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Prima dell’Iran, in ordine, si trovano la Co-
rea del Nord, l’Afghanistan, l’Arabia Sau-
dita e la Somalia. Secondo la Ong iraniana
Human Rights News Agency, il 2011 è stato
un anno particolarmente duro per le mino-
ranze religiose: 378 appartenenti alle fedi
non sciite sono stati arrestati; 116 di loro
sono stati condannati a 3.776 anni di carce-
re e a 250 colpi di frustate. Di questi, circa
260 erano musulmani che hanno aderito a
varie chiese cristiane.
In Iran la repressio-
ne colpisce soprattutto
le chiese cristiane non
etniche. I cristiani ar-
meni e assiri godono di
una maggiore libertà di
azione, anzitutto perché
difficilmente accettano
conversioni, poi perché
le loro cerimonie e la loro
letteratura religiosa non
è in lingua farsi, ma in
armeno o assiro.
Al contrario della chie-
sa cattolica assira o di
quella ortodossa arme-
na, le chiese evangeli-
che, presbiteriane, pen-
tecostali e altre sono nel
mirino perché formate
quasi esclusivamente
dai convertiti e perché
praticano le loro ceri-
monie religiose in farsi
e sono aperte a tutti,
anche ai non cristiani.
Si calcola che negli ulti-
mi dieci anni, il numero
dei convertiti a queste
chiese abbia raggiunto
il mezzo milione di per-
sone. Quelli più dura-
mente colpiti rimangono
senza dubbio i seguaci
della fede Baha’i.
Dall’agosto del 2004 a
oggi, secondo quanto
riportato dal relatore
speciale delle Nazioni
Unite per i diritti uma-
ni in Iran, sono finiti in
carcere 474 seguaci del-
la fede Baha’i, 112 dei
quali sono ancora dete-
nuti. Nei 33 anni della
Repubblica Islamica ol-
tre 200 Baha’i sono stati
fucilati. I seguaci di questa fede non possono
frequentare le università né accedere a mol-
te professioni. Da cinque anni i sette com-
ponenti del coordinamento delle associazio-
ni dei Baha’i (tre donne e quattro uomini)
si trovano in carcere. Devono scontare una
pena di 20 anni.
La legittimità della Repubblica Islamica
viene dalla fede. Il paese ha come religione
di stato e fonte delle proprie leggi la fede
sciita duodecimana. Si potrebbe pensare
che in uno stato che trae la propria legitti-
mità dalla fede, ci sia posto e rispetto per
le altre fedi, o almeno per le religioni abra-
mitiche. Non è precisamente così. In Iran
sono poco tollerati anche i sunniti, pur es-
sendo la corrente maggioritaria dell’islam,
e così i seguaci delle varie scuole mistiche e
sufi, anche loro musulmani. Questo, per non
parlare degli ebrei, dei cristiani e degli zo-
roastriani, seguaci dell’antica religione dei
persiani. Questi fedeli, pur appartenendo a
religioni ufficiali e avendo diritto anche ad
alcuni seggi nel
Majlis
, il Parlamento, sono
soggetti a forti restrizioni e notevoli discri-
minazioni.
Di fatto, il sistema politico della Repubblica
Islamica riconosce la fede sciita duodecima-
na come quella “giusta”, le altre religioni
sono considerate “sbagliate”. Questo per
non parlare di altre fedi, come per esempio
la religione Baha’i o il buddismo che sono
dichiarate
fuorilegge
nella Repubblica Isla-
mica. Sfogliando le sentenze di condanna di
molti oppositori, soprattutto militanti curdi
o beluci, incontriamo spesso la parola
mo-
hareb
, che tradotta letteralmente significa
“nemico di Dio”. La condanna prevista per
questo reato è la pena capitale.
Un’altra accusa che fa tremare i dissidenti,
è quella di essere considerati
mortad
, cioè
apostata. Anche qui la pena prevista è quel-
la capitale. è stato definito
mortad
un pa-
store evangelico di nome Yousef Nedarkha-
ni, che attende in carcere l’impiccagione. è
un
mortad
anche il rapper Shahin Najafi,
che per sua fortuna vive protetto dalla poli-
zia tedesca in Germania.
La colpa del pastore Nedarkhani è quella
di essere nato in una famiglia musulmana
che ha deciso di cambiare fede e abbraccia-
re quella cristiana. Shahin Najafi ha invece
scritto una canzone nella quale, con un lin-
guaggio satirico, parla con il decimo imam
degli sciiti, Ali al Hadi al Naghi. Secondo le
relazioni annuali che vengono diffuse sulle
discriminazioni religiose nel mondo, la si-
tuazione nella Repubblica Islamica è peg-
giorata notevolmente negli ultimi tre anni
e le minoranze religiose in Iran subiscono
maggiori pressioni rispetto agli anni prece-
denti. Nell’ultimo rapporto annuale dell’or-
ganizzazione
Open Doors
, che esamina la
situazione dei cristiani nel mondo, l’Iran è
collocato al quinto posto nell’elenco dei paesi
dove i diritti delle minoranze religiose non
sono rispettati.
Una repubblica basata
sulla fede che reprime i fedeli
Un altro caso di cui si è occupata molto la
stampa negli ultimi anni è quello dell’a-
yatollah Seyyed Mohammad Hossein Ka-
zemeini Borujerdi, un esponente del clero
sciita che predica la separazione della fede
dallo stato e si è sempre espresso contro il
concetto di
velayat faghih
(Guida Suprema).
Borujerdi si trova in carcere dal 2006 per
scontare una condanna a 11 anni. L’aya-
tollah Borujerdi, che ha seguaci in tutto il
paese e anche all’estero, secondo quanto
affermano le organizzazioni che si occupa-
no dei diritti umani, è stato torturato in più
occasioni e sottoposto a forti pressioni per
pentirsi e riconoscere l’autorità dell’ayatol-
lah Khamenei.
(A.R.)
secondo la Human Rights News Agency,
il 2011 è stato un anno particolarmente
duro per le minoranze religiose
(foto di Majid Saeedi)