Francuccio Gesualdi, 56 anni, è stato allievo di don Milani alla scuola di Barbiana. Ha vissuto per qualche anno “dalla parte degli ultimi”, in Bangladesh, poi è rientrato in Italia e ha fondato, a Vecchiano, in provincia di Pisa, il Centro nuovo modello di sviluppo, che ha introdotto in Italia i temi del consumo critico. Gesualdi ha appena pubblicato Sobrietà. Dallo spreco di pochi ai diritti per tutti, Feltrinelli 2005.

Il tuo ultimo libro tratta di economia, eppure tu non sei un economista. I cittadini non sono abituati a occuparsi di questa materia sebbene le scelte economiche abbiano un’influenza pesantissima sul quotidiano di tutti. In una società adagiata sulla delega, tu rimetti al centro la partecipazione diretta. Chi è il destinatario ideale del tuo libro?
Il mio libro è destinato a tutti perché il cambiamento è possibile solo se si diffonde, ad ogni livello, una nuova cultura, nuovi valori, una nuova prospettiva. Ciò non di meno sono piuttosto pessimista rispetto alla possibilità che il mio libro possa fare breccia fra gli economisti. Purtroppo gli economisti hanno lo svantaggio di avere passato molti anni della loro vita a studiare concetti capitalistici ed è molto difficile per loro ragionare con altre categorie mentali. Per questo mi rivolgo in maniera particolare alla gente comune. Chi ha conservato il buon senso e sa ragionare mettendo sul piatto della bilancia tutti gli aspetti della vita, ha più capacità di riconoscere i pericoli che stiamo correndo e di individuare nuove soluzioni. Del resto la democrazia si caratterizza per il fatto che l’organizzazione sociale ed economica è il frutto della decisione di tutti. Per questo non accetto che possa esistere il politico e l’economista di professione. Altrimenti è come dire che qualcuno ha più capacità di partecipazione di altri e ciò è l’antitesi della democrazia. So che oggi si punta a trasformare la democrazia in una operazione di facciata, ma io appartengo a quegli irriducibili che non accettano questo destino. Per questo continuo a rivolgermi a tutti affinché non rinuncino a prendere il loro destino nelle proprie mani e usino tutti gli spazi di potere che abbiamo a nostra disposizione, dal voto al consumo critico, dalla denuncia al risparmio responsabile, all’informazione alla proposta, per orientare il futuro di noi tutti verso la giustizia e la sostenibilità.
Economia pubblica, Stato forte, tasse progressive… l’impianto che proponi richiama i principi del socialismo. Nello stesso tempo rivaluti il ruolo del singolo, la partecipazione, la delega al cittadino in un’ottica libertaria. Come possono convivere uno stato forte e una forte responsabilità individuale?
Lo stato che ho in mente non è quello di tipo settecentesco dominato da un monarca avido e repressivo che inevitabilmente era visto come un nemico. Io penso ad uno stato di tipo democratico paragonabile ad una grande comunità. La mia concezione è che lo stato siamo noi. Per questo non vedo conflitto fra economia pubblica e interesse privato. Al contrario solo una forte economia pubblica, che ha scelto di garantire a tutti una serie di diritti fondamentali, può garantire la soddisfazione di bisogni come la sanità, l’istruzione, il pensionamento che sono servizi troppo costosi da affrontare individualmente. Per questo abbiamo tutti l’interesse a fare funzionare bene l’economia pubblica e a renderla forte e autonoma. Ma proprio perché vedo l’economia pubblica come espressione della comunità e non come un’azienda, do enorme importanza alla responsabilità individuale. Una comunità, infatti, funziona bene quando tutti si preoccupano degli altri e quando assumono comportamenti di rispetto per il bene comune. In ambito igienico tutti abbiamo assimilato il concetto che per mantenere una città pulita dobbiamo evitare di buttare le cartacce per strada. Io chiedo di estendere questo comportamento a molti altri ambiti. Ad esempio a quello del consumo, scegliendo di ridurre, di acquistare prodotti con scarsa confezione, di riciclare. Ma penso anche all’ambito sociale, prendendoci cura degli anziani che si trovano nel nostro condominio e delle situazioni di disagio del nostro quartiere. In una società orientata alla crescita, i bisogni sociali si garantiscono attraverso le tasse, grazie alle quali, poi si pagano dei dipendenti. Ma in una società dalle risorse limitate, i bisogni sociali si potranno garantire solo se si ricrea una forte solidarietà sociale che ci coinvolge uno per u ...[continua]

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