Dunja, 35 anni, rumena, vive in Italia da diversi anni, lavora in una fabbrica metalmeccanica.

Il mio paese, in Romania, si chiama Tulcea e si trova sul delta del Danubio, vicino al Mar Nero.
Sono quasi cinque anni che non vado a casa, e non solo per i soldi. Durante le ferie in genere lavoro e poi il viaggio è lungo: una volta arrivata a Bucarest devo viaggiare quasi un giorno col pullman o col treno.
La mia è una famiglia di contadini, abbiamo sempre fatto molta fatica a tirare avanti, noi eravamo tre figlie; le mie due sorelle sono sposate; io ho 35 anni, la più piccola, che ha 32 anni e due bambini, l’estate scorsa è venuta in Italia anche lei per fare la badante, in casa avevano bisogno di soldi e lo stipendio di mio cognato non bastava. Pensava di restare tre mesi, ma è ancora qua, tornerà a casa in aprile. Comunque, anche lei, ora, si è resa conto che la vita per me, in Italia, è stata molto dura.
Dai 14 ai 18 anni sono stata in collegio, perché la scuola che avevo scelto, un istituto industriale-professionale, era troppo lontana dal mio paese. Parlo degli anni dal 1986 al 1990, quando c’era ancora il regime di Ceausescu. La vita in collegio era durissima: andavo a casa solo a Natale e alla fine dell’anno scolastico. Dopo la scuola ho trovato posto in una fabbrica rumena di abbigliamento, che lavorava soprattutto per ditte tedesche. Una famiglia che conoscevo era emigrata in Italia da alcuni anni; loro sapevano che in Romania mi trovavo in difficoltà e mi chiesero se fossi interessata a trasferirmi anch’io, nel caso fosse capitata un’occasione di lavoro. Non ho accettato subito, ma alla fine ho deciso di provare, pensavo di fermarmi per un po’ e poi tornare a casa con i soldi. Il mio sogno era prendermi un appartamentino; lì ero in affitto, il mio stipendio non bastava, mi spostavo continuamente da una casa all’altra, cercavo sempre dei lavori extra per arrivare alla fine del mese; negli anni ‘90 guadagnavo pochissimo, forse l’equivalente di 50 euro al mese.

Da quando ho cominciato a pensare di venire in Italia, era il 1996, a quando sono partita sono passati due anni. I miei erano contrari, ma io non ce la facevo a mantenermi da sola, loro non potevano aiutarmi, quindi... Le mie amiche, invece, erano contente per me, avrebbero voluto essere al mio posto... Così sono partita e dopo un viaggio in pullman di un giorno e mezzo sono arrivata a Bologna: alla stazione degli autobus non c’era nessuno che mi aspettava, non avevo una lira, solo qualche dollaro, era sabato pomeriggio, non parlavo italiano, non trovavo nessuno che parlasse un po’ di inglese, non riuscivo neanche a contattare i miei amici per telefono. Insomma, alla sera ero ancora lì, disperata, piangevo. Ho deciso di prendere un taxi da Bologna a Forlì, il tassista capiva l’inglese ed era riuscito a parlare con i miei amici al telefono. Ho speso 150.000 lire. Dopo due giorni lavoravo come badante.
Inizialmente, in Italia, accettavo qualsiasi tipo di lavoro, proprio perché pensavo di non rimanere a lungo e cercavo di guadagnare il più possibile. Ho fatto la badante, la donna delle pulizie ( lo faccio ancora adesso, per arrotondare, il sabato e la domenica, se mi chiamano). Avevo ancora il problema dell’affitto, pagavo 370 euro ed ero da sola.
Per un po’ ho condiviso una stanza con un’altra ragazza in un appartamento piccolissimo e spendevo 250 euro. Quando sono stata assunta in fabbrica, dato che lavoravo a 10 km da casa, ho dovuto comperare uno scooter e tre anni fa ho comperato una macchina: c’erano le rate da pagare e a quel punto non era più così semplice tornare indietro. Cominciavo a sentirmi distaccata dalla mentalità e dalla cultura del mio paese, sapevo che quelli che erano tornati in Romania dopo aver lavorato all’estero erano pentiti. A dire la verità, due anni fa sono stata tentata dall’idea di tornare, mi sono interessata sulla possibilità di trovare lavoro, ma non ho visto prospettive concrete, mi è stato detto che la situazione era troppo difficile e avrei dovuto iniziare da capo ancora una volta.
Così ho deciso di restare definitivamente e, visto che era difficile trovare un affitto normale e avevo continuamente il problema della casa, ad un certo punto, un anno e mezzo fa, ho deciso di comperare un piccolo appartamento, solo 32 metri quadri, ma sono molto orgogliosa, perché è mio e nessuno mi potrà più dire: adesso vai via, mi serve la casa. Spero solo di poter continuare a pagare il mutuo, 700 euro al ...[continua]

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