Sarajevo, 10 aprile 1996

E’ pomeriggio tardi e sono ancora in ufficio. Fuori è una bella giornata di sole ed è caldo. Ogni giorno di più si respira un’aria di pace e Sarajevo assomiglia sempre più alla città che era prima della guerra. In ogni angolo aprono nuovi negozi. La maggior parte sono alimentari, forse perché per tutto il tempo della guerra non abbiamo fatto altro che pensare al cibo che mancava... Ma ho visto anche nuovi negozi di mobili, di piatti, di scarpe, anche se la qualità per ora non è delle migliori. Nel parco di fronte alla Presidenza ho visto fiori nuovi e sugli alberi ci sono già le prime foglie.
La Pasqua è stata meravigliosa. Si vedeva e si sentiva un’atmosfera di festa che da tempo non provavamo. E’ stata anche un’occasione per un bel concerto nella cattedrale. Fra una settimana ci sarà la Pasqua degli ortodossi e il 28 aprile ci sarà la festa mussulmana di Bairam. Ricordo sempre come queste erano occasioni di festa per tutti prima della guerra. Spero che succederà ancora.
Spero anche di vedervi presto, intanto voglio dirvi che quello che apprezziamo nella vostra iniziativa non sono solo i soldi, ma soprattutto l’amicizia che sta nascendo. Molte famiglie si sentono ora più al sicuro, almeno per un anno, e il loro atteggiamento nei confronti della vita è migliorato. Anche i bambini si sentono più felici, sono più sicuri di se stessi e orgogliosi di avere degli amici sconosciuti e lontani che presto conosceranno. Con tanto amore per tutti voi,
Kanita Fociak

Ajla è nata il 3 novembre 1991 a Sarajevo. E’ una bimba piccola e graziosa, e anche se ha lo stesso cognome, non è parente di Bojana: Hanno la stessa età, ma il destino di Ajla è più triste. Secondo un vecchio detto, tutte le persone felici sono felici allo stesso modo, ma ogni persona che soffre, soffre a modo suo. E qui a Sarajevo ad ogni angolo si può incontrare qualcuno che ha una storia triste. La piccola Ajla ha perso tutti e due i genitori. Suo padre è morto a Vukovar e la sua mamma è stata uccisa da un proiettile in testa, mentre cercava di scappare dal quartiere "Aerodromo" dove vivevano prima della guerra. Questo fu il primo massacro compiuto dai cetnici a Sarajevo diretto proprio a colpire le case e i civili. Era il 19 giugno 1992 e molte persone morirono. Ajla aveva sette mesi e si è salvata solo perchè in quel momento era in braccio a sua madre. Ora i nonni Adil ed Emina si occupano di lei, ma chissà fino a quando, non sono più giovani e la nonna ha subìto un intervento poco tempo fa. Ajla sembra una bambola, con i capelli biondi e gli occhi castani. Le piace cantare e va matta per le Barbies. Ha anche un "fidanzato" di nome Amar. Spero che non ricorderà e non capirà mai niente di quanto le è successo. Ha perso i genitori ed ora lei e i nonni sono profughi nella loro città, questo significa che non hanno potuto salvare neanche le cose e i ricordi di famiglia.

Almir è nato il 4 aprile 1990 a Sarajevo. Vive con sua madre Fatima, assistente dentista. Lei era sposata solo da tre anni, quando, il 12 settembre 1992, suo marito venne ucciso. Ha lottato e ha sacrificato tutto per la vita e la felicità del suo bambino. Doveva oltretutto cercare di non farsi vedere triste o nervosa. Sta cercando di superare le conseguenze della sindrome nervosa derivante dal trauma subìto. Non può dimenticare suo marito morto, il suo corpo fatto a pezzi dall’esplosione di una granata proprio di fronte alla loro casa. In quel momento loro erano sulla terrazza, e siccome la casa si trovava proprio sulla prima linea, era molto pericoloso stare lì. In seguito Fatima ha deciso di lasciare la casa dei suoceri, anche perchè sentiva che dopo la morte del marito, i genitori di lui non avevano molto piacere di averla vicino. Lei ha detto subito la verità ad Almir, che suo padre è morto e non tornerà mai più. Dopo questa spiegazione, Almir non ha più chiesto niente, ha accettato la verità. Trova consolazione e rifugio presso uno zio, fratello della mamma. E’ molto legato a lui e non parla mai del padre. Ad una signora, vicina di casa, che stava cominciando a piangere (e forse questo lo innervosiva), ha detto: "Cosa c’è da piangere? Questa è la guerra, accadono cose strane". E’ un bel bambino sano, un po’ timido, col viso tondo. Per riuscire a mantenere il suo bambino durante la guerra, Fatima vendeva le sigarette che riceveva al posto dello stipendio. Almir non va ancora a scuola, adora giocare con i modellini di automobile.

Benjami ...[continua]

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