Una Città232 / 2016
Luglio-Agosto


«Nelle pubbliche amministrazioni, e specie nelle Centrali, l’onestà è forse meno rara che nella media degli uomini. Ma per quel che riguarda la competenza, chi si intende di affari legali viene adibito all’igiene; chi è ingegnere va alla piscicoltura, ecc., ecc. Cosa ancora più incredibile: la stessa persona passa con facilità alla direzione dei più disparati uffici, come si di tutto sapesse e di tutto si intendesse. Se poi vi è uno che, per le sue qualità negative, risulti disadatto a un ufficio,
allora per allontanarlo dal suo posto lo si promuove… Alla burocrazia si applica alla perfezione
 un vecchio motto marchigiano, che si trova scritto sulle antiche maioliche:
"Chi po non vo - Chi vo non po. - Chi sa non fa. Chi fa non sa. - Così el mondo - Mal va”».
"L'Unità”, 20 luglio 1918


Più si resta fuori più è difficile tornarci
A che punto siamo con la crisi
Intervista a Bruno Anastasia

Siamo lavoro, non impresa
Sul lavoro autonomo
Intervista a Anna Soru

Se il lavoro cresce...
Di Gianpiero Dalla Zuanna

Il primo gesto, la mano sul cuore
Dall’Iran a Bolzano, una storia
Intervista a Mohsen Farsad

Intorno ai due anni
Sulla relazione mamma-bambino
Intervista a Nedda Papi

Detriti
Di Francesco Ciafaloni

I giganti dell’acqua
Sugli acquedotti romani
Intervista a Donato Cioli

Dal ’22 al ’43
Come si racconta il fascismo ai giovani
Intervista ad Alberto Cavaglion

Ambulatori e infermiere
Un medico italiano in Zimbabwe
Intervista a Luciano Nigro

La certezza della rieducazione
Di Gian Luca

L’assurdo
Il concetto di assurdo in Camus
Intervista a Stephen E. Bronner

Novecento poetico italiano/12
Terza puntata sulla poesia di Saba
Di Alfonso Berardinelli

Lettera dalla Macedonia. A passeggio per Skopje
Di Umberto Cini

Lettera dalla Cina. Cinesi a Kyoto
Di Ilaria Maria Sala

Lettera dall’Inghilterra. La domenica mattina...
Di Belona Greenwood

Lettera dal Marocco. Il villaggio
Di Emanuele Maspoli

Appunti di un mese

Perché sono europeo
Di Altiero Spinelli, 1958

La visita è alla tomba di Ibn Arabi

La gran parte dell’umanità si chiede perché. La copertina è dedicata a tutti i caduti del terrorismo islamista (nella foto, un ragazzo scrive coi gessetti sul muro della Borsa di Bruxelles dopo gli attentati del marzo scorso).

La discesa provocata dalla crisi è finita? Buno Anastasia risponde che sì, la riduzione dei livelli occupazionali si è interrotta e nel 2015 l’occupazione è aumentata, anche sicuramente per la decontribuzione, oltre che per il Jobs act, e forse, si spera, per la congiuntura; resta il fatto che mancano mezzo milione di occupati per tornare ai livelli pre-2008 e che non è affatto facile capire perché alcune imprese ce la fanno e altre no; Anastasia ci parla anche del preoccupante "successo” dei voucher e del dibattito attorno agli ammortizzatori.

In un futuro prossimo sempre più, nella nostra vita, svolgeremo sia lavori autonomi che lavori dipendenti. Anna Soru, dell’Associazione dei freelance, ci parla di come sta cambiando il profilo del lavoratore autonomo, tra istanze di indipendenza e cresente ricerca di tutele; Soru ci parla anche delle speranze riposte nello Statuto del lavoro autonomo, dove finalmente si prevede la possibilità, in caso di malattia grave, di sospendere il versamento dei contributi, e si pone fine al vincolo dell’astensione dal lavoro per accedere all’indennità di maternità, una battaglia di tante donne che il sindacato non ha capito.

Una storia che dà speranza. Mohsen Farsad ci racconta dell’infanzia in Iran ai tempi in cui le famiglie benestanti vivevano una vita agiata e poi dell’arrivo della Rivoluzione, che da un giorno all’altro cambia tutto, della guerra con l’Iraq e della decisione della famiglia di mandare lui e il fratello in Germania affinché non venissero arruolati come sminatori; di cosa significa sentirsi straniero, diverso, "figlio di terroristi”, ma anche dell’accoglienza ricevuta in Italia e poi della scoperta della vocazione della medicina e della scelta di quella specialità, Medicina nucleare, che per un iraniano...

Continuiamo il dibattito sull’idea di un museo sul fascismo e su come raccontare il fascismo e la resistenza a un giovane. Dopo le interviste a Mario Isnenghi, Giovanni Gozzini e Anna Foa, abbiamo interpellato Alberto Cavaglion, che ci parla di prevalente disinteresse generale per questi temi, in cui però si è fatto strada un approccio storiografico segno dei tempi, la metonimia, cioè il tentativo di raccontare la parte per descrivere il tutto, e così la resistenza è narrata solo attraverso quell’episodio oscuro oppure è "perfetta”; Cavaglion affronta anche il problema di un paese che non ha fatto i conti col passato.

"Per sviluppare la nostra azione dovevamo trovare in Europa, fra le macerie e le fiamme della guerra, anche solo un manipolo di uomini decisi a mettere da parte le vecchie divisioni nazionali e ideologiche e a fare della lotta per la federazione europea il compito centrale della loro azione politica. Non li conoscevamo ancora, ma dovevano ben esistere in qualche parte...”. Per il reprint, pubblichiamo la seconda parte di un testo di Altiero Spinelli, uscito su "Tempo Presente” nel gennaio del 1958.