Tomasz Kizny, fotografo e giornalista polacco, dal 1986 ha raccolto le testimonianze dei prigionieri di guerra polacchi. Dopo la caduta del regime sovietico ha viaggiato su tutto il territorio dell’ex Unione Sovietica alla ricerca di ricordi e tracce sul mondo dei Gulag. L’intervista è uscita originariamente su Bz1999, 2005.

Lei è stato un vero pioniere, per quanto riguarda la storia fotografica dei gulag, dando un grandissimo contributo alla costruzione di una memoria storica sui gulag.
Le prime fotografie sul Gulag le ho trovate in Polonia nel 1986. Le avevano scattate i prigionieri polacchi poco dopo essere stati liberati dai campi sovietici nel 1956, e cioè tre anni dopo la morte di Stalin. Queste fotografie, per trent’anni, erano rimaste nascoste nei cassetti privati. Nella Polonia "comunista” l’argomento Gulag era tabù. Parlare dei crimini sovietici, comportava molto spesso la repressione da parte della polizia comunista politica. Nei tre anni seguenti sono andato alla ricerca in Polonia degli ex prigionieri, al fine di scovare e descrivere le fotografie che avevano custodito. Dopo, per continuare il progetto, è stata la storia a darmi una mano. L’accordo della "Tavola Rotonda” e la caduta del regime comunista in Polonia hanno reso possibile l’esposizione di queste fotografie alla mostra di Varsavia, nel 1989. L’anno successivo, per la prima volta, ho avuto la possibilità di andare nell’Urss, in piena "perestrojka” e "glasnost”. Sono andato a Workuty che si trova oltre il parallelo artico, e che negli anni di Stalin costituiva un grande complesso di campi-industriali, i cui luoghi conoscevo dalle foto raccolte in Polonia. Volevo vedere e fotografare quello che era rimasto dopo trentacinque anni di ciò che fu uno dei peggiori complessi concentrazionari all’interno dell’arcipelago Gulag. Dopo tre giorni di permanenza, il Kgb mi ha allontanato, costringendomi a tornare a Mosca, perché non avevo il permesso di permanenza in quel luogo, cui era proibito l’accesso agli stranieri. Tuttavia i cambiamenti nell’Urss procedevano velocemente, e già nella primavera successiva potevo legalmente ritornare a Workuty per continuare il lavoro.
Dopo la caduta dell’Urss, nel 1991, è stato possibile ottenere l’accesso ai molti archivi sovietici. Io ho cercato fotografie storiche dei gulag negli archivi di Stato di Mosca e negli archivi nelle province, nei musei e negli archivi privati. Ho iniziato a compiere dei viaggi nei più importanti complessi concentrazionari nella storia dei gulag, come Wyspy Solowieckie, Belomarkonal, Kolyma, per fotografare le tracce, ormai quasi svanite, di quella "civiltà dei campi”, rispetto al paesaggio della moderna Russia. La volontà mi spingeva a cercare, o almeno a tentare di realizzare un’immagine fotografica dell’arcipelago gulag.
Nonostante i numerosi sforzi, il quadro emerso è abbastanza frammentario e lacunoso, poiché non sono riuscito a trovare quelle fotografie, che meglio potrebbero rappresentare e manifestare i più scuri aspetti della realtà dei campi sovietici, che per il momento emergono solo dalle testimonianze scritte: prigionieri che muoiono di fame, completamente sfiniti per le dure condizioni di lavoro, mucchi di corpi congelati e sotterrati senza tombe e senza nome e il terrore della vita quotidiana nel campo. Nel 1942, l’anno peggiore della vita nei gulag, morirono nei campi circa 560.000 persone, ossia una media di un prigioniero su quattro. In alcuni campi la mortalità raggiunse addirittura la soglia del 60%. Non esiste alcuna fotografia,in grado di documentare questo massacro.
Ma, sono mai state scattate delle fotografie che descrivono questi orrori?
Negli anni Venti e ancora all’inizio degli anni Trenta, Stalin ancora non si preoccupava di nascondere l’esistenza dei campi. La propaganda li rappresentava come luoghi di rieducazione dei delinquenti e dei "nemici del popolo”, che, attraverso il lavoro, sarebbero stati trasformati in consapevoli cittadini della società socialista. A tale scopo, la propaganda produsse una vasta documentazione fotografica e cinematografica, come ad esempio testimonia il filmato sul campo di Stowieckim, del 1927. Quando venne pianificata la costruzione del Canale Biatomorskiego, fu creato un apposito ufficio, che aveva il compito di documentare e fotografare in modo sistematico l’avanzamento dei lavori per la costruzione del Canale. Le fotografie scattate, e alcune di esse censurate, furono divulgate dalla stampa ...[continua]

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