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Con l’altro Iran
Nelle motivazioni del premio Alexander
Langer 2009 a Narges Muhammadi si legge:
“L’ultimo intervento di Alexander Langer
al Parlamento Europeo, il 29 giugno 1995,
era dedicato a una richiesta di sostegno alle
donne algerine, che erano state protagoni-
ste della lotta di liberazione anticoloniale
e sentivano minacciati i diritti conquistati.
Da allora, diversi premi hanno portato nel
patrimonio della Fondazione un insieme
di amicizie e di relazioni con quella parte
del mondo islamico in cerca di dialogo e di
credibili interlocutori: ecco Khalida Toumi
Messaoudi, che non ha mai smesso di riven-
dicare la propria libertà di essere insieme
berbera e algerina, musulmana e razionali-
sta; la kossovara Vjosa Dobruna, capace di
non interrompere il filo dei rapporti con le
amiche serbe anche nei momenti più diffi-
cili; il palestinese Sami Adwan, impegnato
con l’amico israeliano Dan Bar-On a con-
frontare le ragioni dei loro popoli da troppo
tempo in guerra; la profuga di Srebrenica
Irfanka Pasagic, tornata nella sua città per
portarvi i semi della verità e del dialogo;
il miracolo del villaggio somalo Ayuub, co-
struito insieme da Maana Suldaan e da Elio
Sommavilla, una donna musulmana e un
prete cristiano”.
In questa costellazione di mediatori, co-
struttori di ponti, saltatori di muri, esplo-
ratori di frontiera, portatori di speranza, è
entrata da allora a pieno titolo anche Nar-
ges Mohammadi.
Il giorno della consegna del Premio a Bol-
zano, il 2 luglio 2009, Narges non era potu-
ta intervenire di persona, perché impedita
e minacciata di arresto, ma aveva avuto il
coraggio -che non le è stato perdonato- di far
sentire la sua voce forte nella sala del Comu-
ne con un intervento lucido e appassionato
via Skype, che aveva creato una forte emo-
zione alla sua compagna di lotta Shirin Eba-
di, che la rappresentava, e ai molti presenti.
Tra questi alcune donne e alcuni uomini
che in tempi e per ragioni differenti hanno
trasferito la loro vita dall’Iran al Sudtirolo,
ma conservano intatto -anzi accresciuto- l’a-
more per la loro terra e per il loro popolo,
dei quali ci hanno fatto conoscere l’indomito
coraggio, la forza di carattere, la creatività
artistica, la bellezza della natura.
Quel giorno abbiamo deciso di adottare Nar-
ges Muhammadi e Nasrin Sotoudeh (pure
premiata l’anno prima da altra organizza-
zione nella nostra provincia), lasciandoci
coinvolgere dal dolore e dall’indignazione
che la loro vita da incarcerate ci ispira.
Questo Quaderno, che inaugura una colla-
borazione con la rivista
Una Città
, è frutto
maturo di questo rapporto con “l’altro Iran”
che abbiamo imparato ad apprezzare e che
vogliamo far conoscere a molti.
Ringraziamo in particolare Ahmad Rafat,
che ha scritto gran parte dei testi qui rac-
colti, mettendoci a disposizione informazio-
ni aggiornate e testimonianze vive di alcuni
tra i protagonisti delle lotte per i diritti delle
donne, la libertà e la democrazia che fanno
onore al loro paese.
Enzo Nicolodi
Presidente della Fondazione
Alexander Langer Stiftung
Alexander Langer, un vecchio amico dell’Iran
Alex era un amico degli iraniani e questa amicizia, con mio grande onore, passava
attraverso la mia persona.
Lo incontrai per la prima volta a Francoforte, in uno dei tre edifici che non lontano
dall’Università erano stati occupati da gruppi studenteschi. In alcune case di questi
edifici abitavano gli studenti. Eravamo agli inizi degli anni ’70 e molti di noi viveva-
mo in case definite comuni. In uno di quei palazzi fatiscenti aveva stabilito la propria
sede la Confederazione degli Studenti Iraniani -Unione Nazionale- nota anche come
Cisnu.
