Dragana Jovanovic, 35 anni, compositrice, vive a Belgrado.

La gente qui è soprattutto triste e scoraggiata. Noi siamo un po’ come il Dott. Jeckill e Mr. Hide, nel senso che ridiamo sempre e di tutto, ma in realtà non vediamo alcuna speranza per il nostro futuro e forse nemmeno per i nostri figli... Per esempio, durante i bombardamenti, ogni giorno c’era una nuova storiella, dalle finestre distrutte, che sono state chiamate "Windows 99", a quella su Novi Sad, che è divenuta l’unica città al mondo dove l’acqua passa sopra i ponti anziché sotto!
Insomma siamo fatti così, è come se volessimo comunque ridere, anche se in generale c’è questa tristezza diffusa, questo senso di disperazione. E lo si vede dall’espressione del viso della gente, quella normale, quella che ogni giorno incontri per la strada.
Qui ora manca già l’olio vegetale -non quello d’oliva che invece c’è, ma per noi è assolutamente proibitivo- e anche lo zucchero. E poi anche la carne arriva col contagocce, nel senso che non arriva tutti i giorni e comunque non trovi tutti i tipi. Solo che non puoi nemmeno aspettare l’arrivo di un carico grosso e poi fare scorta, perché resta sempre il problema dell’elettricità, nel senso che se riempi il freezer e poi tolgono la corrente elettrica ti tocca buttare via tutto.
Comunque tutto questo è assurdo, non ha veramente senso: la Serbia è sempre stata la zona che riforniva anche le altre regioni quando la Yugoslavia era ancora intera; la Vojvodina in particolare è una regione fertilissima e molto ricca dal punto di vista dell’agricoltura. Insomma, è evidente che qualcuno sta già accaparrandosi i generi di prima necessità per poi venderli tra qualche mese, quando la situazione peggiorerà radicalmente. Così invece noi siamo costretti a capire dalle file fuori dai negozi se è tornato l’olio vegetale, e poi aspettare delle ore in coda....
Adesso, la principale preoccupazione per me è l’inverno, soprattutto per mio figlio Filip, non riesco a non pensarci. Se qui togliessero l’elettricità sarebbe una tragedia per me. Io vivo nel centro di Belgrado, ma al 5° piano e insomma anche solo all’idea di dover portare l’acqua su per le scale tutti i giorni, casomai al buio... Sicuramente la cosa peggiore, se dovessi scegliere tra acqua e elettricità, è la mancanza d’acqua. Durante l’intervento ci sono stati dei periodi in cui l’acqua è mancata per giorni, come pure la corrente, in particolare in zone un po’ lontane dal centro. E’ stato terribile. Una mia amica, che abita al 22° piano con due cani e un gatto era letteralmente in preda al panico. Figurati, farsi 22 piani a piedi per portare fuori i cani due volte al giorno e poi senza l’acqua! Così ogni tanto veniva qui a farsi una doccia; che poi il mio erogatore per la doccia è tutto rotto per cui ogni volta che ci si lava, il bagno diventa un lago. Comunque piuttosto che non potersi lavare! Per il mio lavoro però, io senza corrente non potrei fare niente, io compongo e quindi lavoro costantemente al computer e poi ho bisogno di ascoltare... Veramente non so cosa farò se non posso lavorare, credo che impazzirò.
Già adesso spesso mi vengono degli attacchi di panico perché vorrei finire immediatamente tutto quello che mi resta da fare, il che è evidentemente impossibile. Però ho costantemente questa sensazione: è come se ti dicessero che questo è il tuo l’ultimo giorno, e allora mi trovo a tarda notte ancora seduta al computer senza riuscire a interrompere il lavoro... Per non parlare del riscaldamento, che è il problema dei problemi; qui tutti quelli che le hanno, stanno attrezzando le loro case in campagna, per quanto malridotte siano. A me è rimasta una vecchia casa a Arilje, 200 km a sud di Belgrado, verso il Montenegro, perché i miei nonni materni vivevano là. Avevano anche aperto un ristorante, "Serbia", in cui si potevano trovare tutti i cibi tipici di queste zone. E si mangiava veramente molto bene, tant’è vero che la gente in viaggio verso il Montenegro spesso aveva quella come tappa fissa; tutti cercavano di arrivare fino ad Arilje, anche se erano stanchi di guidare. C’era gente che addirittura faceva un viaggio apposta per andare a mangiare lì. Purtroppo ora che i miei nonni sono morti il ristorante è stato chiuso. Quest’estate vi ho trascorso qualche giorno con Filip e ho approfittato per comprare della legna, perché lì c’è la stufa a legna e se proprio qui non si potrà vivere, ci trasferiremo là, almeno in quella casa potremo scaldarci e cucinar ...[continua]

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