Cari amici,
Pechino d’inverno ha perso la bellezza che aveva prima della crescita spaventosa del traffico e dell’inquinamento. Non per essere nostalgica, ma davvero era molto più bello pedalare veloci nel freddo invernale sulle pesanti biciclette Feige, "Piccione Volante”, in mezzo a milioni di altri ciclisti, e arrivare tutto sommato un po’ riscaldati dal movimento. Qualche anno fa avevo deciso di riprovarci, anche se ormai i viali ciclabili non esistono più nelle grosse arterie cittadine, e quelli che rimangono sono regolarmente intasati dalle auto che cercano di sfilare via dal traffico. Insomma, mi ero messa in bici a partire dalla mia vecchia Università, la Normale di Pechino, dicendomi che se riuscivo a fare i pochi chilometri che mi separavano dal centro, non c’era motivo per non riprovarci, macchine o non macchine. Era primavera, avevo una camicia bianca fresca di bucato, e sono arrivata al mio appuntamento in centro con la camicia con delle belle strisciate grigie lungo le pieghe che mi rendevano del tutto impresentabile. Da allora non ci ho provato più, anche se ogni tanto si legge sul giornale che i pechinesi, che diventano via via più consapevoli della necessità di proteggere l’ambiente e la loro salute, starebbero rinvangando l’idea di andarsene in giro in bici. Onestamente, non ne vedo mica tanti in giro, anzi, perché tra la quantità d’auto e d’inquinamento, l’assenza di piste ciclabili e il fatto che la città si è estesa sempre più con centinaia di migliaia di persone spinte a vivere nelle lontane periferie, tutto cospira contro i ciclisti.
Ed è un peccato: la mia vecchia bicicletta mi aveva insegnato tantissimo. A partire dal nome, che mi aveva sempre fatto sorridere, dato che mi sembrava un buon esempio di quella che fu, nei primi anni almeno, la pubblicità cinese: non andavano di moda affermazioni eccessive, all’inizio. Così, il detersivo "lavava”, più o meno bianco non importava, bastava che lavasse. La medicina per il mal di pancia lo faceva passare, senza promettere di rendere anche la vita più bella. E la bicicletta era un piccione volante: cioè un animale che già di suo vola; non si proponeva, che so, come una "tigre volante”. Adesso invece la pubblicità cinese promette di tutto, come e più che altrove, e ogni tanto qualche consumatore si arrabbia e denuncia un attore o una modella famosi perché non è vero che il prodotto da loro reclamizzato faccia davvero dimagrire, sbianchi la pelle, ringiovanisca di vent’anni o renda setosi i capelli. Devono essere della generazione cresciuta a piccioni volanti e che quindi prende le cose alla lettera. Adesso, se si è per strada, in inverno a Pechino ci si gela come prima, non ci si può scaldare pedalando e in più c’è il pensiero che ci si sta rovinando la salute a respirare zuppa radioattiva. Poi, per carità, la scelta su dove andare è molto più ampia, i temi di cui parlare sono molti di più, le cose disponibili nei negozi sono imparagonabili e la libertà di movimento delle persone è decisamente maggiore, per cui non sono nostalgica di tutto, ma del cielo blu, della bicicletta e dei viali ciclabili, sì, questo lo ammetto. Però quello che trovo interessante è che a pensarla così non sono solo io. C’è ora un embrione di movimento ecologista e anche se io lo reputo ancora abbastanza invisibile per le strade, in altre circostanze lo si vede maggiormente. Vi faccio un po’ di esempi: in molti negozi di alimentari ormai c’è una sezione "biologico”, anche se non mi lancio oggi in una discussione sull’opportunità di fidarsi o meno del biologico cinese. Quello che c’è in queste sezioni, però, sono anche dei sacchetti di polvere finissima marrone chiaro, che serve per lavare i piatti: sono foglie di tè essiccate e polverizzate, che davvero sgrassano i piatti in modo che mi ha sorpreso.

Alcune Ong si occupano di proteggere gli animali, e non solo i protettissimi panda (che trovo un po’ stucchevoli). Ci sono perfino gruppi come "Non mangiare gli amici” (www.biechipengyou.com) di Xie Zheng, un pechinese vegano che ha adottato più cani e gatti randagi di quanto non sia possibile contarne. Solo un paio di mesi fa una Sagra della carne di cane è stata cancellata in seguito a forti pressioni interne, e la zuppa di pinne di squalo sta perdendo il prestigio che aveva in precedenza dato che sempre più persone si rendono conto di quanto sia in pericolo il "re dei mari”. Poi però è una questione, questa, anche generazionale (come la bicicletta?) e legata all’educazione: così non c’è niente da fare, se un piatto è prestigioso, che sia una specie protetta o meno fa lo stesso, basta che faccia chic. Però quando il cielo era blu e i piccioni volavano sulle piste ciclabili non conoscevo nessun cinese che avesse scelto di essere vegetariano non per buddhismo ma per compassione animale.
Adesso ne conosco tre: non saranno tanti, ma è pur sempre un segnale.