Io, ovviamente, ne facevo parte e -arrivato da poco da Firenze, dove allora studiavo-
mi recavo lì ogni giorno in quanto facevo parte della redazione di “16 Azar”, l’organo
mensile dell’organizzazione. Vidi per la prima volta Alex in una riunione, dove erano
presenti una decina di gruppi della sinistra. Non solo gruppi tedeschi, ma anche rap-
presentanti di partiti e associazioni iraniane, turche, spagnole, greche e anche italia-
ne. Mi ricordo solo che dovevamo organizzare una grande manifestazione in sostegno
degli spagnoli impegnati nella lotta contro la dittatura franchista. Da quell’incontro
nacque un’amicizia che durò negli anni.
Alex fu coinvolto in diverse attività della Confederazione degli Studenti Iraniani, par-
tecipò come ospite a due dei congressi annuali che si tenevano ogni inverno a Franco-
forte e, negli anni successivi, quando lui ma anche io rientrammo in Italia, continuò
questa collaborazione.
Eravamo negli anni in cui la lotta armata contro le dittature e nei paesi sotto occupa-
zione sembrava essere l’unico mezzo a disposizione dei popoli per costruirsi un futuro.
Insieme abbiamo tradotto dalla lingua farsi in italiano anche due testi prodotti da
una delle maggiori organizzazioni armate che in Iran lottavano contro la monarchia.
Lotta Armata, teoria e pratica
e le memorie dal carcere di una militante fuggita dalla
prigione che uscì in italiano con il titolo
L’epopea della resistenza
. Con Alex ebbi modo
di collaborare in Italia anche durante la campagna elettorale delle politiche del 1979.
Fu dopo la sconfitta della sinistra extraparlamentare in quelle elezioni che decisi di
abbandonare la politica e di dedicarmi solo alla mia professione. Due anni prima avevo
cominciato a lavorare come giornalista. Dopo quel periodo non ebbi molte occasioni di
vedere Alex, se non per intervistarlo un paio di volte. Di lui ricordo la grande umanità,
il suo essere sempre disponibile e soprattutto il modo tutto suo di sorridere. Sono con-
vinto che, se fosse ancora vivo, lo avrei rivisto in questi ultimi anni, per promuovere
insieme la campagna per i diritti umani in Iran, come negli altri paesi dove ancora la
libertà è soltanto un nome per abbellire qualche piazza.
Ahmad Rafat
Ahmad Rafat
Ahmad Rafat nasce a Teheran il 31 maggio 1951, da padre iraniano e madre italiana.
Dopo gli studi primari a Teheran, si trasferisce in Italia per continuare gli studi presso
la facoltà di Scienze Politiche di Perugia.
Nel 1977, dopo 4 anni passati in Germania, rientra in Italia con un master in Psico-
logia dei mezzi di comunicazione di massa ottenuto all’Università di Francoforte. Ini-
zia la sua carriera professionale come giornalista presso il Quotidiano dei Lavoratori
(QdL). Nel 1979 lascia il QdL e per tre anni collabora come freelance con le maggiori
testate italiane, britanniche, spagnole e svizzere.
Dal 1982 al 2003 lavora come responsabile dell’ufficio per l’Italia, Balcani e Medio
Oriente di “Tiempo”, il più importante settimanale spagnolo. Contemporaneamente
inizia una collaborazione con i programmi in lingua farsi della Deutsche Welle, BBC
e Radio Free Europe-Radio Liberty, nonché con alcune emittenti televisive e l’agenzia
statunitense World News Link (WNL).
Dal 2004 inizia la sua collaborazione con l’agenzia italiana AdnKronos International
(AKI), della quale assume la direzione nel 2008. Dal 2008 collabora anche con Voice of
America-Persian News Network. Attualmente conduce un programma di approfondi-
mento politico presso Raha Tv, che da Londra trasmette in lingua farsi.
I suoi ultimi due libri, il primo sulla libertà di stampa in Iran (L’ultima primavera) e
l’altro sull’Onda Verde (Iran, la rivoluzione online) sono stati pubblicati in Italia.
Come giornalista ha coperto oltre 50 conflitti, guerre e rivoluzioni in Europa, Africa e
Medio Oriente e ha partecipato a diverse conferenze internazionali in qualità di rela-
tore su temi quali terrorismo, islam e libertà d’informazione. Con “I figli divorati della
rivoluzione khomeinista” ha debuttato come regista di documentari.
Ahmad Rafat ha ricevuto nel 2008 il premio Ilaria Alpi per la Libertà di Stampa e, nel
2009, il premio Paolo Giuntella – Articolo21.
Sito: http://www.ahmadrafat.it/