Gigliola Branchini, 36 anni, vive a Caiolo, in provincia di Sondrio; lavora come infermiera nel reparto di anestesia e rianimazione dell’ospedale di Sondrio.

E’ stata mia suocera Lucia a dirmi che la Romi cuciva; io la conoscevo di vista, perché abitiamo in paesi vicini, ma non sapevo che avesse un laboratorio di sartoria, non ne avevo mai avuto bisogno; invece quell’estate mi ero messa in testa un’idea per cui una sarta mi sarebbe servita. Eravamo in montagna e stavo riordinando quando ho trovato un piumino d’oca, mi ha subito suscitato una specie di ripugnanza, se penso a come fanno a spiumarle… Allora ho pensato che si potevano sostituire le piume con le foglie di granoturco, in fondo era lo stesso principio del paiùn, il materasso che usavano i contadini di una volta; i nostri genitori ci hanno dormito quasi tutti nel fuiasc dei nonni, o scarfoei per dirlo nel dialetto di Bormio. Era un sacco con delle aperture centrali che si confezionava a fine settembre o ai primi di ottobre, quando c’era lo sfoglio delle pannocchie, e poi ti durava degli anni. Al mattino si andava dentro con le mani a smuovere le foglie per arieggiarle e ricomporre i buchi. Insomma, non mi sembrava così assurda l’idea di farne un piumino. Comunque non ne abbiamo più parlato, anche se io ci ho rimuginato sopra tutto il pomeriggio, pensando a come procurarmi quelle foglie. Allora mi è venuto in mente che, quando accompagnavo gli ammalati a Sondalo, passando da Grosio, vedevo dai finestrini dell’ambulanza tutte queste pannocchie immazzettate appese ai balconi, e mi sono ricordata che in reparto con me c’è un medico di quelle zone, così gli ho detto che mi servivano le foglie di granoturco e che le avevo viste a Grosio, quindi non poteva dirmi di no. Lui ha promesso di interessarsene, ma era giugno e, arrivato settembre, se n’era dimenticato, allora sono tornata alla carica e, dopo pochi giorni, me ne ha portati sei sacchi della spazzatura pieni, belle foglie tra l’altro, tutte pulite e in ordine.

Per cominciare sono andata da un grossista di stoffe: volevo un cotone grezzo, non mi importava che la stoffa fosse bella. E’ stato lui a suggerirmi un cotone naturale, ma aveva solo un tinto vegetale prodotto in Spagna che costava un pacco di soldi, una fantasia molto stilizzata color ecrù e blu spento, molto bello; l’ho preso anche se era da tovaglie, per un piumino non poteva andare, diceva il grossista, le piume lo avrebbero appesantito: “Ma io ci metto foglie di granoturco!”, “Cosa? Ma è sicura?”. Insomma, la mia idea sembrava non convincere nessuno. Intanto l’avevo perfezionata progettando di disporre l’imbottitura in un sacco interno di viscosa diviso in camere che, a loro volta, avrebbero dovuto contenere dei tuboli, sempre in viscosa, colmati con le foglie e chiusi ognuno da una cernierina. Così sarebbe stato più pratico da lavare: i tuboli estraibili si possono lavare in lavatrice con le foglie incorporate, il resto quando è sporco si lava a parte. A quel punto sono andata da Romina e le ho spiegato cosa volevo, il lavoro non era complicato. Beh, col tempo abbiamo aggiunto particolari, perché lei è bravissima nelle rifiniture, una perfezionista, ad esempio l’idea degli anellini elastici per attaccare il lenzuolo al paiùn è stata sua e ha fatto risparmiare un bel po’ di lavoro (36 asole in meno per ogni pezzo) oltre ad essere più pratica. Abbiamo mantenuto anche la tradizione del materasso, solo che il nostro non è più composto da una camera unica, ma da diverse sacche, in modo che uno se lo accomoda come preferisce: se vuole i piedi alti sistema le sacche verso il basso, altrimenti le dispone più verso la testa.
Il vantaggio principale però è sotto il profilo igienico, infatti, quando le coperte e i materassi di lana erano considerati un lusso e le oche servivano per fare le uova o per la carne, le allergie agli acari non esistevano. Per crescere l’acaro ha bisogno di tre condizioni fondamentali: innanzitutto la materia organica di cui si nutre, che sia la nostra pelle o la lanolina presente nella fibra di lana o anche la parte cheratinica della piuma; poi temperatura costante e infine umidità. Esattamente quello che trova in un piumino d’oca. Le foglie invece, spostandosi di continuo insieme al corpo, favoriscono la ventilazione interna e la modificazione della temperatura, ed espellono l’umidità prodotta dalla traspirazione corporea; inoltre mantengono il loro profumo che è buonissimo, sembra quasi polenta. Non è ...[continua]

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