Francesca Lenzi, architetto, vive a Bologna. Nel 2008, assieme ad altri cittadini, ha fondato la cooperativa Le Ali e nello stesso anno ha aperto Ca’ Shin, la cascina di Parco Cavaioni, un luogo rinato grazie al lavoro volontario e alle donazioni di alcune aziende.

Come cittadini vi siete messi assieme per partecipare a un bando per il recupero e la gestione di Villa Silvetta, un edificio abbandonato in uno dei più grandi parchi di Bologna. Puoi raccontare com’è andata?
Questo era un parco bolognese di 38 ettari abbandonato da trent’anni. Assieme ad altri cittadini affezionati a questa zona, sia perché è la zona dove abitiamo, sia perché questo è un luogo dove, soprattutto quelli della mia generazione, nati negli anni ’60 e ’70, sono cresciuti, abbiamo deciso di fare una raccolta di firme, perché ci sembrava inutile solamente lamentarsi dello stato di totale abbandono di questo parco, bisognava agire. Ricordo che c’erano un sacco di lamentele perché c’erano gli zingari, perché venivano i tossicodipendenti e così via...
Questa era la casa della famiglia Rossi, costruita a fine Ottocento. È stata loro fino agli anni Cinquanta, fino a dopo la guerra, poi l’hanno venduta a un’altra famiglia che non l’ha mai usata e alla fine l’hanno regalata al Comune di Bologna che per cinque o sei anni ci ha fatto dei campi estivi per i bimbi tipo colonia e poi l’ha lasciata sempre chiusa.
Per sollevare la questione abbiamo raccolto cinquecento firme e le abbiamo portate al comune di Bologna, che ha indetto un bando pubblico, aperto da maggio a luglio 2008. A luglio 2008 abbiamo fondato la Cooperativa le Ali.
Abbiamo partecipato al bando e abbiamo vinto. Devo aggiungere che abbiamo vinto perché abbiamo partecipato solo noi. Quindi non è stata una grande vittoria o una cosa difficilissima. E’ stato però un impegno molto importante perché abbiamo sottoscritto un contratto in convenzione con il comune di Bologna, con clausole di fideiussioni di 250.000 euro se non finivamo i lavori entro il termine previsto.
Nel bando avevamo indicato un affitto per il Comune di 1200 euro all’anno, quindi un costo molto modesto, e la somma di 531.000 euro per la ristrutturazione. Noi ci siamo tutti autotassati di circa 20.000 euro, una cifra che per alcuni ha rappresentato un sacrificio importante.
Abbiamo avuto l’immobile a febbraio del 2009 e i permessi ad agosto. Abbiamo iniziato a settembre 2009 e finito a maggio 2011. Siamo stati velocissimi e con gli operai in economia.
In un primo tempo noi soci abbiamo versato 400.000 euro, ma poi la ristrutturazione è costata più di 800.000 e allora per riuscire a coprire tutte le spese abbiamo fatto una campagna con le aziende di Bologna. In questo modo sono stati recuperati i 400.000 euro mancanti: le aziende ci hanno donato pannelli solari, cellule fotovoltaiche, materiali edili vari, questa stufa a irraggiamento. Avevamo il cantiere che lavorava dal lunedì al venerdì con una squadra di operai moldavi e poi nel fine settimana c’erano le squadre dei soci che pulivano, che dipingevano e facevano un sacco di cose.
Insomma abbiamo messo in campo una formula un po’ nuova: da una parte c’era questo bene che è pubblico, dall’altra noi privati impegnati sul sociale, ma anche le aziende locali che credono nel fatto di dare un contributo. Sembra che in Italia non esistano altre realtà simili e infatti stanno venendo delegazioni a vedere e a informarsi su questo progetto
Tutto poi è nato assolutamente Onlus, con uno scopo sociale, senza alcun obiettivo di guadagno. All’inizio comunque non siamo stati aiutati, anzi, ci hanno messo i bastoni tra le ruote in tutti i modi. Io faccio l’architetto e quindi avevo anche canali prioritari, ma è stata lo stesso una grande fatica, per esempio per i permessi. Ora l’amministrazione sta apprezzando tutto il lavoro fatto, forse all’epoca non credevano che ce l’avremmo fatta.
Il secondo obiettivo importante e fondante era che tutto fosse fatto in un’ottica eco sostenibile. Infatti la cosa bella di questo luogo è che per esempio abbiamo un riscaldamento a pavimento che va a legna e abbiamo fatto una convenzione con il Comune di Bologna per cui noi tagliamo la legna del bosco che è qua attorno e la usiamo per le nostre caldaie, il vero chilometro zero. Tutto in classe A, edificio a sé stante in classe A++, cioè tutto autosufficiente, senza neanche avere il riscaldamento interno, perché c’è solo una stufa a irraggiamento.
Una volta ristrutturato l ...[continua]

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