Heinrich Grandi è presidente della Ctm, Cooperazione Terzo Mondo, impegnata nel commercio equo e solidale. Partecipa all’intervista, Nicoletta Arena, del settore informazioni Ctm.

Potete spiegarci innanzitutto cosa fate come cooperativa?
Heinrich. Siamo una cooperativa senza fini di lucro che importa prodotti dal sud del mondo per rivenderli qui, con il fine solidaristico di sostenere progetti di autosviluppo nel sud del mondo. Il nostro non è un intervento di aiuto, non è un intervento di emergenza; anche quelli, beninteso, hanno la loro dignità, ma noi facciamo un’altra cosa. Noi, attraverso un’operazione commerciale (comprare e vendere prodotti), cerchiamo di sostenere lo sviluppo integrato di piccole comunità, di comunità di base. Cerchiamo, fin dove è possibile, di arrivare ai gradini più bassi della piramide. Non agli “ultimi” forse, perché abbiamo bisogno di un prodotto per entrare in relazione e spesso gli “ultimi” non producono nulla per tutta una serie di motivi. Ma possiamo dire di arrivare a quelli che, nel sud del mondo, sono ai penultimi gradini della piramide sociale.
Nel nostro commercio ci atteniamo quindi ad alcuni obiettivi dettati dal fine solidaristico che ci ispira. Prima di tutto, lavorare con partner commerciali che, possibilmente, siano gruppi organizzati, comunità, cooperative, associazioni. Produttori, cioè, che si organizzano per cercare di prendere in mano il loro destino e di lavorare per il bene comune, senza lucrare uno sull’altro, ponendosi invece l’obiettivo di reinvestire i profitti per interventi strutturali. Questo almeno nell’aspirazione, e anche se abbiamo smesso da tempo di illuderci che nel Terzo Mondo tutti quanti siano buoni, dobbiamo dire che troviamo molti gruppi che vogliono andare in quel senso. D’altra parte, che anche i nostri partners non abbiano fini di lucro per noi è importante perché non avrebbe molto senso impegnarsi per creare qualche isola felice in mezzo a un mare di miseria.
Il secondo aspetto è che queste organizzazioni autogestiscano il loro sviluppo. Siccome loro stessi hanno tradizioni, hanno esperienze, sanno cosa serve, devono assumersi le loro responsabilità nella progettazione stessa.
Quali sono le modalità che usate per rendere concreto e operativo un tale fine solidaristico?
Heinrich. La nostra modalità principale è quella del rapporto diretto, scavalcando tutte le fasi della catena commerciale, della catena del prodotto: i giochi di borsa, le intermediazioni fra esportatori ed importatori. Questo ci permette di determinare un prezzo che garantisce al produttore sia il minimo per sopravvivere sia quel qualcosa in più per investimenti a medio e lungo termine, e a noi, nello stesso tempo, di non allontanarci dal mercato.
Un’altra modalità che ci diamo, inevitabile per noi, è quella di costruire un rapporto il più possibile continuativo, che non può essere determinato da convenienza: “compro da te perché oggi mi conviene, ma se domani mi conviene andrò da un altro”. Noi col produttore facciamo un patto a medio o lungo termine, cerchiamo di fare piani insieme, loro programmando la produzione e noi tentando di programmare il mercato.
Infine, c’è un ultimo aspetto che è quello che noi chiamiamo del “pre-finanziamento”. Nel commercio il momento del pagamento è un momento chiave: quando paghi, come paghi. Noi paghiamo in anticipo, al momento dell’ordine, fino al 50% della merce ordinata, perché i produttori a cui ci rivolgiamo non hanno risorse proprie e non hanno accesso a crediti.
Lo sappiamo, l’indebitamento, il credito sono uno dei grandi problemi del sud del mondo. Fior di scienziati ne dibattono ma tutti sono concordi nel prevedere che il problema prima o poi scoppierà. Perché il Brasile taglia la foresta amazzonica? Non avendo risorse per ripagare il debito usa il legno pregiato per avere i soldi per pagare gli interessi. E’ un circolo vizioso diabolico. Noi sicuramente non risolveremo il problema della foresta amazzonica, ma nel nostro piccolo cerchiamo di andare in controtendenza, di tracciare concretamente delle vie di uscita.
Ora voi dovete anche rivendere qui i prodotti. Se il rapporto diretto, saltando le mediazioni, vi aiuta, il vincolo del rapporto continuativo con lo stesso produttore mi sembra che vi possa creare dei grandi problemi. Come fate?
Nicoletta. Non c’è dubbio. Quando il the o un certo tipo di artigianato per qualche motivo finisce, noi non andiamo nella piantagione accanto, e così nel nostro ...[continua]

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