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dell’inadeguatezza e contro-produttività dei
servizi pubblici in un contesto industriale.
Analizza la medicalizzazione della salute
come un fenomeno presente in tutte le so-
cietà industriali, in un mondo materiale
pieno zeppo di beni, dove la persona diventa
incapace di produrre da sé cose utili e utiliz-
zabili. Questo valeva nello stesso modo per
l’impresa educativa, con la scolarizzazione
forzata di tutti i bambini, che blocca l’au-
tonomo autoapprendimento, e per la conge-
stione delle strade che rende il camminare
senza senso e pericoloso.
Ivan Illich riconosceva l’urgenza di strap-
pare dalle mani degli esperti la valutazione
del sistema medico-farmaceutico. Lo vedeva
come un compito politico preminente, che
rendeva necessari studi e sforzi persona-
li propri di una ricerca che andava al di là
della tutela professionale. Per trovare un’al-
ternativa concreta al sistema che ci oppri-
me, l’immaginazione doveva essere liberata
dalle strettoie, in modo da rendere visibile
l’enorme ricchezza dei modi di esserci l’uno
per l’altro e per se stessi. I professionisti non
sono in grado di vederla. Già di per sé questo
ampliamento della visuale ci permetterebbe
Mi propongo oggi di riflettere con voi sul mo-
tivo del risoluto “Danke nein!”, “No, grazie!”,
che è stato anche l’elemento centrale delle
aspre critiche di Ivan Illich alla medicaliz-
zazione della vita. Nelle sue riflessioni sulla
medicina, la malattia, il dolore e la ricerca
di salute organizzata, si possono distingue-
re tre periodi: il saggio
Nemesi medica
negli
anni Settanta; il “No, grazie!” alla sanità
come sistema intorno agli anni Novanta; in-
fine la critica a una medicina che si struttu-
rava come una “roulette probabilistica” per
la gestione dei rischi, in un discorso tenuto
a Bologna nel 1998.
Ciò che aveva scritto sulla medicina come
simbolo istituzionale della modernità non
gli bastava più poco dopo la pubblicazione
del libro. Non perché avesse cambiato atteg-
giamento, ma perché sentiva che alla fine
del ventesimo secolo la sua critica doveva
essere argomentata in modo diverso.
Nemesi medica
In
Nemesi medica
, pubblicato nel 1976
-in un momento culminante della fede nel
progresso e nello sviluppo- Ivan analizza
l’impresa medica, come esempio specifico
di comprendere come la colonizzazione del-
la vita quotidiana attraverso la medicaliz-
zazione della malattia, dell’invecchiamento
e della morte ci allontani dalla capacità di
prenderci cura con mezzi nostri, di metterci
in gioco, che ci viene ostacolata dal monopo-
lio degli esperti.
Ivan sottoponeva la “medicina” -sistemati-
camente e in modo esemplare- a un’analisi
su tre livelli: cosa compie il sistema medi-
co tecnicamente, cosa compie socialmen-
te e cosa strutturalmente? Cosa promette
come istituzione e che effetti produce? Qual
è dunque, nella società industriale, la sua
specifica “controproduttività” iatrogena sul
piano clinico, sociale, strutturale/culturale.
Iatrogenesi clinica, sociale, struttura-
le/culturale
Per quella medicina fortemente sviluppata
nei decenni del 1960 e 1970 nel suo libro fu
in grado di documentare che, oltre una certa
soglia, i servizi organizzati da istituzioni e
professionisti non solo non conseguono l’o-
biettivo proclamato, ma producono il con-
trario. Provocano cioè una nuova malattia,
la malattia iatrogena, causata dalla stessa
Le coraggiose posizioni di Ivan Illich sulla medicalizzazione della vita.
Barbara Duden
Salute? No, grazie!
Bolzano 5 luglio, seminario su “Donne e tecnologie mediche: come viene cambiata la percezione di sé e del proprio corpo”. Con Barbara Duden e Olivia
Fiorilli, autrice e ricercatrice. Dottorato di ricerca all’Università La sapienza di Roma su “La costruzione dell'infermiera moderna: genere, controllo dei
corpi, immaginario 1900-1930”