Paolo Vineis insegna Statistica Medica all’Università di Torino, ha pubblicato, tra l’altro, Prima della Malattia, Marsilio 1997, e Nel crepuscolo della probabilità, Einaudi 1999.

Tu fai il perito in diversi processi per inquinamento…
E’ un incarico connesso al lavoro che svolgo abitualmente, ossia l’epidemiologo. Si tratta di capire se in un determinato contesto c’è un’esposizione umana a possibili agenti dannosi per la salute e, mediante ricerche più specifiche, verificare se esistono rapporti causali tra questi agenti inquinanti e i diversi tipi di malattia. Ad esempio, in un caso di cui mi sto occupando (i Pcb) esistono delle ricerche epidemiologiche che suggeriscono in maniera abbastanza evidente un nesso causale tra l’esposizione ai Pcb e il linfoma (un tumore maligno). In sede processuale si tratta di capire se in quel contesto specifico questo effetto si è verificato perché ciò implica delle responsabilità penali e civili.
Sei stato perito anche nel processo di Porto Marghera…
Il processo di Marghera è stato molto difficile e la conclusione dura da accettare. Ho percepito un clima di fortissima tensione, anche perché l’accusa era molto pesante: strage; inoltre c’era una fortissima aggressività della difesa.
La Montedison aveva scaricato per decenni tonnellate di materiali tossici nella laguna, dove per sostanze tossiche si intendono diossine, Pcb, arsenico, cromo, idrocarburi aromatici policiclici, solventi di vario tipo. In sostanza l’azienda considerava Marghera come un’area in cui si poteva fare di tutto; il modo ‘naturale’ per eliminare i rifiuti tossici era buttarli in laguna. Questo è un dato di fatto imprescindibile, però la sentenza è stata motivata dal fatto che a quei tempi -dagli anni ‘50 in poi- non esisteva una legislazione che impedisse questi comportamenti, ossia non ci sono prove che siano state violate norme di legge dell’epoca. Tuttavia, sarebbe bastato il buon senso per capire che non era lecito rovesciare tutte quelle sostanze tossiche nella laguna, anche se a quei tempi non si sapeva che fossero così tossiche. Quindi, anche solo per quanto riguarda la parte inerente i danni ambientali -quella di cui mi sono occupato- ho delle forti perplessità sul risultato del processo. Il fatto è che non è possibile dimostrare i danni causati dall’aver riversato queste sostanze nella laguna perché è molto difficile dimostrare il loro effetto sulla salute umana. Faccio un esempio: nella laguna c’erano colture illegali di mitili che pare venissero portati a Napoli. Ovviamente non si riesce -o è molto difficile- rintracciare il percorso di questi mitili e capire se hanno causato un danno.
Ma in termini di legge è necessario trovare un nesso causale forte?
No, è di per sé un reato violare una legge che stabilisce dei limiti di concentrazione delle sostanze. Però se si vuole dimostrare questo danno in ambito penale bisogna stabilire un nesso di causa-effetto.
Tuttavia, solo da pochi anni la giurisprudenza ha cominciato ad accettare l’idea che i nessi causali siano di tipo probabilistico; mi pare che il primo processo in cui è stato adottato questo approccio sia stato quello della diga di Stava. Allora, mentre per le intossicazioni acute, gli avvelenamenti ad alte dosi, ci sono vari sistemi per dimostrare il rapporto di causa-effetto, ad esempio i dosaggi nel sangue; per le esposizioni croniche a bassi livelli, ad esempio il fumo passivo o le esposizioni professionali, le sostanze si possono trovare solo con tecniche molto sofisticate, quindi è molto difficile stabilire un nesso a livello causale.
Tuttavia tra i lavoratori di Marghera si sono verificati sette casi di angiosarcoma del fegato (oltre a molti altri tumori del fegato) mentre, statisticamente, nella popolazione del Veneto, nella stessa fascia di età, l’incidenza di quel particolare tipo di tumore è tale per cui tra quei 1500 operai si sarebbe dovuto verificare meno di un caso, precisamente lo 0,1.
Quindi non si riesce a dimostrare che sia stato il cloruro di vinile a provocare questo tumore per ogni singolo individuo, però si riconosce il nesso a livello di popolazione, dal momento che si è verificato un eccesso di patologia. Questo poi è caratteristico di tutte le malattie croniche legate a bassi livelli di esposizione, dove per “bassi livelli” intendo quelli che non causano un’intossicazione acuta, un avvelenamento. A Marghera fino al 1974 i livelli di esposizione erano in realtà alti, ma non tali da ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!