Maddalena Gasparini è neurologa ed esperta di medicina delle donne. L’intervista è stata fatta alla vigilia del referendum.

La qualità del dibattito che si è svolto nel corso della campagna referendaria sulla legge 40 ti è sembrata soddisfacente?
Qui è necessaria una piccola premessa storica. Io mi occupo di procreazione assistita da più di 10 anni. In Italia infatti le prime proposte di legge su questa materia risalgono alla fine degli anni ‘80. Nel ‘95, a Roma, ci fu un convegno di una certa rilevanza tra giuriste e giuristi per esaminare le proposte di legge che giacevano in Parlamento e già allora si erano evidenziate delle contraddizioni oltre che delle posizioni differenti. Ad esempio, una parte della magistratura, composta anche di uomini, sosteneva la tesi di una legge leggera, cioè di un intervento legislativo che andasse poco al di là della regolamentazione delle procedure di fecondazione assistita, limitando al massimo ogni incursione nella sfera della libertà personale e nel progetto di vita che ognuno ha il diritto di formarsi. Da allora il tema è stato riaffrontato solo occasionalmente e per lo più nel modo favorito dalla stampa, privilegiando ovviamente i casi estremi: tutti ci ricordiamo della mamma-nonna o della madre che portava in grembo il figlio della figlia, tutti casi che attivano un immaginario negativo riguardo al ricorso alle tecnologie per la riproduzione. Devo riconoscere che intanto sono stati fatti vari tentativi, ad esempio delle presentazioni di libri, da parte di diverse associazioni e istituzioni politiche, per promuovere una riflessione più articolata su questo tema, ma la gente non li ha seguiti e su questo credo che sarebbe stato necessario riflettere. La deduzione più ovvia mi pare sia che tutto ciò che concerne la procreazione assistita produca un qualche genere di disagio: innanzitutto perché tocca la vita di tutti e poi perché tocca l’ordine simbolico delle relazioni parentali, mentre trovo poco fondata l’obiezione fatta in nome di una supposta naturalità che ormai è difficile dire se esista ancora. Si tratta piuttosto del fatto che la procreazione assistita mette in discussione un quadro antropologico che ha radici molto profonde dentro di noi e che poggia sulla tradizione patriarcale secondo cui la riproduzione è destinata ad avvenire all’interno di un rapporto sessualmente agito fra un uomo e una donna.
Ma torniamo al quadro storico: nel ‘98 sono state messe a punto, grazie all’ampia disponibilità di embrioni “soprannumerari”, le cellule staminali embrionali umane (quelle murine sono note dal 1991), che hanno aperto nuovi campi di ricerca destinati, verosimilmente, a produrre terapie innovative per le malattie degenerative e per le disabilità in esiti di gravi traumi o di ictus. Più o meno nello stesso periodo, la messa a punto dell’uso diagnostico della genetica medica ha permesso la nascita della diagnostica prenatale.
Mentre l’Italia era ancora molto indietro sul piano legislativo, pratiche diverse, come le tecnologie riproduttive, la medicina rigenerativa, la diagnosi genetica pre-impianto a fini di selezione embrionaria sono approdate, tutte insieme, all’esigenza di essere regolate.
Nel 2002 inizia la discussione parlamentare della legge 40, approvata nel febbraio 2004. Purtroppo, sul piano legislativo il tema della procreazione assistita fin da subito è stato affrontato facendo una sorta di groviglio di questioni tra loro completamente differenti, ora riproposte all’interno dei quesiti referendari, per cui noi siamo chiamati a dire se, come e fino a che punto, siamo disposti ad accettare che le tecnologie riproduttive modifichino le relazioni parentali. Inoltre se, e fino a che punto, siamo disposti ad accettare l’idea che gli embrioni possano essere sottoposti a una selezione senza timore di un ritorno per altra via all’eugenetica. Infine siamo chiamati a ragionare su promesse e prospettive della ricerca biomedica. Ecco, io credo che la discussione sulla complessità delle relazioni tra questi tre temi sia completamente mancata, anzi, sia la legge che la discussione referendaria hanno favorito semplicemente una contrapposizione tra non meglio precisati valori, una contrapposizione tra laici e cattolici, a mio parere scarsamente corrispondente al vero. In certi casi, persino una contrapposizione tra uomini e donne. In realtà si trattava di cominciare a sciogliere questo groviglio e affrontare i temi uno alla volta. Certo non si può pensare d ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!