Carlo Formenti, giornalista e scrittore, recentemente ha pubblicato, da Raffaello Cortina Editore, Incantati dalla rete. Immaginari, utopie e conflitti nell’epoca di Internet.

Lo sviluppo delle nuove tecnologie sta varcando nuove frontiere, in particolare la ricerca sulle nanotecnologie apre scenari che stanno scatenando reazioni contrastanti tra ottimisti e catastrofisti. Possiamo spiegare intanto cosa si intende col termine “nanotecnologie”?
Il dibattito e la ricerca sulle nanotecnologie nasce da lontano. Parte da una famosa battuta di Richard Feynman, che aveva cominciato a ipotizzare qualche decennio fa la possibilità che lo sviluppo delle nuove tecnologie elettroniche avvenisse soprattutto verso la dimensione micro. La battuta era “There’s a plenty at the bottom”, c’è molto spazio “in basso”, termine un po’ intraducibile, per dire appunto che lo spazio per lo sviluppo e la ricerca scientifica e tecnologica era ormai indirizzato al campo del micro. Questa utopia, questo progetto di ricerca, è stato ripreso molto più recentemente da Eric Drexler, un altro ricercatore e scienziato, che ha ipotizzato in termini molto più dettagliati quello che potrebbe essere lo sviluppo delle nanotecnologie nei prossimi decenni, con proiezioni sul 2020-2030. Ipotesi che sono state poi riprese da altri scienziati e ricercatori che operano nel campo della robotica e dell’elettronica, da Smoravek fino a Ray Kurzweil, con previsioni anche abbastanza diverse sui tempi di sviluppo e di possibilità di realizzare questo tipo di tecnologia.
Allora, cosa vuol dire nanotecnologie? “Nano” viene da nanometro, scala infinitesimale di misura, che dovrebbe essere quella di riferimento per questo tipo di teconologie da sviluppare. Quindi in sostanza si tratta di produrre macchine a scala atomica, o comunque molecolare; manipolare la materia ai suoi livelli più infinitesimali. Quello su cui, per quanto mi risulta, la ricerca è in questo momento più avanzata, dove si fanno investimenti maggiori e dove l’interesse anche economico e finanziario, oltre che scientifico e tecnologico, è maggiore, è quello delle future generazioni di computer. La famosa Legge di Moore(?) prevede che ogni 18 mesi ci sia un raddoppiamento di potenza (e un dimezzamento dei prezzi). Ebbene, finora questa legge è stata rispettata, ma ora sta per incontrare un limite assoluto, quello, appunto, della dimensione dei microchip. Stiamo infatti arrivando a un limite oltre il quale non si può andare. Quindi adesso la ricerca viaggia in varie direzioni dal Quantum Computing al Dna Computing, alla possibilità di utilizzare la luce invece delle correnti elettromagnetiche. Diciamo che qui si tratta di arrivare a costruire delle unità di calcolo e di memorizzazione che siano -con teconologie ancora da definire- appunto a scala dei nanometri, cioè a scala molecolare; di utilizzare gli atomi come elementi di calcolo.
Questo per quanto riguarda specificamente il settore dei computer. Ma il termine “nanotecnologie” in realtà riguarda un ambito molto più ampio…
Infatti qui ci si riferisce a tutta una serie di tecnologie, con applicazioni nei campi più disparati. La ricerca è rivolta anche, per dire, al campo di materiali che si autoassemblano. Questa è una delle cose più avveniristiche, già trattate in vari romanzi di Science Fiction, perché sull’argomento, essendovi elementi estremamente suggestivi anche dal punto di vista dell’immaginario, gli scrittori di fantascienza si sono lanciati. L’idea è quella di utilizzare come materiale di base per queste micromacchine delle bio-molecole. Quindi in sostanza assemblare degli elementi di materiali organici, di molecole organiche, con dei circuiti di intelligenza e di memoria che siano iscrivibili dentro queste molecole, per arrivare alle cosiddette “macchine di von Neumann”. La sfida insomma è una macchina capace di autoreplicarsi, di riprodursi esattamente come delle forme di vita, dei batteri o più esattamente come dei virus. Nel senso che verrebbero prodotte con già iscritta una specie di “memoria genetica” che permetterebbe loro di utilizzare il materiale disponibile nell’ambiente per fare delle copie di se stessa.
Questo potrebbe avere delle applicazioni incredibili nel campo ingegneristico, con la possibilità di intere strutture che si creano da sé, utilizzando praticamente il materiale disponibile nell’ambiente proprio a partire dagli atomi, dagli elementi fondamentali.
Un altro campo in cui c’è uno dei progetti d ...[continua]

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