Franco de Courten è stato ambasciatore d’Italia ad Algeri dal ’96 al ’98. Oggi vive a Roma.

Nel ‘91 i militari algerini effettuarono un colpo di stato per vanificare la vittoria elettorale degli islamisti del Fis, che volevano istaurare una repubblica islamica regolata dalla sharia. Quel “golpe democratico”, richiesto da una manifestazione di centinaia e centinaia di migliaia di algerini democratici, secondo Khalida Messaoudi, salvò l’Algeria, e non solo, dalla marea fondamentalista. Tuttavia suscitò in Europa una reazione tanto negativa che per quasi 10 anni l’Algeria restò sola nel combattere un terrorismo islamista tremendo. Lei cosa pensa di quel colpo di stato?
Che fu necessario, infelicemente, ma assolutamente necessario. Se nel ‘33 in Germania ci fosse stato un colpo di stato per fermare Hitler, che aveva vinto le elezioni regolarmente, non avremmo avuto la seconda guerra mondiale.
Ciò non toglie che gli algerini oggi possano essere stanchi di essere comandati da un gruppo di militari che sono sempre gli stessi, e la cui mentalità, spesso, anche se non sempre, è ristretta ed antidemocratica.
Certamente in Algeria c’è tuttora un regime, con un presidente consigliato, difeso e contornato da un’èlite di militari che in qualche modo si fanno garanti della Costituzione. Ma del resto cosa avviene in Turchia? Mi pare che esista più o meno la stessa situazione; eppure questo non impedisce all’Europa di mantenere rapporti anche molto stretti con Ankara.
Quando è arrivato lei, qual era la situazione?
Sono stato in Algeria dal ‘96 al ‘98. Ho trovato una congiuntura che era, dal punto di vista politico, già abbastanza chiarita, nel senso che le elezioni presidenziali avevano sancito la vittoria di Zéroual. Questo aveva suscitato molte speranze nell’opinione pubblica che vedeva in lui l’uomo che poteva portare il paese fuori dal terrorismo e dai gravi problemi economici e sociali. E Zéroual, a mio avviso, ha operato bene: ha indetto elezioni politiche, elezioni amministrative e, soprattutto, ha mantenuto quella che, credo, ancora oggi è la peculiarità della realtà algerina: una libertà di stampa quasi unica nei paesi arabi o musulmani. Basta guardare la versione on-line del quotidiano El Watan che consulto quasi tutte le mattine; ebbene, sembra di leggere un giornale dei nostri. Se la prendono col presidente Bouteflika in una maniera spesso assai violenta, criticando aspramente ciò che dice e ciò che fa… Insomma, vorrei proprio vedere come reagirebbe il re del Marocco, come tanti altri leader del mondo islamico, se fosse oggetto delle stesse critiche.
Tornando ad allora, c’è da dire che purtroppo, però, il terrorismo continuò, ed ebbe un picco molto alto nel ‘97, anche se con una tendenza di fondo alla discesa. Del resto io, come tutti coloro che vivevano in Algeria, avevo sempre sostenuto che il fenomeno del terrorismo sarebbe continuato a lungo, molto a lungo, per motivi militari, politici ma anche economici e sociali. Zéroual non riuscì a risolvere il problema economico e sociale che devastava il paese: la disoccupazione era e permane fortissima, il progetto di passare da un’economia di stato a un’economia privata, poi, è estremamente difficile da realizzare, in Algeria, come in tanti altri paesi. E ciò senza dubbio contribuisce al permanere della violenza terrorista.
Una delle cose più difficili da capire, anche dall’esterno, è la reale consistenza del seguito dei democratici. Sono pochi “estremisti democratici”, senza un’influenza sulla popolazione, o sono la punta di un iceberg, la punta politica di un movimento anche sotterraneo, che ha radici profonde nel costume, nella mentalità, nella storia dell’Algeria?
Bisogna intendersi: se parliamo di seguito elettorale (di elezioni io ne ho viste due, e devo dire che, nonostante le critiche dei partiti democratici, Rcd e Ffs, sono state relativamente corrette) il risultato per i due partiti democratici, rispetto all’arco parlamentare, non è stato superiore al 9-10% dei votanti. Secondo me questo risultato rispecchia la realtà.
Dobbiamo peraltro tener presente che l’Algeria è un paese diverso dagli altri paesi arabi mediterranei. Ha avuto una storia completamente differente dagli altri, perché è rimasta per centotrent’anni sotto l’occupazione francese che, se pure è stata disastrosa sotto tanti punti di vista, d’altra parte ha fornito agli algerini un modello su cui basarsi, una lingua, il francese, che è la lingua franca dell’Algeria, per ...[continua]

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