È scomparso nei primi giorni di ottobre l’amico Federico Codignola, a breve distanza di tempo dalla morte della moglie Maria Moneti.
La sua storia di editore e quella della sua famiglia, legata soprattutto a La Nuova Italia, è stata da lui raccontata su questo giornale in un’intervista apparsa nel numero del luglio-agosto 2003. Lo ricorderò qui come grandissimo, fraterno amico a partire dalla fine degli anni 60.
Frequentavo la sede della Nuova Italia in piazza Indipendenza a Firenze come collaboratore della rivista "Il Ponte”, e alla fine del ’68 cercavo un editore per un libro di antipsichiatria che stavo scrivendo in collaborazione con lo psichiatra Edelweiss Cotti a seguito delle esperienze di Cividale del Friuli. Bussai alla porta del piccolo ufficio del giovanissimo Federico, che ancora non conoscevo. Mi accolse con grande cordialità e interesse consentendo alla pubblicazione del libro.
Fu l’inizio di un’amicizia, lui aveva 22 anni, io mi avviavo ai 30. Venne qualche volta a trovarmi nella mia casa delle Due Strade, lesse la lettera lusinghiera che Giorgio Manganelli mi aveva scritto a proposito dei miei racconti e senza che io gli chiedessi nulla volle parlarne al cugino Roberto Calasso. Da questa iniziativa di Federico cominciò un mio intenso rapporto di collaborazione con Adelphi e di amicizia con Roberto Calasso e Luciano Foà.
Federico aveva una grandissima cultura storica e letteraria e rare doti di intelligenza e di sensibilità. Era cresciuto in un ambiente ricco di stimoli e di contatti politici e culturali di altissimo livello. Panzieri, Timpanaro, Zolla, Ranchetti, Asor Rosa erano alcuni tra i molti personaggi del mondo della cultura che aveva conosciuto e frequentato. Pasolini aveva scritto per lui una poesia molto bella, Frammento epistolare, al ragazzo Codignola, pubblicata in Poesia in forma di rosa.
Di tutto questo parlava qualche volta senza vantarsi: la modestia, persino eccessiva, era un’altra sua qualità. Del suo mondo intellettuale, delle attività pubbliche e del suo ruolo nell’azienda di famiglia parlava anche con umorismo e understatement come risulta dall’intervista di Una città.
Ci accomunava la passione per la lettura: Kafka, Thomas Mann, Joseph Roth e Robert Walser entravano spesso nelle nostre conversazioni. Simenon era stata una delle sue letture favorite fin da ragazzo. Israele e l’ebraismo erano un altro interesse che ci accomunava.
Conclusa la sua esperienza alla Nuova Italia e terminato il rapporto con la Rizzoli, aveva acquisito le Edizioni di Storia e letteratura. Lavorava dapprima nel suo ufficio di Firenze vicino al centro, poi si trasferì a Gràssina e anche là andavo a trovarlo per parlare di libri e proporre qualche titolo per le Edizioni: tra questi, due libri del grande germanista Giuliano Baioni, che furono pubblicati.
Spesso comunicavamo per telefono o per lettera perché non amava il computer e nemmeno i telefonini. Pochi giorni prima della sua scomparsa mi telefonò per ringraziarmi di un libro che gli avevo mandato. Cercava di farsi forza ma la lunga malattia della moglie e la sua prematura scomparsa lo avevano stremato. Avrei voluto tornare a trovarlo ma non ho fatto a tempo.
Roberto Vigevani
Qui l'intervista a Federico Codignola comparsa nel numero 114 di Una città.
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