Rapo Idrizai, agronomo di Valona è venuto in Italia nel 1993 per lavorare, insieme con suo figlio Ardi.

Figlio. Mia madre e le mie sorelle non è che non stessero bene in Albania, mia madre era un’insegnante, le mie sorelle andavano a scuola; quando è incominciata la guerra loro pensavano di venire qua per un po’ di tempo, non per restare. Mia madre è venuta solo perché aveva paura; era una donna sola con due figlie, una delle quali ormai donna. Così come tantissimi altri ha preso la prima nave che le è capitata, ha pure pagato.
Allora con mio padre stavamo a Lecce. Era il venerdì santo, Pasqua del ‘97, proprio un giorno perfetto per morire...
Padre. I documenti erano a posto, sarebbero potute venire regolarmente in seguito, ma quando in Albania sono iniziati i disordini, non potevano più vivere lì, era un momento troppo delicato. In quei giorni, infatti, sono arrivate 14.000 persone sulla costa di Brindisi.
Figlio. Alle sette di sera eravamo in casa io, mio padre e un altro amico e la tv era accesa e io sento che è successo qualcosa: “Una nave si è ribaltata, ci son già quattro morti”. “Che è successo?” disse mio padre, “no, niente”, ma fuori con quel mio amico ho subito detto: “In quella nave probabilmente c’erano mia madre e le mie sorelle”. Ma anche mio padre si era accorto di qualcosa, e poi era inutile nascondere la notizia, anche se ancora non era proprio sicura. Lui è partito subito per Brindisi. Io sono rimasto da un amico ad aspettare fino alle due della notte, per sentire se usciva qualcosa di nuovo. Verso le tre di notte, sono partito pure io con un altro amico; ho trovato mio padre all’ospedale, ma non si poteva fare niente, era un momento delicato, ormai era finito tutto. Speravamo di sapere subito la verità, invece siamo ancora qui a non sapere niente. Per me se va avanti così non si saprà mai. Già non se ne parla più.
Padre. Mia moglie e le mie due figlie sono partite da Valona il 28 marzo 1997, e non sono mai arrivate in Italia, perché la nave è affondata, speronata da una nave italiana, la Sibilla. Le mie figlie avevano una quattordici e una dieci anni, mia moglie ne aveva quaranta. Questa è stata una disgrazia troppo grande per me, anche per tutti i parenti. C’è chi ha perso genitori, figli, moglie, fratelli; c’erano anche bambini di tre mesi. Erano quasi 125 persone, ne sono morte 81, 34 sono state salvate. Un mio amico ha perso tutta la famiglia, i due genitori, il fratello con moglie e i loro tre figli, sette persone. Di corpi ne ha trovati cinque. Quelli che sono morti erano tutti giù, nella stiva della nave; si sono salvati quelli che erano sul ponte. La nave albanese era una nave motovedetta piccola, la nave italiana Sibilla era una nave grandissima, una nave di 120 metri di lunghezza che non avrebbe dovuto neanche avvicinarsi alla motovedetta.
Loro avevano avvisato che sulla nave c’erano solo donne e bambini, e non armi e droga, come in seguito avrebbero sostenuto gli italiani, ed era vero, tant’è che non le hanno trovate dopo; non solo, avevano anche mostrato una bandiera bianca, sul ponte si era fatta vedere una donna con un bimbo in braccio. Niente, gli italiani non si sono fermati. Quando la nave albanese è stata portata a Brindisi dopo il recupero io l’ho vista bene: aveva due squarci e la cabina di comando completamente schiacciata.
Figlio. Quando hanno speronato la nave ne hanno seguito la rotta per 150 metri, dopodiché hanno pensato che ormai eran morti tutti, invece c’era gente che era in mezzo al mare e gridava aiuto; allora loro hanno lanciato un fiammante rosso per far luce e poi hanno visto che c’erano dei sopravvissuti, gli hanno buttato delle corde e quando sono saliti, lo dicevano i sopravvissuti, c’erano i marinai che piangevano, che non sapevano cosa fare. Ma la colpa non era loro.
Padre. Prima di tutto non si dovevano avvicinare, per le regole del mare dovevano tenere la distanza di 150 metri; fa fatica a frenare una macchina che ha le ruote per terra, figurarsi una nave che sta nel mare. Poi perché una nave così grande quando bastavano delle guardie costiere? Mi hanno spiegato che una nave di quella stazza quando ti passa vicino forma delle onde più alte di una motovedetta; poi erano nelle acque internazionali, né albanesi, né italiane; infine c’erano altre soluzioni, quelle che hanno usato tutte le altre volte, la nave arrivava a Brindisi, li prendevano e li riportavano di là. La nave albanese era piena di bambini, di donne, e non si pu ...[continua]

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