Giovanni De Luna insegna Storia contemporanea presso l’Università di Torino. Tra i suoi ultimi lavori ricordiamo Fascismo e antifascismo (La Nuova Italia, 1995), scritto insieme a Marco Revelli e Donne in oggetto. L’antifascismo nella società italiana. 1922-1939 (Bollati Boringhieri, 1995).

Secondo Hannah Arendt, la crisi dello Stato Nazione agli inizi del secolo fu una delle ragioni della nascita del totalitarismo. Oggi, alla fine del Novecento, lo Stato Nazione è di nuovo in crisi, ci sono rischi di una nascita del totalitarismo, magari sotto mentite spoglie?
Io vedo lo Stato-Nazione come un progetto, è difficile vederlo come qualcosa di statico. Lo Stato nazionale è un processo di costruzione di un edificio segnato da una fortissima dose di artificialismo politico. La scommessa del Novecento è proprio quella di utilizzare l’artificialismo politico per riplasmare tutte le appartenenze, tutte le identità, prima tenute insieme dalla dimensione religiosa e da quella etnico-territoriale. Da questo punto di vista, quello che sta accadendo adesso è l’epilogo di questa vicenda totalmente novecentesca, un epilogo che ci lascia in una sensazione di straniamento, di sconcerto, perché sembrano riaffiorare tutti i nodi che l’Ottocento aveva consegnato irrisolti al Novecento. Questa sfida è entusiasmante; in questo senso non credo sia giusto congedarsi da questo secolo, vedendolo eslusivamente come il secolo dei disastri. Io credo che la questione sia più complessa e andrebbe analizzata su un piano conoscitivo più elevato. La fine della nazione, la fine dello Stato, la disintegrazione dell’unità italiana, non sono categorie meta-storiche, astratte, da affrontare sul piano emotivo, nei suoi risvolti più immediatamente irrazionali. Occorre esaminare questi eventi in un’ottica di lungo periodo, storicizzarli. Ad esempio, non accetto l’indeterminatezza dell’appello all’unità nazionale contro il leghismo. E’ un artificio retorico che ci riporta ad altre emergenze affrontate in passato nel nostro paese, per esempio nella lotta al terrorismo. Ogni volta ci siamo trovati di fronte a un surplus di emotività che poi ha provocato più guasti di quello che si pensi. Nello scontro con le organizzazioni terroristiche, ad esempio, avere creduto allora, che quei 500, 1.000 clandestini potessero essere un pericolo reale per la nostra democrazia, ha provocato conseguenze che non sono state terribili solo dal punto di vista legislativo e giudiziario, ma anche e soprattutto sul piano politico-sociale, perché il sistema politico per ricompattarsi e difendersi si è ritratto completamente dalla società civile, spalancando il buco nero degli anni Ottanta. Oggi sarebbe meglio non ripristinare quel meccanismo. Alcuni segnali, mi riferisco al discorso di insediamento di Violante alla Camera e a quello di Scalfaro, sul ritorno dei Savoia in Italia, sono preoccupanti. Non devi dire tu se è giunta l’ora di riconsiderare le motivazioni della generazione dei giovani di Salò, o se i Savoia devono rimettere piede in Italia. C’è una norma che è definita dalla Costituzione e non può essere il Presidente della Repubblica a prendere, su una cosa così delicata, una iniziativa personale. Non ci si può sostituire al Parlamento e all’assemblea costituente. Patria, identità nazionale, sono il risultato dell’azione di molteplici forze, di attori politici che sono cambiati man mano che venivano scandite le varie fasi della nostra storia unitaria. Non esiste una identità come stato biologico-naturale, data una volta per tutte. Al progetto di "fare gli italiani" nel corso del Novecento hanno lavorato lo Stato liberale, il partito nazionale fascista, i partiti di massa, in primis la Dc e il Pci. Ognuno di questi soggetti aveva il proprio progetto identitario, il proprio modello da proporre, l’uomo fascista, l’operaio torinese di Borgo S. Paolo, il buon padre di famiglia della tradizione cattolica, ecc. A questi soggetti istituzionali, che sono stati protagonisti fondamentali, si è poi aggiunto il mercato, e poi ancora la televisione e i mezzi di comunicazione di massa.
All’interno di questo lungo periodo, ci sono eventi scatenanti, che ti danno la possibilità di cogliere la questione dell’identità nazionale, quasi allo stato puro. Secondo me, questi eventi vanno letti dal basso all’alto. Dal punto di vista dello Stato e delle istituzioni, ad esempio, un vero e proprio caso di "morte della patria" si ha con le leggi razziali del ’38. Il fatto di aver e ...[continua]

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