Giampietro "Nico” Berti è stato docente di Storia dei partiti e dei movimenti politici presso l’Università di Padova. È uno dei massimi storici e interpreti del pensiero e del movimento anarchico, su cui, fra gli altri, ha scritto: Un’idea esagerata di libertà (Eleuthèra, 1994), Il pensiero anarchico dal Settecento al Novecento (Lacaita, 1998), Libertà senza rivoluzione (Lacaita, 2012), Contro la storia (Biblion, 2016).
 
Nel dibattito corrente, ma soprattutto nella cultura di sinistra, giustizia sociale e uguaglianza sono spesso usate come sinonimi, ma è veramente così?  
La giustizia sociale non è l’uguaglianza. L’idea di giustizia sociale appartiene al pensiero socialista e al pensiero progressista, che nell’Ottocento prendono l’idea di giustizia -tipica della tradizione occidentale, a partire dal lascito cristiano- e la applicano al campo sociale. La giustizia sociale, in questo senso, implica che si ritenga ingiusto che, per esempio, una persona non possa usufruire dell’intero prodotto del suo lavoro, oppure che alcune attività siano legate al censo o alla famiglia di nascita o, ancora, che in base alla casta o alla classe di appartenenza ci sia un diverso trattamento rispetto alla legge e così via. L’applicazione di questa concezione comporta il combattere certe disuguaglianze, certi privilegi, sia sociali che politici, ma questo modo di vedere non ha niente, o poco, a che fare con l’uguaglianza. L’uguaglianza è un’idea concomitante con quella di giustizia sociale, ma non è coincidente con questa, tant’è che sulla giustizia sociale, per dire, possono essere d’accordo anche i liberali, mentre non possono esserlo sull’uguaglianza, la quale è un’istanza posta soprattutto, nelle sue diverse declinazioni, dal pensiero socialista. Il problema fondamentale rimane dunque l’uguaglianza, che è un’idea di origine tipicamente illuministica e ha a che fare con una questione di tipo ontologico, cioè se gli esseri umani, al fondo, siano veramente uguali fra loro. 
Non solo in Occidente, c’è una tradizione culturale che parte dalla visibile e grande differenza fra gli esseri umani e la trasforma nell’idea che gli uomini, per natura, siano disuguali, irrimediabilmente disuguali, in intelligenza, in coraggio, in bellezza, in salute, e tali non possano che rimanere, per cui il problema è come organizzare tale disuguaglianza, quale gerarchia darvi. È una concezione che è stata fatta propria da gran parte della destra e del pensiero conservatore e rispetto ad essa l’idea di uguaglianza ha poco da dire. Se tu, infatti, parti dall’idea che gli esseri umani saranno sempre disuguali, con degli accorgimenti sociali potrai certamente ridurre tale disuguaglianza, ma questa non potrà che rimanere sempre. È da questa concezione che, nell’Ottocento, origina la teoria delle élites, la quale ha fior fiore di sostenitori anche non di destra, Piero Gobetti per esempio. In ogni caso, per questa visione del mondo l’uguaglianza è impossibile, più che un’utopia è un fatto innaturale. 
Dall’altra parte, però, come detto, c’è anche il pensiero dell’illuminismo, il quale pensa invece che non sia vero che gli esseri umani siano irrimediabilmente diversi e che, almeno in alcuni aspetti, per esempio l’uso della ragione, essi siano uguali fra loro. Il concetto illuministico di uguaglianza, tuttavia, proprio perché basato su qualcosa di molto incerto ed impalpabile come la ragione, è tipicamente un concetto astratto, non ha niente a che fare con quello che si vede e con quello che succede nella storia, per cui al pensiero socialista e anarchico, che dell’idea di uguaglianza si fanno propugnatori, si pone il problema se sia possibile realizzare, e se sì in che misura, qualcosa che non esiste come l’uguaglianza. 
Karl Marx, per esempio, riconosce che gli uomini, di per sé, non sono uguali, per cui non crede all’idea di uguaglianza in senso illuministico, ma pensa che il problema della disuguaglianza sociale, che da buon storicista vede come essenzialmente dovuto alle contingenze dello sviluppo sociale, si possa superare liberando l’uomo dal bisogno. Per Marx, cioè, una volta che tutti gli esseri umani siano stati liberati dal bisogno non è particolarmente importante e significativo che siano fra loro disuguali, perché tale disuguaglianza riguarderebbe solo degli aspetti secondari del nostro essere umani ed anche questi aspetti, con l’uguaglianza sociale, tendenzialmente verrebbero meno. Marx sapeva anche bene che dietro l ...[continua]

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