“Il primo buco non si scorda mai” fa pensare che poi venga il brutto; tu invece capovolgi il tutto: finché non si prova il dolore…
Per ritenere di aver fatto un’esperienza con l’eroina bisogna averla fatta abbastanza a lungo, non è sufficiente avere sniffato. L’esperienza della tossicomania va fatta fino al dolore; ecco perché si parla dell’eroina come di un inferno, del dolore dell’astinenza. Il tossicomane prova piacere quando si toglie il dolore: la morfina e l’eroina sono state scoperte e usate dalla medicina per conseguire una vittoria sul dolore. E’ per questo che chi poi usa l’eroina per il piacere raggiunge la conoscenza di questo viaggio quando si trova in una situazione di dolore, cioè in astinenza. Qualunque tossico ti può dire di aver provato il piacere maggiore, di “essersi fatto le più belle pere”, dopo un’astinenza. Quando si è in astinenza ti senti completamente fuori dal mondo, il più escluso di tutti, stai male; l’unica cosa che ti interessa è “farti”, e da quel momento vivi il passaggio da un mondo ad un altro: prima odi tutti, dopo diventi narcisi-sta, ti guardi allo specchio, ti fai la barba, ti lavi, incontri la gente e la sommergi di parole, ami tutti. Chi c’è dentro sa che finché non sei arrivato a questo punto, non conosci profondamente l’eroina. Farsi uno schizzo o uno sniffo non significa niente. Sarebbe come se uno si dicesse marinaio per aver fatto una volta un giro in moscone. O aver navigato senza aver mai trovato il mare mosso.
Tu sei stato il primo a Forlì a conoscere l’eroina, a quel tempo il mercato era soprattutto casalingo, l’eroina ce l’avevano quelli che tornavano dall’Oriente…
Certamente sono stato fra i primi. Probabilmente c’era già stato qualcuno al tempo di guerra. Negli anni ‘50 molta gente che aveva subìto ferite in guerra ed era stata abituata dai medici ad attenuare il dolore con la morfina, era di fatto diventata tossicomane. Ma quella era una condizione diversa dalla tossicomania degli anni ‘60 e ‘70, quando ci si avvicinava all’eroina pur stando benissimo, evidentemente soltanto per il bisogno di un’esperienza, di una conoscenza in più.
La nostra allora era una posizione di ricerca, di una conoscenza, una posizione di sperimentazione, come del medico che vuole sperimentare su se stesso.
La prima volta in assoluto mi sono fatto in India: arrivai in Afghanistan con un amico e cominciammo subito col mangiare l’oppio. Avevamo con noi anche delle pastiglie di morfina tritata da sniffare. Poi sentimmo dagli altri, che già si facevano in vena, che c’era il “flash”, che era diverso e molto più bello; così cominciammo con le endovenose.
In ogni caso, per dirla con Burroughs, che è un profondo conoscitore di queste storie: ovunque te la infili non cambia niente, produci lo stesso effetto. Uno può anche considerarsi meno tossico se la usa per via rettale, o la sniffa, o se la mangia, ma non cambia niente…
Eravamo a livelli decisamente sperimentali. Ai piccoli gruppi, per lo più sconosciuti. Non eravamo certo ai livelli di massa di oggi. Poi, come succede ai tossici, c’è stato il tentativo di coinvolgere gli altri, di fare dei proseliti. A quei tempi noi eravamo come dei Messia della droga, dei propagandatori.
Era il periodo “alternativo”…
Oggi io ho dei problemi a consigliare a uno di 20 anni se provare o no questo o un altro tipo di droga. Ma in ogni caso, la distinzione fra droghe leggere e droghe pesanti è abbastanza fittizia e posta in modo sbagliato: oggi viviamo in una società di alcolisti e di alcolizzati in cui l’alcool può essere benissimo considerato una droga molto pesante, più pesante anche dell’eroina. Ho visto alcuni miei amici alcolizzati ridotti da fare pietà.
La rivista “Re Nudo” allora usciva col sottotitolo “Re nudo: il potere nasce dall’erba e dal fucile”…
Ogni cultura santifica la sua droga: nella nostra cultura il vino diventa sacro, fin dal momento in cui il prete dice Messa, eppure si tratta di alcool. Nei paesi musulmani l’uso dell’alcool viene condannato, persino con la pena di morte. In India, invece, gli Indù considerano la marjuana una pianta sacra a Shiva e i “sadù” (che sarebbero i nostri preti) la fumano normalmente. Nel buddismo l’oppio viene usato per ringraziare Buddha. Fra i Maya e gli Inca, la coca era la pianta sacra a Quetzacoatl, il serpente piumato. In ogni cultura c’è la santificazione di una pianta. Dobbiamo rivedere il nostro rapporto con le piante: evidentemente le piante che ci danno cibo e ossigeno s ...[continua]

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