Aldo Bonomi, animatore del consorzio AAster di Milano, ha pubblicato da Boringhieri, Il trionfo della moltitudine (1996), Manifesto per lo sviluppo locale (1998) in collaborazione con Giuseppe De Rita, Il distretto del piacere (2000).

Di fronte ai risultati elettorali a sinistra o si drammatizza vedendo nella vittoria di Berlusconi il peggio del paese che ritorna, o si minimizza dicendo che siamo finalmente un paese normale, votato finalmente all’alternanza, e ci si consola ripetendo che poi, se vogliamo, nel paese Berlusconi non ha vinto… Tu, mi sembra, fai altre valutazioni…
Allora, la prima annotazione che mi viene da fare riguarda il fatto che molto spesso noi studiamo, teorizziamo, raccontiamo ciò che prende corpo nella società, poi, però, quando questo lo vediamo trasferirsi in politica ci rifiutiamo di riconoscerlo. Al punto, a volte, di assumere posizioni elitarie, di disprezzo e condanna di quella parte della composizione sociale che ha votato per l’avversario.
Beh, intanto propongo di ragionare in maniera fredda. Allora, partirei ricordando che in questi anni nell’elaborazione teorica di sinistra, partendo dalle riflessioni di Michel Foucault, noi abbiamo parlato, discusso, ci siamo confrontati intorno al tema della bio-politica: abbiamo detto che ormai i processi dell’economia e i processi sociali riguardano la nuda vita, intendendosi con questo il pensare, il sentire e il procreare degli individui; che questi processi erano riassunti ed esemplificati nell’avanzata di due fattori di potenza tecnico-economici: la new-economy, variamente intesa, che investe la sfera della comunicazione, del sentire, del ricordare, del desiderare umani; l’ingegneria genetica che investe fondamentalmente il Dna e la biologia dell’uomo e del vivente. Pensiamo solo ai brevetti del genoma, del nostro Dna, allo sviluppo delle macchine intelligenti, alle biotecnologie, e abbiamo la misura di quanto la messa al lavoro del nostro pensare, sentire, ricordare, riprodursi, riguardi ormai la nostra nuda vita, il nostro corpo reale.
Quando poi, invece, incontriamo la rappresentazione politica, sia pure banalizzata, di questi processi, il loro riflesso in politica, continuiamo a usare le vecchie categorie del Novecento. Ecco allora: da una parte gli interpreti del liberismo, dall’altra quelli della statualità; da una parte gli interpreti del libero mercato, dall’altra quelli delle regole; da una parte gli interpreti dello strapotere dei mezzi di comunicazione, dall’altra quelli che ne sono privi; da una parte gli onesti e dall’altra i disonesti. Durante questa campagna elettorale se ne sono dette a iosa.
Io credo che il “berlusconismo” sia un sottoprodotto della bio-politica.
Quindi, pensi che la categoria del populismo non spieghi il fenomeno “Berlusconi”?
Infatti. Noi abbiamo spiegato questo fenomeno in termini di populismo, di neo-populismo: identificazione tra il popolo, entità indistinta, e il carisma del soggetto. Bene; poi abbiamo molto sorriso del Berlusconi che assumeva molteplici facce e molteplici ruoli perché per le categorie del ‘900, che ci dicono che un padrone è ciò che più di lontano c’è dall’operaio, è un’assurdità il Berlusconi-operaio. Ma a ben guardare cosa voleva fare Berlusconi dicendo: “Io sono un operaio, un artigiano, un commerciante, un industriale, una massaia, un giovane, un lavoratore autonomo”? Voleva far scattare un meccanismo di comunicazione diretta tra il soggetto e le figure della scomposizione sociale avvenuta.
Quindi è l’identificazione non già col popolo ma con l’individuo…
Esatto. Parlare con le tante individualità accompagnandole e facendogli sentire che si è come loro. Questa mi pare una grande intuizione. E vorrei precisare che tutto questo prescinde dai mezzi di comunicazione. Qui non abbiamo a che fare con il Berlusconi delle tv; no, è nel messaggio, nel programma, nella cultura politica di Forza Italia che troviamo questi elementi. Dopodiché, è ovvio che la diffusione del messaggio biopolitico riuscirà più facile a uno che, nelle sue precedenti esperienze professionali, abbia interiorizzato fino in fondo il marketing, il marketing oriented, la comunicazione, la pubblicità, che sono tutti strumenti che poi permettono di raggiungere il segmento, il target. E’ ovvio che una grande professionalità dell’agire comunicativo serve. Ma attenzione: c’è stata anche una grande capacità di esporre il proprio corpo e il proprio modello come simbolo. Mi pare emblematico che ...[continua]

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