Bruno Anastasia, Veneto Lavoro, responsabile dell’Osservatorio sul mercato del lavoro, si occupa da tempo dell’economia e del mercato del lavoro veneto, cui ha dedicato numerose ricerche, disponibili nel sito di Veneto Lavoro (www.venetolavoro.it)

Come sta reagendo il Veneto alla crisi economica?
Il Veneto non è estraneo alle dinamiche italiane, né a quelle europee: dunque va da sé che questo è un momento di difficoltà. E’ una fase in cui ci si attende una contrazione della produzione e dei livelli di attività economica. La variazione del Pil quest’anno rispetto all’anno scorso sarà intorno allo zero, e per il prossimo anno ci si aspetta un ulteriore peggioramento. Le previsioni sono critiche anche per i paesi emergenti, quelli che in questi anni hanno evidenziato i tassi di crescita più importanti. Ci si interrogava se la crisi degli Stati Uniti potesse essere compensata da qualche altra locomotiva a livello mondiale, con qualcun altro che tirasse la volata: nei mesi scorsi c’era stata una certa attenzione a questo fenomeno del decoupling, del disaccoppiamento tra dinamiche degli Stati Uniti e dinamiche di altri paesi. Col tempo si è reso invece chiaro che il mondo è così integrato che la crisi nata negli Stati Uniti si è irrimediabilmente ripercossa su tutte le economie.
Per quanto riguarda il Veneto, questa fase accentua una tendenza alla stagnazione che avevamo conosciuto un po’ anche negli anni a partire dal 2000, soprattutto tra il 2001 e il 2003.
Ma mentre alle spalle abbiamo una fase in cui, nonostante la bassa crescita, le dinamiche del mercato del lavoro non sono state affatto negative, nel senso che l’occupazione è cresciuta e la disoccupazione è calata (ci siamo interrogati a lungo su questo problema: com’è che l’occupazione va bene, anche se l’economia cresce poco?), ecco, in questa fase torneremo probabilmente a una maggior sintonia fra dinamiche occupazionali e dinamiche economiche. E le difficoltà di queste ultime si ripercuoteranno nelle difficoltà delle prime. Infatti ora ci si attende una qualche ricaduta occupazionale negativa. Come Osservatorio di Veneto Lavoro abbiamo da poco pubblicato un documento che si intitola appunto “L’impatto occupazionale della crisi”, da cui emerge che le assunzioni sono calate significativamente a partire da settembre e che i licenziamenti sono in forte aumento, in modo particolare nella piccola impresa. Questi dati negativi sul mercato del lavoro sono la brutta novità di questa fase. Si nota poi che la cassa integrazione sta aumentando soprattutto in Veneto, Emilia, Marche, Umbria, cioè nelle regioni della “terza Italia”, quelle delle piccole imprese e del modello adriatico, più ancora che nelle regioni caratterizzate dalla grande impresa.
Ora, come sempre, le fasi di crisi possono trasformarsi in momenti di opportunità, in occasioni utili per dar luogo a un sistema produttivo più forte. Sono insomma delle prove che costringono le imprese a organizzarsi meglio, a riorganizzare la filiera, i rapporti con le altre imprese, a migliorare la loro efficienza… Ovviamente questo processo può avvenire a condizione che gli investimenti non siano ostacolati da forme più o meno palesi di credit crunch.
In questo quadro come gioca la dinamica dei flussi migratori?
In questi ultimi quindici anni c’è stata una crescita molto forte della presenza di immigrati in Veneto. Tale crescita è stata trainata da una domanda di lavoro cospicua, non sempre stabile, caratterizzata anzi da discontinuità (nel lavoro stagionale ma non solo). In queste dinamiche importante è stato il peso dell’industria, del settore delle costruzioni, e di alcuni servizi alla persona.
Il ricorso alla mano d’opera immigrata ha avuto diverse determinanti che lo hanno favorito, reso possibile, sia dal lato della domanda che dell’offerta. Dal lato dell’offerta hanno contato diversi fatti: con la globalizzazione si sono aperte le frontiere; c’è stato un abbassamento cospicuo dei costi dei trasporti; qualche avvenimento traumatico vicino a noi, come la guerra in Jugoslavia, eccetera. Dal lato invece della domanda è stato decisivo il sottodimensionamento demografico delle coorti in ingresso nel mercato del lavoro, dunque quelle giovanili. Gianpiero Dalla Zuanna e Francesco Billari nel loro ultimo libro, La rivoluzione nella culla, con una suggestione molto bella, sostengono che in qualche modo gli immigrati hanno rimpiazzato “i nostri figli non nati”.
Questo processo di involontaria sos ...[continua]

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