Margit Pieber è consulente indipendente per il Ministero degli Affari Esteri austriaco; vive a Vienna, dove insegna agli studenti stranieri del programma Erasmus.

Che interpretazione si può dare del recente successo di Haider?
Premetto che personalmente non me l’aspettavo, per cui ne sono rimasta molto turbata. Ma credo che, come me, molti non se l’aspettassero addirittura tra i suoi elettori. Se leggi un giornale dei giorni immediatamente successivi le elezioni, scopri che molta della gente che ha votato per l’Fpoe voleva comunque un governo di centro. Ad ogni modo, anche in questa situazione triste c’è qualcosa di buono. Il lato positivo è che ora ognuno deve definirsi in tutto questo caos. E questo servirà anche ai socialdemocratici per rivedere le proprie strategie e pensare al futuro, perché il loro partner futuro sono i verdi, non il nero.
Venendo al successo di Haider, sono molte le analisi possibili. Io ho avuto occasione di vedere come lavora, non tanto in parlamento, quanto per le strade. Ecco, lui ha queste straordinarie capacità retoriche: quando parla, talvolta improvvisamente è come se abbandonasse la razionalità e passasse al piano emotivo, per poi tornare nuovamente alla ragione, con effetti veramente trascinanti. Ai suoi comizi ho visto gente quasi in trance, tutti ad ascoltare con la bocca aperta e gli occhi spalancati. E poi i suoi esempi sono sempre molto concreti, casomai tratti dalla cronaca: “Conosco quel turco e lui ha fatto la tal cosa a quell’austriaco…”. In questo modo la folla viene toccata sul piano emotivo, in più raccontando una storia vera si assicura che tutti ricevano lo stesso messaggio, cioè che, non quel singolo, ma tutti gli appartenenti a quel popolo sono cattivi e pericolosi.
Ma la cosa più insidiosa è che in questo suo programma neoliberale, tu di fatto non trovi un approccio espressamente razzista. O meglio, se lo leggi lo senti; il problema è che non ti puoi mettere a discutere con qualcuno sul piano delle sensazioni, e come lavorare in generale contro una politica che fa così profondamente appello ai sentimenti?
Se poi a questo si aggiungono tutte le resistenze e i timori legati alla crescente globalizzazione, all’immigrazione, il tutto tenuto assieme da una serie di discorsi e argomentazioni tesi a mettere in discussione ciò che è alla base della nostra democrazia così da scuotere e rendere instabile ogni cosa. Beh c’è di che preoccuparsi.
Anche perché poi, se usciamo dal mondo tedesco, ci sono quelli come Le Pen, che non è più sofisticato di Bossi, e che hanno idee altrettanto pericolose e forse anche degli interessi economici dietro di loro.
Chi ha votato per Haider?
Io credo ci siano tre categorie di persone che l’hanno votato. La prima è quella che noi definiamo i “perdenti della modernizzazione”. In Austria almeno un terzo di quelli che hanno votato per Haider sono spaventati dal loro futuro. Se prendiamo gli operai non qualificati, che credo siano oggi veramente ai livelli più bassi nella società quanto a tutela e prospettive, ebbene loro possono perdere molto facilmente il proprio lavoro, con l’arrivo di manodopera a minore costo o con la crescente esternalizzazione.
La cosa paradossale è che questa categoria, ad esempio, prima era col partito socialdemocratico, solo che man mano che questo si è spostato verso il centro, l’unica vera alternativa per loro è diventato l’Fpoe, (i verdi sono troppo focalizzati sulle questioni ambientali, mentre, soprattutto oggi che hanno un ruolo importante da giocare, dovrebbero impegnarsi maggiormente anche nelle questioni socio-economiche).
Penso anche che le forze di sinistra in questo paese, i verdi, i socialdemocratici, se si rinnovano, possano riconquistare queste persone, cosicché il partito di Haider venga ricollocato nelle posizioni in cui si trova nel resto dell’ Europa, intorno al 10%.
La seconda categoria sono persone disperate, gente che non ha mai superato il trauma di aver perso la seconda guerra mondiale; per un po’ avevo creduto che non sarebbero mai potute diventare una forza politica perché ormai tutte in età avanzata, ma ora è evidente che possono essere i figli a portare avanti questa tradizione. Certo, resta doveroso parlare con loro, io veramente l’ho fatto, ci ho provato, anche con persone del mio ambiente, per anni, a discutere del passato, della storia, ma è inutile. La mia strategia oggi è di ignorarli, di dire: okay, non c’è niente da fare. Poi c’è una terza parte che ha p ...[continua]

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