Le classi scolastiche sono come gli iceberg: la parte sommersa è di gran lunga più grande e più decisiva per l’equilibrio del tutto, di quella visibile.
Anche la classe più tranquilla, mentre appare pendere dalla bocca del professore, novanta su cento dirige i suoi pensieri, o almeno una parte di essi, in tutt’altra direzione. La parte sommersa della classe, che è costituita dalla rete dei rapporti orizzontali tra i suoi componenti, nasconde spesso sofferenze impensabili, a volte veri e propri drammi. In Giappone il numero di suicidi tra gli studenti, provocati dalle dinamiche persecutorie vigenti nelle classi scolastiche, ha raggiunto un livello tale da richiedere appositi convegni di studio. In un mondo di figli unici o quasi, in città dove la vita libera dei coetanei non ha spazi e tempi in cui svolgersi, la classe scolastica è rimasta per molti ragazzi l’unico luogo in cui scaricare frustrazioni e aggressività a danno dei propri compagni. Che fare? Questa intervista mostra come due ragazze, trovando per la prima volta il coraggio di parlarne, riescano pian piano a far luce su questo mondo sommerso.

Qual è la vostra esperienza di ragazze in una classe di istituto tecnico prevalentemente maschile?
Anna. Una volta il preside ci disse che nella scuola le ragazze danno un sostegno ai ragazzi, limitano il loro comportamento, come se la nostra presenza, li tenesse a freno, ma per nostra esperienza questo non è accaduto, anzi i maschi ci hanno trattato sempre non avendo rispetto. Per esempio, riguardo al sesso è una loro ossessione, ma le volgarità che ci possono dire o fare... è vergognoso...
Susy. Ci vengono a raccontare cosa fanno con le ragazze, oppure mostrano i propri organi (tramite il jeans, non che li espongano)...
Anna. E’ un imbarazzo tremendo, perché a volte ci domandiamo se siamo noi col nostro comportamento che li spingiamo a fare certe cose, ma poi oltre a questo non hanno proprio rispetto di noi, se proponiamo di fare qualcosa subito ti assaltano. Come per la festa di San Valentino: avevamo organizzato di andare a ballare tutti quanti insieme, quando siamo arrivati sotto scuola non volevano più andare, e allora io ho deciso di entrare... Quando sono entrata, e che è successo! Io lo sapevo che avrei sentito certi commenti, però quello che hanno detto è esagerato!
Questo è il loro comportamento normale con le ragazze?
Anna. No, è questo che mi fa rabbia: a volte capita di incontrarli fuori da scuola e hanno un comportamento completamente diverso, ti chiedono come stai, come non stai, poi quando entrano in classe sono un’altra persona.
Susy. Secondo me il problema è che quando stanno in gruppo ognuno vuole mostrarsi diverso da quello che è, allora credono che dicendoci quelle cose diventano grandi, diventano eroi... Però la cosa più triste è che oltre al rispetto non ci prendono proprio in considerazione... vedo che man mano che passa il tempo lo fanno sempre di più... Poi non possiamo metterci una maglietta diversa, dobbiamo portare sempre le cose lunghe che ci coprono il sedere, che non mettono in mostra le nostre forme, perché altrimenti è terribile, fanno delle mosse strane... veramente sembra di non stare in una classe...
Anna. Noi adesso ci siamo abituate; ogni giorno ci aspettiamo sempre qualcosa di nuovo, è brutto perché hai sempre quell’ansia addosso... perché poi davanti agli insegnanti...
Lo fanno anche in presenza degli insegnanti?
Susy. Agli insegnanti che sono più forti, che li trattano con severità, queste cose non le dicono, appena vedono un insegnante debole, subito lo dicono, per metterci in imbarazzo, perché comunque l’insegnante non dice niente. Solo una volta è capitato a lei col professore di Automazione...
Anna. ...già, fu straziante…, dall’imbarazzo e dall’impotenza, sì perché ti senti impotente, scoppiai a piangere e nonostante avessi pianto continuarono, anzi criticavano il fatto che io avessi pianto, dicevano che era per mettermi in mostra...
E il professore?
Anna. Il professore mi accompagnò fuori e tentò di confortarmi, poi quando entrammo in classe gli fece la ramanzina, però... che li vuoi fermare?
Susy. Io rimasi in classe quando lei andò fuori con il professore, io li vedevo orgogliosi per quello che avevano fatto perché secondo loro c’erano riusciti a farla piangere, quindi si sentivano importanti, erano arrivati proprio al loro scopo.
Quante ragazze siete in classe?
Susy. Quattro, ma con noi due è tremendo...
Anna. La differenza è ch ...[continua]

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