Pagina 14 - Quaderno2.indd

Versione HTML di base

14
Il fatto è che all’epoca la Tac non era in
grado di fare una completa perlustrazione
dell’area retroperitoneale. Ricordo che il
professor Armando Maver, l’allora prima-
rio, mi chiamò nel suo ufficio e mi disse che
secondo lui c’erano metastasi. La Tac non le
rilevava però -mi disse- considerata la gra-
vità del carcinoma, la mia giovane età e l’ac-
celerazione che in genere ha questa malat-
tia… Insomma, lui aveva questo sospetto.
Aggiunse che avrebbe potuto mandarmi an-
che a Milano, che non c’erano problemi. Ma
io gli dissi che mi fidavo di quello che pensa-
va e che ero disponibile a questo secondo in-
tervento piuttosto pesante. Così, appena mi
sono ristabilito dalla prima operazione, nel
giro di un mese, a fine aprile, inizio maggio,
è stata programmata la seconda.
Il secondo intervento è durato sette ore. Mi
hanno fatto un taglio che va grosso modo
dalla bocca dello stomaco fino all’inguine. In
più mi si è rotto un vaso linfatico, quindi ho
dovuto prendere antibiotici e albumina. È
incredibile come un boccettino che costava
all’epoca 600.000 lire, in flebo, resusciti let-
teralmente un morto.
Tecnicamente hanno dovuto spostare l’inte-
stino perché i linfonodi genitali sono dietro
il peritoneo e dovevano vederli per valutare
se eventualmente toglierli -c’era il rischio di
sterilità, ma quello era il meno. Devo dire
che il professor Maver ci aveva azzeccato, ci
aveva proprio visto giusto, quindi mi hanno
tolto tutti i linfonodi di destra e una parte di
quelli di sinistra. Un’operazione difficilissi-
ma, un po’ come disfare una maglia.
Poi è arrivato il dolore. Dopo l’intervento è
stato tremendo, perché anche solo a toccar-
lo l’intestino si irrita, poi deve rimettersi a
posto… Per non parlare della sete… è stato
terrificante. Io ero intubato, alimentato con
flebo, costantemente sedato e tuttavia mi ri-
cordo che sognavo sempre di essere in un de-
serto. Avevo una sete terribile. Poi pensavo
di dormire per ore invece mi svegliavo circa
ogni 20 secondi. Alla fine non ce la facevo
più, allora finalmente mi è stata iniettata
la morfina; lì ho smesso di sognare queste
situazioni così angoscianti e sono cominciati
i panorami verdi... tutto era verde, e mi sono
addormentato.
Ho fatto la chemioterapia. Ho preferito il
bombardamento. Mi sono sottoposto a tre
cicli intensivi di cinque ore l’uno, ogni gior-
no, per cinque giorni: lunedì, martedì, mer-
coledì, giovedì e venerdì, dalle 9 alle 14, con
la flebo attaccata. I primi due sono andati
discretamente. Come antiemetici prendevo
dei farmaci che all’epoca costavano 250.000
lire alla scatola e che erano in commercio
solo a San Marino, a Città del Vaticano e
in Svizzera. Adesso vengono utilizzati nor-
malmente.
Credo che nella nausea ci sia anche un ele-
mento psicologico, di rifiuto.
Roberto Dall’Olio, insegnante, vive a Benti-
voglio, Bologna. Sull’esperienza della ma-
lattia ha pubblicato una raccolta di poesie
Per questo sono rinato
, Pendragon, 2005.
Mi sono ammalato di tumore nel marzo del
1995, avevo 30 anni. All’epoca lavoravo in
Trentino, facevo supplenze piuttosto lunghe
come insegnante e quindi risiedevo là. Un
pomeriggio, con colleghi e tecnici, avevamo
pensato di andare a sciare. Era una giorna-
ta piuttosto grigia ed era nevicato di fresco,
la pista era vuota e così abbiamo deciso di
fare una gara. Loro ovviamente erano più
bravi di me e io, non so, devo aver spinto un
po’ troppo e lì ho sentito un dolore che, se-
condo me, era all’inguine. Ho pensato fosse
uno strappo, uno stiramento. Qualche gior-
no dopo, all’indomani di un’altra nevicata,
siamo andati a Madonna di Campiglio. La
sera a cena ero nel parcheggio della baita,
c’erano due signori di Genova che non riu-
scivano a muovere la macchina, allora con
un collega ci siamo messi a spingere. In-
somma, spingi spingi, la macchina è riusci-
ta a partire, ma io sono scivolato di netto e
sono caduto a 180 gradi, piatto, sul ghiaccio,
sbattendo dappertutto. La notte ho fatto fa-
tica a dormire dal mal di schiena e anche il
giorno dopo è stato segnato dal dolore, tra
l’altro mi sono accorto che mi si era gonfiato
un testicolo. Ho pensato fosse stata la botta,
però il dolore alla schiena mi preoccupava.
