Luca Nicolotti è recluso alle Nuove di Torino. Attualmente esce in art. 21 per andare lavorare presso una libreria di Torino.

Puoi spiegarci cosa significa scontare la pena beneficiando dell’art. 21?
Allora, è opportuno chiarire subito che l’art. 21 viene concesso dal direttore, ad personam, con un parere di conformità espresso dal Tribunale di Sorveglianza, e che di solito è positivo, essendo un parere meramente formale.
In concreto possiamo dire che l’art. 21 equipara il detenuto a un lavorante interno, solo che invece di lavorare all’interno del carcere lavora all’esterno, di conseguenza il programma di trattamento è strutturato unicamente per andare a lavorare.
Cosa significa questo? Che tu esci alla mattina ad un orario prestabilito, con un percorso prestabilito da rispettare, e non puoi usare mezzi privati, ma solo pubblici, affinché ci possa essere un costante controllo sul tuo percorso. Inoltre devi salire e scendere dal mezzo pubblico alle fermate che ti vengono indicate, e poi anche dalla fermata al posto di lavoro c’è un preciso percorso da seguire.
Trascorri poi la tua giornata sul posto di lavoro, fatto salvo l’orario di pranzo, in cui devi comunque andare a mangiare in un preciso locale, con relativo percorso; alla sera, finito il lavoro, a seconda dell’orario in cui finisci rientri direttamente in carcere oppure, se finisci tardi, come nel mio caso adesso, ti danno la possibilità di consumare la cena fuori. Anche perché all’interno del carcere i pasti vengono cucinati per essere distribuiti verso le sei, sei e mezza. All’inizio, quando lavoravo in fabbrica, facevo i turni e finivo alle cinque, così alle sette dovevo essere dentro. Adesso, invece, dal momento che qui in libreria finisco il lavoro alle 8, mi danno la possibilità di fare la cena e di rientrare alle 10. Nei giorni di festa non si esce. Ovviamente ci sono poi i soliti divieti di incontrare pregiudicati e cose di questo genere.
Il controllo è demandato alle forze dell’ordine, carabinieri o polizia (nel mio caso, essendo un detenuto politico, anche alla Digos), oppure agli assistenti sociali e, volendo, agli agenti carcerari. E effettivamente devo dire che ho avuto controlli da tutte e tre queste istituzioni.
Sono pochi i detenuti che beneficiano dell’art. 21, credo che siano tra i 60 e gli 80. Fai conto che a Torino su 1500 detenuti, in art. 21 in questo momento ci sono solo io.
Va anche detto che l’art. 21 inizialmente è stato molto utilizzato per sbloccare la situazione dei detenuti politici e in questa scia anche una serie di detenuti comuni sono riusciti a beneficiarne. Finita l’ondata dei detenuti politici, ora, almeno a Torino, c’è una situazione di blocco, nel senso che nuovi articoli 21 io non ne vedo da quattro anni.
Come ti spieghi questa inversione di tendenza?
Secondo me, per la preoccupazione del carcere di prendersi una responsabilità del genere, perché in definitiva, come ho già detto, l’art. 21 così come tutti gli altri benefici di legge, dai permessi alle semilibertà viene deciso sulla base di una relazione stilata da un educatore, da un assistente sociale e da uno psicologo.
Però mentre la semilibertà è una decisione che viene presa collegialmente dal Tribunale di Sorveglianza, (la cui corte è costituita da due magistrati e da due psicologi), l’art. 21 è una responsabilità individuale del direttore, certamente spartita col magistrato di sorveglianza, però spartita al 25%.
Quindi, soprattutto nelle carceri grosse, come qui a Torino, dal momento che l’art. 21 prevede un rapporto di conoscenza personale tra direttore e detenuto, è chiaro che questa eventualità risulta estremamente difficile. Infatti, alle Vallette a me non risulta che ordinariamente sia il direttore a fare le udienze, sono i vicedirettori, lo stesso avviene a Rebibbia; a Milano invece -sempre parlando di "radio-galera"- mi risulta che sia il direttore Pagani a fare le udienze, ma fra le grandi carceri Milano costituisce l’eccezione più che la regola. Quindi, di fatto, per la stragrande maggioranza dei detenuti il passaggio è dal permesso alla semilibertà. Anche perché c’è una scarsa conoscenza di questa potenzialità, gli operatori stessi non incoraggiano a chiedere questa misura alternativa.
Quali requisiti ci vogliono per ottenere l’art. 21?
Allora, ci sono innanzitutto dei requisiti di tempo, nel senso che devi avere espiato, a seconda delle condanne, una quota percentuale di pena, poi per il resto ci vuole la buona condot ...[continua]

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