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Due tra i suoi più stretti collaborato-
ri, Narges Mohammadi e Abdolfattah
Soltani, nonché la sua collega Nasrin
Sotoudeh, che l’ha difesa nell’ultimo
processo, sono in carcere, dovendo
scontare rispettivamente 6, 18 e 10 anni.
Perché questo accanimento contro chi
è colpevole solo di denunciare gli abusi
e le violazioni dei diritti umani?
Ogni regime quando perde la legittimità e il
sostegno della popolazione ricorre alla vio-
lenza e alla repressione. E chi denuncia le
violazioni dei diritti e gli abusi, ovviamente,
entra nel mirino del regime. Infliggere una
condanna di sei anni a una persona come
Narges Mohammadi, che ha solo denunciato
la violazione dei diritti elementari delle per-
sone, è di una violenza inaudita, soprattut-
to se si tiene presente che lei è gravemente
malata e secondo i medici non può restare
in carcere. Lo stesso vale per i due avvoca-
ti, Abdolfattah Soltani e Nasrin Sotoudeh,
che difendevano chi si trovava in un’aula di
tribunale solo per aver espresso le proprie
idee. Queste condanne dimostrano la debo-
lezza del regime e quanto i nostri governanti
temono chi denuncia gli abusi di potere e le
violazioni dei diritti fondamentali dell’uomo.
Lei denuncia da tempo il disinteresse
dell’Occidente davanti alle continue
violazioni dei diritti umani in Iran.
Una certa preoccupazione però si vede
a livello internazionale, visto che le Na-
zioni Unite hanno riconfermato nel suo
incarico il relatore speciale per le vio-
lazioni dei diritti umani in Iran…
Quello che temo è che alla fine l’Occidente,
o più in generale la comunità internaziona-
le, sacrifichi i diritti umani sull’altare del
negoziato sul nucleare iraniano. Più volte,
esponenti di primo piano dei maggiori paesi
occidentali hanno detto apertamente che se
la Repubblica Islamica collaborasse sulla vi-
cenda nucleare e accettasse un compromes-
so, loro sarebbero disposti a dare in cambio
al regime di Teheran tutte le garanzie ne-
cessarie per la sua sopravvivenza e a toglie-
re immediatamente tutte le sanzioni. Per-
sonalmente, credo che la vicenda nucleare
vada risolta dialogando, ma questi negoziati
non devono limitarsi alla questione del nu-
cleare, devono affrontare anche altri temi,
come il rispetto dei diritti umani e l’avvio
del processo di democratizzazione. Un go-
verno autoritario che non deve rispondere
alla propria gente, dove non esiste un con-
trollo dal basso, non è affidabile e non sem-
pre rispetta i patti e gli accordi sottoscritti.
La comunità internazionale, per poter dor-
mire notti tranquille, ha bisogno che in que-
sto paese ci sia un controllo democratico dei
centri decisionali. Contribuire all’avvio di
un processo democratico in Iran risolvereb-
be i problemi che oggi hanno trasformato la
vita degli iraniani in un inferno e, nello stes-
so tempo, sarebbe una garanzia di rispetto
degli accordi internazionali.
Lei crede che le sanzioni possano co-
stringere il governo iraniano ad ac-
cettare un negoziato sul nucleare e a
favorire una certa apertura politica
all’interno del paese?
Sono contraria, in via di principio, a ogni
forma di sanzione economica che condizioni
la vita della popolazione. Però queste san-
zioni ci sono e sembra che potrebbero essere
rimosse non appena l’Iran accetti un accor-
do sull’arricchimento dell’uranio. Credo che
le sanzioni dovranno essere rimosse solo
quando l’Iran, oltre a fornire le garanzie ne-
cessarie sul fatto che il suo programma nu-
cleare non sia a fini militari, si impegnerà
anche a non violare ulteriormente i diritti
umani. Togliere le sanzioni o tenerle solo in
funzione della questione nucleare è un gra-
ve errore.
(A.R.)
Shirin Ebadi
La paladina dei diritti umani
Shirin Ebadi, Premio Nobel per la Pace nel 2003, giudice prima della rivoluzione islamica
del 1979, è stata rimossa dal suo incarico in quanto donna. Avvocato specializzato in dirit-
ti dei minori, ha difeso molti prigionieri di coscienza prima di essere costretta a lasciare il
paese, tre anni fa. Ha fondato in Iran l’Associazione dei Difensori dei Diritti Umani, della
quale faceva parte Narges Mohammadi, oggi in carcere per scontare una condanna a sei
anni di reclusione. Shirin Ebadi ha collezionato diverse decine di premi internazionali per
la sua attività a favore dei diritti umani, tra questi la prestigiosa Legione d’Onore francese
e il premio della Fondazione Vittorino Colombo. Shirin Ebadi è autrice di diversi libri.
Il mio Iran. Una vita di rivoluzione e speranza
(Sperling & Kupfer) e
La gabbia d’oro.
Tre fratelli nell’incubo della rivoluzione iraniana
(Rizzoli) sono i due libri editi in Italia.
si. Il programma nucleare è molto costoso
e costringere alla fame una popolazione di
70 milioni di anime in un paese ricco sen-
za conseguenze, non è un’impresa facile.
L’Iran è già vittima di una guerra fredda.
Un virus ha messo fuori gioco per settima-
ne il sistema computerizzato che controlla
l’arricchimento dell’uranio negli impianti
della Repubblica Islamica. Diversi manager
e scienziati impegnati nel programma nu-
cleare sono stati uccisi, altri sono scomparsi
all’interno del paese e poi ricomparsi altro-
ve. Misteriosi incendi ed esplosioni hanno
distrutto alcuni centri missilistici e diversi
invii di materiale dall’Europa sono stati fer-
mati alle dogane.
Quello che però fa temere più di ogni altra
cosa la Guida Suprema e, più in generale,
l’intera leadership della Repubblica Islami-
ca, è la penetrazione culturale in un paese
dove circa il 70% della popolazione ha meno
di 30 anni. Giovani che, al contrario dei loro
genitori, non hanno partecipato alla rivolu-
zione islamica del 1979 e non ne condivido-
no gran parte degli ideali. Lo stesso Kha-
menei, in un discorso televisivo del 2005,
ha riconosciuto che il vero pericolo contro il
regime non è rappresentato dalle armi, ma
dalla cultura. “I nemici dell’Iran non hanno
bisogno di armi per attaccare la nostra rivo-
luzione”, ha detto Khamenei, aggiungendo:
“I nostri nemici, più che con le loro bombe,
vogliono distruggerci con le loro minigonne”.
“Loro -ha sottolineato nello stesso discorso-
promuovendo la promiscuità tra i sessi e
diffondendo la loro immoralità, vogliono mi-
nare le basi della nostra società”.
Da cosa dipende la porta sfasciata?
E la rotta finestra?
Perché non una stanza più
s’illumina con un lume?
Perché un attimo solo un amico
dell’amico non chiede
né di tracce o avventure passate?
(Nima Yushij)