Valerio Pocar, membro della Consulta di Bioetica, è docente di Sociologia del diritto e di Bioetica all’Università di Milano Bicocca.

La prima intervista che le abbiamo fatto su consenso informato e direttive anticipate risale a oltre dieci anni fa e lei già allora lamentava il ritardo del nostro paese in questa materia. Ora è in discussione il disegno di legge Calabrò, cosa dobbiamo aspettarci?
Davanti al ddl Calabrò mi viene da dire che davvero è meglio nessuna legge piuttosto che una cattiva legge. Tanto più che, in fondo, si stavano creando le condizioni per una soluzione di tipo giurisprudenziale.
In molte materie la giurisprudenza infatti, una volta interpellata, ha saputo dare delle risposte equilibrate. Il testamento biologico, poi, è un principio che già fa parte del nostro ordinamento in forza della convenzione di Oviedo, inoltre i codici deontologici medici e infermieristici lo riconoscono e suggeriscono di tener conto delle direttive anticipate. Insomma, tutta la discussione sembrava incentrata su come confezionare il documento.
Il risultato finale rischia invece di essere un provvedimento discriminatorio e non libertario. Il fatto di escludere alcuni trattamenti sanitari facendo passare l’idea che la nutrizione artificiale sia la minestrina ai vecchietti che hanno bisogno di essere imboccati, è tanto incomprensibile quanto scandaloso. E’ l’ennesima prova della natura estemporanea di questo provvedimento perché è chiaro il riferimento all’alimentazione artificiale di Eluana Englaro.
Ma la cosa più grave è che questo ddl, se resta fermo all’attuale formulazione, mette in atto una vera e propria prevaricazione, perché colpisce i soggetti deboli, gli unici che possono essere controllati. I soggetti forti, cioè il malato capace, possono infatti ribellarsi alla nutrizione artificiale.
Questi soggetti, invece, sono nella condizione di poter essere tenuti in vita, anche contro la loro volontà, e così ci si accanisce contro di loro. La cosa, devo dire, è particolarmente fastidiosa, anche sotto un altro profilo. Qui ragiono da persona che ha avuto una formazione giuridica, che fa di mestiere il sociologo del diritto e che è consapevole che nel diritto ci sono molte ombre. Tuttavia il diritto una luce ce l’ha, e gli deve essere riconosciuta. E’ forse l’unico strumento che abbiamo per sostenere i più deboli contro i più forti.
E’ questa la sua missione nobile.
Bene, quando il diritto viene invece utilizzato per aumentare le distanze, e quindi per opprimere i soggetti più deboli, questa è una cosa che mi fa ribellare e mi indigna. E’ un po’ come è avvenuto con la legge sulla fecondazione assistita, che va a colpire non i soggetti forti, che possono andare all’estero, o semplicemente, essendo sani, possono procreare quanto e come vogliono, ma i soggetti più deboli e sfortunati. Perché una donna sana, indipendentemente dalla sua condizione sociale e giuridica, indipendentemente dal suo status, può avere tutti i figli che vuole.
Questi provvedimenti svelano poi una prospettiva sessuofobica, antifemminile, fondata sul dominio del corpo femminile.
Tornando al ddl, ci sono buone probabilità che passi, ora vedremo le modifiche, ma purtroppo le maggioranze ci sono. D’altra parte, quando anche l’opposizione, invece di assumere una posizione pulita, chiara, si frantuma, tergiversa, e prima ancora che contrattare una soluzione con la maggioranza, deve contrattare una soluzione al suo interno, è chiaro che non si va lontano.
Tutto questo è sconcertante per una ragione, perché la mia sensazione è che la gran parte di maggioranza e opposizione non sia veramente interessata e che semplicemente, o per calcolo politico, o per pura e semplice pavidità, subisca il ricatto clericale. Il che non fa onore, perché io posso capire che il clero faccia il suo mestiere, ma è francamente fastidioso che i rappresentanti del popolo si genuflettano con tanta prontezza, che siano così incapaci di esprimere le loro posizioni, e tanto meno di farle valere.
Come nel caso di Terry Schiavo, anche questa volta c’è stato un gran discutere su chi facesse davvero “il bene” di Eluana Englaro, il padre o le suore di Lecco...
A questo proposito bisogna proprio eliminare un grande equivoco. Si usa spesso, nel dibattito bioetico, porre in contrapposizione il principio di autonomia col principio di beneficenza o di non maleficenza. Si tratta, in realtà, di due criteri complementari, perché è evidente che il primo bene c ...[continua]

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