Simon Levis Sullam, storico, ricercatore al Dipartimento di Studi italiani dell’Università di California, Berkeley, ha curato di recente, con Marina Cattaruzza, Marcello Flores ed Enzo Traverso, l’opera Storia della Shoah. La crisi dell’Europa, lo sterminio degli ebrei e la memoria del XX secolo.

Qual è oggi la portata del fenomeno dell’antisemitismo?
Non possono mai essere trascurati fenomeni di risorgente antisemitismo: dagli striscioni negli stadi ad episodi violenti come si sono avuti anche di recente in Francia e talora in Germania. In generale, in tutta Europa, l’antisemitismo non è stato cancellato dalla Shoah, sebbene sia stato fortemente ridotto, decisamente circoscritto. Non mi pare quindi vi sia oggi in Europa un’emergenza antisemitismo. Tuttavia negli ultimi venti, venticinque anni è stata spesso la questione mediorientale ad accendere gli animi, in cui gli ebrei sono percepiti -a torto o a ragione- come profondamente implicati, se non protagonisti. Quella vicenda provoca continuamente, sul piano politico, simbolico e culturale, reazioni molto forti, in cui talora possono entrare in gioco anche pregiudizi antiebraici. Detto questo, per quanto mi riguarda, respingo totalmente l’equazione: critica a Israele uguale antisemitismo. Credo esista da parte ebraica (per motivi comprensibili) una sorta di ossessione per l’antisemitismo; e che esista anche un uso politico ebraico dell’accusa di antisemitismo. In sostanza, alle critiche nei confronti di Israele, le comunità ebraiche molto spesso rispondono strumentalizzando questa accusa.
E’ necessaria tuttavia una precisazione. Non è vero che l’intera comunità ebraica sia schierata, sempre e comunque, a fianco di Israele. All’interno di quella italiana (che conosco meglio) esistono posizioni differenziate. In Italia, tra l’altro, gli ebrei hanno sempre più o meno rispecchiato gli orientamenti politici della maggioranza della popolazione, pur essendo un gruppo piccolissimo (30 mila persone su una popolazione di 60 milioni di abitanti). Per cui, anche rispetto a Israele, non si può dire che esista una posizione univoca. Esiste certo un forte attaccamento di natura culturale, spirituale per alcuni, e forse anche psicologica, che porta a prendere le difese di Israele, purtroppo spesso anche a torto.
Vanno però nettamente distinte la critica a Israele -critica politica legittima- e il pregiudizio antiebraico. Come questa distinzione possa essere fatta, non è facile dirlo. A mio avviso, quando la critica a Israele avviene con argomenti retorici, politici o ideologici che appartengono alla tradizione antiebraica, quando cioè si sente dire (ad esempio) che lo Stato ebraico è il frutto di una “cospirazione mondiale”, della “massoneria”, della “plutocrazia”, ecc. è evidente che c’è un pregiudizio antisemita.
Quando invece si critica Israele, ad esempio in quanto potenza appartenente alla tradizione coloniale europea, siamo di fronte ad argomenti che si rifanno a una critica teorica e politica dell’imperialismo, che si può accettare o meno, ma che non è possibile etichettare tout court come antisemita. Insomma, ci sono argomenti, tradizioni e teorie politiche che possono essere discusse nel merito, ma che non possono essere liquidate invocando la tradizione antiebraica. Naturalmente, spesso ci troviamo su un terreno scivoloso, perché è difficile verificare la buona fede di chi esercita queste critiche. Comunque sono dell’idea che, nel momento in cui viene espressa nell’arena pubblica una critica politica, questa vada presa seriamente e discussa per quello che è, prima di identificarla con l’antisemitismo.
Cosa diversa ancora è la critica al sionismo, ovvero al progetto politico e culturale a favore dell’esistenza di uno Stato ebraico -è solo in questo caso che, strettamente parlando, si dovrebbe usare il termine antisionismo- una critica spesso avanzata senza alcuna consapevolezza di questa lunga e complessa tradizione politica. Nella vicenda sionista ci sono infatti correnti politiche e matrici ideologiche molto diverse, che vanno dall’estrema sinistra all’estrema destra. La critica al sionismo, tuttavia, nel dibattito politico, nella maggior parte dei casi si esaurisce in slogan superficiali: sionismo uguale imperialismo, sionismo uguale razzismo...
Il sionismo tuttavia è un movimento politico nazionalista nato nell’Europa dell’Est, e nel mondo tedesco, con una genesi simile a quella di tanti altri…
E’ vero, il sionismo è un movimento naziona ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!