Cari amici,
un allenatore sportivo, appena l’altro giorno, chiede a un suo cliente: "Pensi che finiremo come il Tibet?”. Uno studente che conosco, invece, lo afferma senza esitazione: "Stiamo diventando il Tibet”. La relazione fra Hong Kong -sette milioni di abitanti- e la Cina, a cui è stata consegnata nel 1997 dall’Inghilterra, che non si è preoccupata di chiedere ai cittadini cosa ne pensasse, sta andando sempre peggio. La città è divisa fra chi, membro dell’élite, con mentalità tipicamente coloniale cerca di piacere ai nuovi padroni, e chi invece cerca, un po’ disperatamente, di farsi sentire nel difendere le particolarità e la vivibilità di Hong Kong. Così, in modo del tutto inatteso, Hong Kong si è resa conto di quello che avviene in Tibet: è una novità. Qualche anno fa, parlare di Tibet non raccoglieva altro che uno sguardo un po’ assente, del tipo che si ha quando si viene giudicati come "i tipici stranieri” che si preoccupano di Tibet, di XInjiang, di altre cose che si magari sono anche terribili ma insomma, perché andare sempre a frugare nel negativo, quando la Cina sta facendo tanti progressi? A lungo, l’unica cosa che Hong Kong poteva vedere della Cina, oltre alle occasionali giornate in cui il vento portava l’inquinamento fin qui, era il fatto che l’economia cresceva in modo rapido, e che questo rendeva Hong Kong un hub del commercio. Oggi le tensioni sono esplosive, e visto che il governo, scelto per lo più fra i sostenitori di Pechino più miopi, non ha intenzione di occuparsene, non ho davvero idea di come si svilupperanno le cose. Quest’anno è stata decisa la "tolleranza zero” per le donne non residenti che vengono a partorire qui dalla Cina, per ottenere la cittadinanza per i loro figli e sfuggire alla politica del figlio unico, mettendo sugli ospedali una pressione insostenibile che fa sì che le madri locali si ritrovino a partorire al pronto soccorso. Ora, dunque, c’è chi denuncia sospette iscrizioni all’università -che, se approvate, garantiscono un permesso di residenza- da parte di donne incinte che non hanno intenzione di frequentare i corsi ma solo di sfuggire alla nuova regola. Intanto, i traders del latte in polvere, di cui vi ho già raccontato, si sono estesi ormai a metà città, e mi rendo conto che la mente umana può davvero essere un curioso oggetto: l’altro giorno, al supermercato, mentre faccio la coda alla cassa, vedo dei barattoli di latte in polvere e, pur non avendone nessun bisogno, per un secondo penso: oh, qui ce l’hanno, forse dovrei prenderne. Puro effetto scarsità.
Ma nel Distretto Settentrionale, la fetta di Hong Kong che confina con la Cina, da un giorno all’altro (ovvero, da quando il governo ha deciso di garantire ai residenti di Shenzhen il permesso di venire a Hong Kong senza visto tante volte quante le desiderano) ecco che le scuole hanno ricevuto 5700 nuove iscrizioni per le elementari. Ovvio: i genitori cinesi preferiscono dare ai figli migliori opportunità, e li vogliono iscrivere nelle scuole locali, migliori e quasi del tutto prive di propaganda. Il risultato è che, buttandosi sulle scuole a corpo morto il giorno in cui erano aperte le iscrizioni, i genitori cinesi hanno occupato tutti i posti disponibili, e i bambini locali non sanno dove andare. L’altra sera chiacchieravo con un ragazzo di Zhengzhou, nella Cina del Sud, che raccontava come tutti i funzionari corrotti -che sono legioni- ora che hanno fatto i soldi rubando, chiedendo bustarelle, e facendo la cresta su ogni contratto, "hanno fatto i soldi, sì, ma ancora non sono sereni: se qualcosa cambiasse, sanno che la loro fortuna non è al sicuro, e quindi devono andare all’estero a metterla al sicuro”. All’estero, o a Hong Kong: due terzi delle nuove case qui sono acquistate da cinesi che le lasciano sfitte, e ci si ritrova con prezzi inabbordabili e nessuna casa disponibile (ma nessuno straniero può acquistare casa in Cina senza aver avuto un permesso di lavoro per un minimo di un anno nella città in cui vorrebbe acquistare). Il governo cosa fa? Decide di costruire di più e riportare altra terra dal mare, andando a colpire direttamente la vivibilità di questo territorio. Hong Kong si sente invasa: i turisti dalla Cina, che vengono a comprare prodotti di lusso, e che sono poi anche quelli che si comprano le case e il latte in polvere, sono stati 38 milioni lo scorso anno. Per una città che ha 7 milioni di abitanti. "Pensi che faremo la fine del Tibet?”.
Non c’è solo la presenza numerica che non si cura di dove sta andando e di quali sono le particolarità del luogo: c’è la propaganda, che ogni sera prima del telegiornale fa sì che ora ci sia l’inno cinese. Ci sono i cinesi che vengono a Hong Kong per unirsi alle manifestazioni pro-democrazia che vengono seguiti dalla polizia cinese ed arrestati. C’è il tentativo di introdurre l’educazione patriottica all’interno delle scuole, con dei testi che fanno paura perfino per gli standard cinesi -una tale quantità di balle e propaganda da far sembrare i commenti di Berlusconi su Mussolini roba da ridere. Ed ecco che Hong Kong guarda all’altipiano tibetano con occhi nuovi -di certo esagerando, ma questo la dice lunga lo stesso.
Ilaria Maria Sala