A quel punto ho pregato il padrone di casa
da cui ero in affitto di farmi visitare dal suo
medico, anche se non ero un suo mutuato.
Dai primi esami non risultava nulla, ma
io ho insistito per fare anche un’ecografia.
L’ecografo mi ha diagnosticato il tumore,
l’ha visto subito. Ero all’ospedale di Tione,
in provincia di Trento, mi ha detto: “Guar-
di, questa è una cosa abbastanza grave,
secondo me, però io non le so dire di più”.
Così sono tornato a Bologna per fare una
visita specialistica e lì il responso si è ulte-
riormente precisato: “Questo è sicuramente
un carcinoma”. In pochi giorni, intanto, ero
già molto peggiorato. Il medico lì per lì l’ha
messa sulle battute: “Lei non ha le pantofo-
le, quindi aspettiamo il fine settimana, però
entra lunedì”. E poi quella frase: “Si ricordi
che di queste cose si può anche guarire”.
Sono stato operato quasi subito e mi sono an-
che rimesso in sesto abbastanza velocemen-
te. Fino a trent’anni fa non si sapeva come
intervenire; in pratica non c’era scampo, per-
ché dai linfonodi genitali il cancro risale fino
al polmone, quindi intervenendo sul testico-
lo direttamente si spargeva tutto e non c’era
più niente da fare. Invece adesso l’intervento
viene fatto in tutt’altra maniera.
Era il segno che avevo reagito
Io, a un certo punto, mi ricordo che bevevo
solo delle bibite gasatissime, la cedrata, per
esempio, perché il gas inibisce la percezio-
ne della lingua, che è quella da cui parte la
nausea... E io sono uno che ha tenuto, avevo
un’ottima fibra, anche a livello del midollo
osseo, che è quello che poi conta...
Comunque non mangiavo quasi più niente,
tranne la carne di vitello, che doveva essere
tenerissima, non so perché il vitello, certo
è che si faceva fatica a mangiare... In quel
periodo ho avuto anche un abbassamento
notevole dei globuli bianchi. È stata dura.
Dopo la chemio i miei mi portavano a casa,
e ricordo che il pomeriggio cercavo di ripo-
sare, sdraiato nel letto al buio per cercare
di tener ferma la nausea. Lì i miei amici mi
hanno molto aiutato.
Quando non c’erano i miei, di solito venivo
accompagnato dal taxi della Ant, l’Associa-
zione Nazionale dei Tumori Solidi, fondata
dal professor Pannuti, uno dei primari del
Malpighi. È un’associazione che fa un servi-
zio domiciliare importante, tra l’altro solle-
va i pazienti dai disagi degli spostamenti. I
malati che escono dalle cure chemioterapi-
che mal sopportano il freddo in inverno e il
caldo dell’estate. Tu esci, con questo sole che
ti spacca la testa, e magari non hai nessuno
che può venirti a prendere. Ecco, al posto
dell’autobus, loro ti offrono la possibilità di
fare il viaggio in taxi, col condizionatore...
L’ultima seduta di chemioterapia è stata la
più dura. Gli intervalli erano di circa una
ventina di giorni, io però ho dovuto aspet-
tare un mese prima che l’organismo si rie-
quilibrasse un po’, sennò, con un bombarda-
mento troppo forte, va a finire che c’è una
depressione immunologica.
Arrivato a casa, l’ultimo giorno, sono riusci-
to a malapena a correre in bagno e ho vomi-
tato tutto.
Questa condizione scatena una reazione for-
te nelle persone che hai attorno. Le cose non
sono più come prima. A volte le relazioni si
rafforzano, come mi è accaduto per molte
amicizie, una relazione sentimentale invece
si è interrotta. Per incapacità di entrambi, è
inutile stare qui a fare il dosaggio delle re-
sponsabilità. Devo anche dire che dopo gli
interventi sentivo molto il bisogno di stare
da solo.
Nel corso delle cure la mia reazione è sta-
ta un po’ una via di mezzo tra l’abbandono
agli specialisti e il bisogno di dialogare, di
capire. Internet era ancora agli esordi, co-
munque no, non sono andato a vedere. Mi
sono documentato sul vocabolario e poi sulle
Scienze, tramite un mio amico, un collega
che era stato anche lui malato e aveva un
po’ di documentazione, anche in inglese.
La scoperta per caso, dopo una caduta e un’ecografia, di avere un cancro forse fatale; le operazioni, la chemio forte, la voglia
di vivere, l’angoscia che rimane... Intervista a Roberto Dall’Olio.
mi hanno tolto tutti i linfonodi di
destra e una parte di quelli di sinistra.
Un’operazione difficilissima
a volte le relazioni si rafforzano,
una relazione sentimentale invece
si è interrotta