Friedrich G. Friedmann abita a Friedberg, a pochi chilometri da Augusta, dove vive la figlia Miriam col consorte Friedhelm Katzenmeier. Delle opere di F. G. Friedmann sono state pubblicate in italiano per i tipi della Giuntina Da Cohen a Benjamin. Essere ebrei tedeschi, 1991, con in appendice una corrispondenza del 1966 con Karl Rahner e nel 2001 Hannah Arendt. Un’ebrea tedesca nell’era del totalitarismo, 1985. Nel 1996 le Ecp (Edizioni Cultura della Pace) pubblicano Miseria e dignità. Il Mezzogiorno nei primi anni Cinquanta.

Hai trascorso la giovinezza ad Augsburg...
Sono nato nel marzo 1912, in una famiglia ebrea assimilata e liberale, come quasi tutti i circa duemila ebrei di Augsburg. Borghesi come gli altri, di cultura tedesca come gli altri, ma che, diversamente dagli altri, frequentavamo, chi più chi meno, la sinagoga. Io ero il più vecchio di quattro figli, due maschi e due femmine.
Mio padre Ludwig aveva ereditato da mio nonno una fabbrica di camicie per uomo e biancheria. Vi lavoravano un centinaio di operai, donne e uomini. Aveva una casa, poi distrutta durante la guerra, nel centro della città. Era un edificio tardo-rinascimentale probabilmente un antico convento femminile. Suo padre, mio nonno, era amico di Rudolf Diesel. Erano gli anni che si definiscono i Gruenderjahre (‘anni-fondatori’) della borghesia produttiva, economicamente robusta e progressiva e intellettualmente colta nella cultura classica e romantica tedesca. La fabbrica aveva avuto inizio con la nonna Maria, che cuciva a macchina le camicie e con il nonno che le vendeva. Oggi si direbbe che la nonna era molto democratica perché continuò a lavorare con la stessa macchina da cucire fino a sessantacinque anni insieme alle altre operaie.
Mia madre era una donna molto riservata, gentile e amata da tutti. Conduceva una vita agiata. Aveva a disposizione una donna di servizio, oltre alla cuoca. Leggeva molto; conosceva, oltre al tedesco ovviamente, l’inglese, il francese e l’italiano. In casa c’era una biblioteca di tremila volumi scelti con cura, per lo più classici tedeschi. Mio padre quando era in partenza per lavoro diceva a mia madre: "Fammi il piacere di mettere nella valigia le poesie di Goethe e la Bibbia”. Lui scriveva anche delle poesie. Sono quasi sempre in lode di mia madre, che amava molto, ma gli ultimi versi rigiravano al contrario dei precedenti, ironicamente. Per esempio, ricordo, per un genetliaco, lo dico prima in tedesco, Du bist der gute Geist in diesem Haus - in dem geschlampt die Dinge finden aus, ‘Tu sei lo spirito buono in questa casa - in questo disordine ritrovi le cose’.
Tuo padre leggeva l’ebraico?
No, nessuno in famiglia leggeva l’ebraico. Anche se vi persisteva lo spirito religioso ebraico. Le orazioni erano scelte da mio padre con lo spirito di un adagio ebraico che dice: "Io faccio il mio Schulchenarbuch di me stesso”. Schulchenarbuch era una collezione di testi ebraici credo del Seicento. Quell’adagio significa quindi che uno si sceglie dalla tradizione quello che gli piace. E’ un esempio della Stimmung, dell’atmosfera religiosa diffusa fra gli ebrei di Augsburg. In occasione del mio Bar mitzvà (la festa per la raggiunta maggiorità religiosa a 13 anni) ricevetti dalla comunità ebraica moltissimi libri. Nessuno trattava temi ebraici, tutti classici tedeschi. Mio padre osservava le abitudini principali della tradizione religiosa: andava ogni venerdì pomeriggio in sinagoga, un tempio monumentale inizio ‘900 Judenstiel-Maurisch. Dopo la morte di mio nonno, andò in sinagoga per un anno ogni giorno. Eppure il sabato lavorava. Il venerdì sera la famiglia si riuniva regolarmente in casa della nonna materna, rimasta vedova. Io l’amavo molto. Durante quelle visite non si compivano rituali, non si recitavano preghiere, ma lo spirito che le animava era ancora quello liturgico tradizionale. Si sorbiva caffè, si assaggiavano dei dolci e a nessuno veniva in mente di parlare di negozi, affari, o cose di questo genere.
E la famiglia di tua moglie Elisabeth?
Gli Oberdorfer. Venivano da un piccolo paese nel Ries, vicino a Wallerstein, una delle Herrschaften, entità un tempo politicamente autonome, che è a venti o trenta chilometri dalla città. Il Ries è una parte della Svevia bavarese, a nord di Donauwoerth. E’ un vasto cratere formato dalla caduta di un meteorite. In quel territorio relativamente piccolo c’erano cinquantasei comunità ebraiche in villaggi in cui gl ...[continua]

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