I ragazzi di Barra che hanno partecipato alla chiacchierata sono Savio Basile, di 24 anni, iscritto a un corso di formazione metalmeccanica; Nazareno Belvedere, macellaio di 24 anni; Veronica Esposito, studentessa di lingue ventunenne; Pietro Veneruso, disoccupato di 22 anni e suo fratello Ciro, ventitreenne studente di lettere; Ciro Conte, ventenne geometra, che ora vive a Ponticelli. Era presente all’incontro Ciro Naturale, trentenne laureando in filosofia.

Savio. Cosa significa vivere a Barra? Barra è il posto dove abbiamo sempre vissuto, dove ci sono la nostra casa e i nostri amici, ma è anche un posto che ci pesa, col quale non ci identifichiamo. Eppure io, se mi allontano, ne sento la mancanza.
Pietro. Essendo cresciuto a Barra io non la vedo così male come le persone di fuori, non ci sto bene, ma nemmeno male, ci si abitua. Crescendo in un posto così ti abitui a tutte le cose negative...
Veronica. Noi viviamo qui come se in questa Barra ci fosse un posto tutto nostro, un posto che ci siamo creati noi che siamo cresciuti insieme e abbiamo preso la strada “buona”.
Savio. E’ che noi, a differenza di altri nostri amici, abbiamo avuto alle spalle una famiglia forte, genitori normali, che pensavano ai figli. Mio padre è un dipendente dei Beni artistici e culturali, mia madre sta in casa, non ci sono mai stati dei grossi problemi, ho una sorella e un fratello più piccolo.
Veronica. Forse sono anche famiglie meno ignoranti delle altre, perché il problema a Barra è l’ignoranza, i pregiudizi, pure il fatto di mostrarsi, nel senso che qui si seguono le mode, tutti cercano di uniformarsi al modello di vita vincente...
Nazareno. Alle ragazze piace il ragazzo che è stato in galera o che si droga il sabato sera, quello che sa usare la violenza, oppure che ruba (perché a Barra di ricchi non ce ne sono).
Ciro V. Solo se ti comporti in una determinata maniera e fai parte di una determinata categoria riesci ad essere rispettato e a predominare sull’altro, perché quello è il modello: invece di guadagnarsi il rispetto degli altri rispettandoli a loro volta, lo si ottiene con la forza.
Veronica. E il problema più grande è che comunque questi modelli continuano a essere seguiti: ci sono ragazzi che lavorano, ma il loro modello resta quello che va a rubare e usa violenza con tutti. Chi la pensa come noi è una minoranza.
Savio. Io non lo credo, semmai il punto è che il buono si vede meno del marcio, la maggior parte dei ragazzi di Barra sono come noi. E’ che a Barra ci si sente insicuri, è un quartiere periferico in tutti i sensi, è sempre stato così.
Ciro V. I ragazzi di Barra hanno una pluralità di problemi che si ripercuotono uno sull’altro: la famiglia, il fatto di non avere possibilità di guadagno regolare, l’influenza del gruppo. Barra è un cumulo di disagi, ma anche per me alla base di tutto c’è l’ignoranza e la violenza che ne deriva.
Savio. In genere i più violenti poi sono proprio quelli che non riescono neppure ad uscire dal quartiere, perché fuori non si sentono nessuno.
Ciro V. Molti ragazzi che hanno storie difficili però ci rispettano perché siamo persone semplici che non approfittano del fatto di essere di Barra per fare i violenti. Vedono che stiamo sempre assieme, si avvicinano a noi, ci cercano perché vedono che con noi è possibile avere un dialogo.
Savio. Tra noi non si parla solo delle macchine, della droga, del giro a Napoli o delle ragazze.
Pietro. Sì, ma non è che noi siamo meglio di loro. Noi siamo come loro.
Veronica. Noi parliamo, la differenza è questa, loro invece non parlano tra di loro. Sono la testimonianza vivente che a Barra non cambia niente, ragionano come si ragionava 50 anni fa, le loro vedute non si sono minimamente ampliate. Per loro ad esempio l’amicizia tra uomo e donna non può esistere, io la sento la loro malizia.
Ciro V. Le cose non cambiano perché chi riesce ad emergere tende ad allontanarsi, non vuole più avere nulla a che fare con Barra. Barra è il passato, un passato buio, che non offre possibilità d’uscita; solo chi riesce ad allontanarsi può veramente emergere.
Noi forse siamo gli unici che tentano di fare qualcosa per il proprio quartiere; in genere chi riesce a fare l’università o a raggiungere un certo livello di qualità di vita tende ad allontanarsi e a lasciarsi indietro le origini, i primi amici, le prime ragazze. Per me è un atteggiamento sbagliato e le conseguenze purtroppo si pagheranno col tempo. Noi dei progetti per il quartiere li ...[continua]

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