Padre Ibrahim Faltas, originario di Kafr el-Dawar, Egitto, già direttore della Scuola di Terra Santa di Betlemme, è stato trasferito ora a Gerusalemme in qualità di parroco della parrocchia latina della Città Santa, che possiede cinque succursali (Terra Sancta College, Beit Hanina, Betania, Betfage e Beit Safafa) e conta circa 5500 fedeli. Recentemente è uscito L’assedio della Natività, Editrice Ponte alle Grazie, scritto insieme ai due giornalisti della Rai, Marc Innaro e Giuseppe Buonavolontà.

Quando sei arrivato a Gerusalemme?
La prima volta è stato nel 1989, quando sono venuto a studiare teologia. Sono rimasto tre anni, ho finito gli studi qui e nel 1992 sono stato ordinato sacerdote. Venivo dall’Egitto, dove la mia famiglia vive ad Alessandria. Nel 1992 sono stato nominato viceparroco a Betlemme e direttore della Scuola della Terra Santa a Gerico. Dopo tre anni, nel 1995, mi hanno fatto direttore della Scuola del College Terra Santa a Betlemme e responsabile dello Status Quo (lo status quo è l’insieme di regole, fissate da un accordo del 1852, che determina i soggetti della proprietà dei Luoghi Santi, Ndr), che rappresenta la Custodia davanti a greci, armeni, ebrei. (La Custodia di Terra Santa è un’organizzazione internazionale dell’Ordine dei Frati Minori, Ndr).
I palestinesi sono arrivati a Betlemme nel dicembre 1995, in seguito agli accordi di Oslo, e ne hanno preso possesso. Io ero nuovo e loro erano nuovi. A Natale del 1995, Betlemme per la prima volta nella storia era sotto l’Autorità Palestinese.
Che cosa è cambiato?
Per noi niente. E’ cambiata la politica: l’esercito israeliano si è ritirato da Betlemme e ha lasciato il posto all’Autorità Palestinese.
Io ho lasciato Betlemme il 31 ottobre 2004 e ora sono qui a Gerusalemme. Certo, questi dodici anni a Betlemme sono stati pieni di storia, di avvenimenti; è stato un periodo molto intenso e talvolta anche molto difficile per me. Nel 1998 abbiamo organizzato la visita del presidente Clinton, e il 22 marzo 2000 quella del Papa. Poi, il 28 settembre 2000 è incominciata l’Intifada. Infine, nel 2002, la sede della Natività è stata assediata dall’esercito israeliano dal 2 di aprile fino al 10 di maggio. Insomma, in questi anni Betlemme è cambiata radicalmente. E’ cambiata più in questo periodo che nei millenni precedenti.
E’ difficile capire che cos’è Betlemme. Vederla da vicino conferma l’impressione che si ha da lontano, di una terra contesa: gli insediamenti israeliani nel territorio occupano interamente le colline vicine, Gilo arriva a toccarla. Ora il muro, alto otto metri e invalicabile, la circonda e la chiude. Dentro c’è la piazza, con la moschea e la chiesa della Natività, l’una di fronte all’altra, e un senso di calma (disturbato solo dalle milizie palestinesi che fanno domande indiscrete a chiunque si avvicini). All’interno della Natività si entra in una dimensione spirituale, che vale non solo per i fedeli, ma per chiunque, come se si sentisse la fede dei milioni di pellegrini che nei secoli hanno riconosciuto questo luogo come quello della nascita di Dio o almeno di un profeta. Ma anche dentro la chiesa ci sono gli attriti fra le varie confessioni cristiane. Cos’è Betlemme per te?
Per me e per tutto il mondo cristiano, Betlemme è spiritualmente il luogo in cui tutti siamo nati. Nel cuore di tutti i cristiani c’è il presepio, la nascita di Cristo. Credo che per noi sia il posto più caro. C’è una grande venerazione da parte dei cristiani, come pure dei musulmani e di tanti ebrei. Per i musulmani è un posto importante, ricordato nel Corano: Gesù Cristo è un profeta e hanno una venerazione molto grande per la Madonna. Ci sono molte visite nella Basilica.
Vorrei tornare alla Betlemme umana. Chi ritorna qui, anche a distanza di poco tempo, vede un forte impoverimento. Che cosa è successo dopo l’Intifada?
Betlemme è stata distrutta sotto l’aspetto economico, perché è una città che viveva di turismo. Ora i pellegrini sono quasi spariti. Inoltre, prima dell’Intifada, molti abitanti di Betlemme andavano a lavorare in Israele, ora non hanno più il permesso di uscire dal territorio. Ancora, moltissimi israeliani venivano a mangiare la carne che qui è buonissima. I ristoranti di Betlemme, specialmente di sera, erano pieni fino a tardi. Da quando è iniziata l’Intifada agli israeliani è proibito entrare a Betlemme. Così è venuta a mancare ogni occasione di convivenza. E la disoccupazione, credo di non esagerare, è arrivata all’8 ...[continua]

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