, formata da due
sorelle che cantano un rock satirico, a Arash
Sobhani, che con la sua band Kiosk è uno
degli idoli dei giovani iraniani. Si calcola che
le band e i cantanti solisti che hanno dovuto
trasferirsi all’estero per continuare la loro
attività professionale negli ultimi 33 anni,
cioè dalla nascita della Repubblica Islami-
ca, siano oltre mille. Sono rimasti nel paese
molti gruppi underground che, malgrado
non abbiamo accesso al mercato discografico
ufficiale e alle sale per i concerti, continuano
a lavorare e a produrre anche buona musi-
ca. I loro cd, realizzati in studi sotterranei,
sono venduti sulle bancarelle delle grandi
In Iran, l’arte, come la cultura, compreso lo
spettacolo, sono al centro dello scontro tra la
tradizione e la religione, da una parte, e la
libera espressione e il modernismo dall’al-
tra. La censura e l’autocensura, non solo
quella politica ma soprattutto quella religio-
sa, colpisce duramente gli scrittori, gli arti-
sti e i cineasti.
L’ultima vittima della censura religiosa è
un
rapper
iraniano, Shahin Najafi. Una sua
canzone che affrontava con satira e ironia
l’onnipresenza del clero nella società, ha
fatto sì che fossero emesse due
fatwa
nel-
le quali due ayatollah bollavano il giovane
cantante iraniano, che risiede in Germa-
nia, un
mortad
(traditore della fede). La
pena prevista per i “traditori della fede” è
quella capitale. è la stessa sentenza emes-
sa dall’ayatollah Khomeini, fondatore della
Repubblica Islamica nel febbraio 1988, nei
confronti dello scrittore britannico d’origine
indiana, Salman Rushdie, dopo la pubblica-
zione del libro
Versetti Satanici
.
Il caso più eclatante di questi ultimi anni
è quello di Jafar Panahi, il noto cineasta
iraniano premiato con i suoi film in tutti i
grandi festival cinematografici. In Italia ha
ricevuto il Leone d’Oro della Mostra Inter-
nazionale del Cinema di Venezia nel 2000
con
Il Cerchio
. Panahi è stato arrestato nel
marzo del 2010, mentre era a cena a casa
sua con alcuni amici, diversi dei quali suoi
colleghi. Alcuni furono rilasciati nei giorni
successivi, ma lui e un altro regista, Mo-
hammad Rasulov, rimasero in carcere per
diverse settimane. Dopo vari processi, Pa-
nahi e Rasulov sono stati condannati rispet-
tivamente a sei e due anni di reclusione. Per
Panahi la sentenza definitiva prevede anche
20 anni di divieto di esercitare la sua profes-
sione, di avere contatti con i media e di viag-
giare all’estero. Panahi, in seguito a una
vasta campagna di protesta che ha coinvolto
non solo i cineasti e gli amanti del cinema,
ma anche governi e istituzioni internaziona-
li di tutto il mondo, è agli arresti nella sua
casa a nord di Teheran, ma in ogni momento
potrebbe rientrare in una cella del carcere
di Evin. “Una cella che è più piccola della
stanza della Casa del Cinema di Teheran,
dove sono conservati i premi che ho raccolto
in giro per il mondo con i miei film”, ha detto
Jafar Panahi mentre era in carcere.
L’Iran è il paese delle contraddizioni. Pana-
hi che ha tre storie pronte a diventare un
capolavoro cinematografico, non può eserci-
tare la propria professione liberamente, ma
nulla ha impedito a un altro regista irania-
no, Mojtaba Mir Tahmasb, di realizzare con
Panahi un documentario nella casa del re-
gista sulla sua vita da recluso.
Questo non è
un film
, proiettato a Cannes, a Venezia e in
decine di altri festival e manifestazioni cine-
matografiche, è uscito dall’Iran ovviamente
non per vie legali. Il film ha preso la strada
dell’Europa su una minuscola
memory card
.
Ovviamente, Mir Tahmasb al suo rientro a
città, accanto ai dischi dei cantanti iraniani
all’estero e alle stelle della musica contem-
poranea internazionale.
La situazione non è migliore per quanto ri-
guarda la letteratura. Noti scrittori hanno
dovuto abbandonare il paese negli ultimi
anni. Tra questi, Abbas Marufi, Faraj Sar-
kouhi, Shahrnoush Parsipour, Moniro Ra-
vanipour, Akbar Ganji o Dariush Ashouri.
Quest’ultimo ha scritto i saggi più importan-
ti pubblicati nel paese e fuori e ha tradotto i
classici della saggistica internazionale come,
ad esempio,
Il Principe
di Niccolò Macchia-
velli. Negli ultimi anni la censura preventiva
sui libri è aumentata a dismisura. Nella Re-
pubblica Islamica un libro, prima di arrivare
sugli scaffali di una libreria, deve ottenere
due autorizzazioni. La prima è necessaria
per poter andare in stampa e senza questa
autorizzazione le tipografie non possono
accettare dagli editori libri da stampare.
Questa autorizzazione, però, non include il
permesso per la messa in vendita. L’editore
deve ottenere una seconda autorizzazione da
allegare al libro al momento dell’invio alle li-
brerie. In questo momento decine di migliaia
di manoscritti attendono l’autorizzazione per
andare in stampa. Spesso, un libro che ha ot-
tenuto tutti i permessi non riesce a ottenere
l’autorizzazione per l’edizione successiva e la
ristampa. Grandi editori si vedono sospende-
re l’autorizzazione a pubblicare libri senza
alcun motivo valido. Di recente, le edizioni
Cheshmeh e Sales, ambedue molto stimate
nel mondo editoriale iraniano, hanno ricevu-
to una comunicazione che annunciava la so-
spensione della loro licenza fino a data da de-
stinarsi. “Nei libri pubblicati da queste due
case editrici, abbiamo trovato dei testi insi-
diosi”, ha dichiarato Bahman Dorri, vice mi-
nistro per l’Orientamento Islamico e la Cul-
tura con delega per l’editoria. Sia Cheshmeh
che Sales sono specializzate in saggistica e
romanzi d’autore molto apprezzati dal pub-
blico iraniano. Ogni anno, in occasione della
Fiera del Libro di Teheran, il Ministero per
l’Orientamento Islamico e la Cultura stila un
elenco di libri pubblicati con tanto di autoriz-
zazione che però non possono essere esposti
negli stand delle case editrici durante questa
manifestazione. Nell’edizione del 2012, tenu-
tasi in primavera, questo elenco conteneva i
nomi di 250 autori. Oltre ai moltissimi nomi
illustri dell’editoria iraniana, questo elenco
comprendeva anche alcuni autori stranieri,
come Paulo Coelho. Nell’edizione 2012 del-
la Fiera del Libro di Teheran, altri 200 libri
esposti negli stand degli editori stranieri
sono stati ritirati senza fornire agli esposito-
ri ospiti alcuna spiegazione credibile.
(A.R.)
L’arte imbavagliata
Com’è vicina l’anima tua alla mia,
qualsiasi cosa pensi io la so!
Ma ho segni che ti fanno ancor più vicino
avvicinati ancora e guarda il mio segno
segreto!
(Rumi)
le band e i cantanti solisti hanno
dovuto trasferirsi all’estero per
continuare la loro attività professionale