La Settimana Internazionale della Memoria è organizzata da Fondazione Alexander Langer, Tuzlanska Amica e Adopt Srebrenica. Per maggiori informazioni: www.alexanderlanger.it.

31 agosto 2012. Bolzano
Si parte. Destinazione Venezia Mestre, dove caricheremo il resto dei partecipanti. Il gruppo di Cesena lo conosco già perché a luglio, dopo la Marš Mira e la Commemorazione a Potočari, siamo andati da loro a fare il primo week-end di formazione residenziale. È un piacere ritrovare Marco, Domenico, Cristina e Bigio, i loro formatori, con cui a luglio dello scorso anno avevamo fatto il viaggio "Dosta !” (Risiera di San Sabba, Foibe, Jasenovac, Vukovar, Tuzla, Srebrenica, Sarajevo, Mostar, Bihać).

1 e 2 settembre. Mostar
È caldo, è come stare in un sacchetto di plastica: non entra l’aria, forse anche per la dinamica implosiva della città e della sua storia recente. A differenza di Sarajevo e Tuzla, risalta la differente direzione dei colpi sulle case: danno la dimensione della lacerazione interna, al tempo della guerra, e della mutilazione che Mostar vive tutt’ora.
Ci è stato chiesto un lavoro teatrale per l’incontro al Centro Giovanile di Mostar: dovrebbe essere una serata di scambio e di conoscenza. È un momento esplorativo, visto che si tratta del primo incontro tra di noi, ma si entra subito nelle tematiche "calde”. Il laboratorio di Evi e Christine riesce a coinvolgere tutti i presenti -una sessantina- nelle attività. Geoff e Pino ci regalano un momento musicale di alta qualità. Il brano "Nema Problema” (i cui proventi andranno ad Adopt Srebrenica), nato dal loro viaggio dello scorso anno, scatena tutti a fine serata. Tante domande poche risposte.
Ci sistemiamo sulle sedie, davanti a noi Tina, la giovane direttrice, e i suoi collaboratori del Centro Giovanile. Sento stanchezza nelle sue parole: sono così tanti anni che parlano di questi argomenti che ormai si avvitano negli stessi punti come i mulinelli insidiosi della Neretva.
Il giorno dopo la direttrice ci invita per il caffè  con gli operatori del centro culturale Abrašević. Come sempre le situazioni informali sono quelle che ti consentono di sbottonarti maggiormente e infatti l’incontro si rivela ricchissimo. Si entra nel merito delle rispettive percezioni sui nostri contesti multi-compositi. Frana, in tutta la sua scarsa solidità, la pretesa di alcuni dei nostri di essere terra plurale, abituata a gestire la convivenza. La risposta più bella sulla convivenza, arriva, come una tirata di orecchie, da uno dei più giovani operatori dell’Okc Abrašević: "Tutte le chiacchiere sulla convivenza non fanno che rafforzare la logica di chi ci ha convinti che gli altri sono diversi da noi e che era impossibile convivere. Convivere non vuol dire niente. Esiste solo vivere... insieme, tutto il resto è uno schifo”.
Lascio la Piana Bianca (Bijelo Polje) di Mostar con la sensazione di aver aperto una piccola finestra su una realtà molto interessante per il Sudtirolo (e non solo). Da approfondire assolutamente. A Mostar ci raggiungono i nostri compagni di viaggio bosniaci. Nemanja, serbo di Srebrenica e Darijan, un ragazzo cattolico (croato) di Tuzla.

3 e 4 settembre. Sarajevo
Inizia la Settimana Internazionale. Si comincia incontrando il Centro Giovanile di Vogošća, popoloso sobborgo di Sarajevo, nel quale sono confluiti parecchi profughi di Podrinje, la regione di Srebrenica. La serata prevede due workshop: Evi e Christine lavoreranno con un gruppo misto (italiani e bosniaci) sul rapporto tra individualità e gruppo (come esperimento per capire fino a che punto ci si possa spingere a Srebrenica, affrontando queste tematiche), mentre Armin e Chiara faranno una cosa più frontale sullo storytelling. La serata prosegue con Amir Misirlić, già giornalista di "Oslobođenje” durante la guerra, che aveva lanciato l’idea di fare un incontro aperto sul tema della libertà di espressione. "Ultimamente -racconta- sulla stampa bosniaca sono riapparsi i discorsi di odio. Verso la fine degli anni Ottanta, in Jugoslavia, venne tolto il divieto, previsto dalla costituzione federale, di usare determinati termini (ustaša, četnik, balija, ecc.) e di rivolgersi alle altre nazionalità in maniera offensiva e su questa ‘libertà di espressione’ è stata costruita la propaganda che ha creato i nemici e l’odio e che ha poi portato alla guerra. Dov’è il limite alla libertà di espressione?”.
La discussione è stata interessante, c’è stato un bellissimo scambio di opinion ...[continua]

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