Nazzarena Zorzella, avvocato amministrativista di Bologna, fa parte dell’Associazione nazionale Studi Giuridici sull’immigrazione.

Che giudizio dai del decreto sugli immigrati?
Pessimo al punto che, secondo me, non è neppure emendabile, va eliminato completamente. Per tante considerazioni, ma in primo luogo perché il decreto parla quasi esclusivamente di espulsioni. Rispetto alle altre due leggi sugli stranieri presenti nell’ordinamento italiano, quella dell’86 sul mercato del lavoro e la legge Martelli, si fa un passo indietro, perché di nuovo gli stranieri vengono considerati esclusivamente un problema di ordine pubblico. D’altra parte cosa ci si poteva aspettare da un decreto che è il risultato di calcoli soprattutto politici? Abbiamo assistito a una campagna di stampa pazzesca, imperniata su un unico concetto: gli stranieri sono delinquenti, spacciatori e violentatori e vanno cacciati. Infatti il decreto, a parte due articoli sulla sanatoria, uno sul ricongiungimento familiare e uno sull’assistenza sanitaria e sul lavoro stagionale -che temo, però, restino lettera morta- tratta solo dei sette o otto tipi di espulsione possibile. Tutto ciò non può avere altro intento che quello di tenere sospesa sulla testa degli stranieri una minaccia continua di espulsione e di lanciare il messaggio che gli stranieri sono un problema di ordine pubblico e come tali vanno tenuti sotto controllo. Ciò serve a rassicurare l’opinione pubblica italiana sul fatto che lo Stato è forte e in grado di difenderla. E’ veramente triste che un simile decreto sia stato avallato da forze di sinistra, come il Pds, che, d’altra parte, avevano mostrato già sul piano sociale un totale disinteresse rispetto ai problemi legati all’immigrazione.
Qual è la cosa più brutta di questo decreto?
Anche se presumibilmente non avrà effetti pratici, il decreto prevede delle strutture ad hoc in cui tenere gli stranieri in attesa di espulsione. Questo perché una delle critiche alla legge Martelli era stata che non consentiva di eseguire effettivamente le espulsioni. Ora, invece, quando il questore, nel caso dell’espulsione amministrativa, avrà bisogno di tempo per dare un’identità o fare delle ricerche perché l’immigrato espulso non ha esibito il passaporto o ha tentato di sottrarsi all’espulsione -il che, fra l’altro, ora costituisce reato- questi dovrà essere collocato in strutture dalle quali non può allontanarsi pena l’arresto. Le stesse strutture sono previste anche nel caso dell’espulsione -che avviene su disposizione del Pretore in seguito ad una segnalazione del Questore al P.M.- allo scopo di prevenire l’eventuale commissione di reati. Leggo: “Quando occorre procedere ad accertamenti supplementari in ordine a identità o nazionalità della persona da espellere, ovvero per acquisire documenti, ovvero nei casi in cui vi sia il pericolo che la persona si sottragga all’esecuzione del provvedimento -per cui, in questo modo, si ricomprendono tutte le altre ipotesi di espulsione- l’autorità giudiziaria dispone la misura dell’obbligo di dimora per il tempo necessario, comunque non oltre i 30 giorni. Prescrive all’interessato di non allontanarsi dall’edificio o dalla struttura indicati nel provvedimento e scelti fra quelli individuati da un decreto del Ministero degli Interni”. Ora, come si possono chiamare queste strutture? Io li chiamo campi di concentramento. Naturalmente, come ho già detto, con ogni probabilità non se ne farà niente, perché non ci saranno mai i soldi per strutture che necessitano di personale di sorveglianza -polizia? Guardie giurate?- e di personale per la cucina e il resto. Se prima non si avevano i soldi per portare il singolo straniero alla frontiera o imbarcarlo su un aereo, immaginiamoci!
L’intervento dei giudici è negativo?
No. L’intervento dei giudici, nell’affrontare il tema immigrazione, in sé è positivo. La disciplina precedente sull’espulsione noi l’abbiamo criticata moltissimo perché sembrava di esclusiva competenza del prefetto, sia nei casi in cui c’era una sentenza definitiva che come misura di prevenzione. Quest’anno due sentenze della Corte Costituzionale ricollocavano nell’ambito dei poteri della magistratura l’espulsione a seguito di condanna. Il decreto non fa che recepire ciò che aveva già stabilito la Corte Costituzionale: l’espulsione come misura di sicurezza a seguito di condanna deve essere disposta dal giudice e non dal prefetto. Alla fine della pena il magistrato di sorveglianza può revoc ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!