Fabrizio Pregliasco è medico chirurgo, specializzato in Igiene e Medicina preventiva e Tossicologia; lavora all’Università degli Studi di Milano.

Volevamo cercare di capire un po’ tutto quello che è accaduto intorno al virus dell’influenza AH1N1.
Il risultato di tutto quello che è stato detto e fatto nel mondo della comunicazione sul virus influenzale H1N1 è stato un disastro: si è detto che è stata una grande bufala, gestita da istituzioni pagate dalle aziende farmaceutiche, per promuovere e convincere la popolazione a prendere un vaccino che non solo era inutile ma anche pericoloso. E questo messaggio è passato anche fra professionisti della sanità. Nel caso dell’influenza da virus A c’è stato certamente un deragliamento della comunicazione, dovuto anche alla difficoltà obiettiva di trattare temi scientifici in televisione. Sono pochissimi i giornalisti "scientifici” e a me è sempre capitato di essere intervistato in tempi brevissimi da giornalisti generalisti, che affrontavano l’argomento come fosse un evento di nera andando in cerca del "trucido”, perché è quello che attira il grande pubblico.
Detto questo non c’è dubbio che la comunicazione istituzionale è stata molto carente e ha avuto sicuramente la peggio rispetto ai blog, al passaparola. Ho provato a fare anche dei riscontri su google mettendo come parole chiave "squalene e effetti collaterali”, che era uno dei tormentoni relativi al vaccino, e ne sono uscite tantissime citazioni. Addirittura riprendendo una stringa di testo, quale che sia, e mettendola come testo di ricerca, 5300 altri siti la riprendevano esattamente con le stesse parole.
Quindi in una situazione che aveva bisogno di tutta una serie di spiegazioni e chiarimenti, la comunicazione istituzionale è mancata gravemente. Teniamo presente che quella è una situazione dominata dall’incertezza e il decisore politico ci si trova in mezzo. In più non è facile ammettere e spiegare l’incertezza soprattutto se le modalità della comunicazione sono grossolane. Prendiamo, ad esempio, proprio il vertice istituzionale. Fazio ha fatto degli errori, ma il più grave è stato far passare il messaggio che non si vaccinava per il pandemico. Lui in realtà aveva detto una cosa più articolata: che essendo ultrasessantacinquenne e non rientrando in una delle categorie prioritarie intanto si vaccinava con quello stagionale e aspettava per l’altro… Ma il messaggio che è passato è stato che il ministro non si vaccinava. Un inciampo comunicazionale terrificante perché a questo punto al vaccino non ci ha creduto più nessuno.
Al fondo ha influito anche il fatto che l’influenza non fa più paura a nessuno?
Le malattie infettive respiratorie in passato sono state molto snobbate. Le problematiche importanti erano le epatiti e l’Hiv. Io, insieme a quella che è stata la mia maestra, la professoressa Profeta, siamo stati fra i pochissimi ad occuparci di questa malattia, l’influenza, che sembra banale e che in qualche modo lo è, perché è una malattia trasversale, che conosciamo tutti, l’unica che possiamo contrarre più volte nella vita, a prescindere da fattori di rischio e appartenenza a classe sociale.
Occupandomi di questo segmento, devo dire che l’influenza è una malattia a basso rischio specifico, ma rilevante sugli effetti per la salute di una comunità nel senso che il rischio è poco per uno ma tanto nella sommatoria. Però nessuno la percepisce in questo modo, perché tutti "ci prendiamo l’influenza” e nella stragrande maggioranza delle volte, quando ci ammaliamo, stiamo a casa tre o quattro giorni e poi guariamo. Quindi nessuno di noi pensa che questa malattia possa essere anche mortale. Invece può esserlo, il più delle volte in modo indiretto, e soprattutto nell’anziano e nei soggetti a rischio, a causa di una complicanza dovuta al calo delle difese immunitarie che provoca. Quindi l’influenza può diventare la classica goccia che fa precipitare la situazione.
In qualche modo possiamo dire la diffusione di certe patologie è legata alla percezione, più che al rischio reale. Prendiamo anche l’infezione da Hiv: il contagio potrebbe essere ridotto a zero, la curva dell’epidemia ormai è verso il basso e potrebbe azzerarsi, in realtà c’è un plateau perché si è persa la percezione della gravità della malattia. Mentre negli anni Novanta la maggior parte di coloro che contraeva il virus e conclamava la malattia purtroppo moriva nel giro di pochi mesi, adesso, prendendo i farmaci, si può continuare ad aver ...[continua]

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