Krzysztof Czyzewski è il presidente della Fondazione “Pogranicze” di Sejny, Polonia, che quest’anno ha ricevuto il Premio Alexander Langer.

Come vede il rapporto tra europei dell’Ovest e europei dell’Est dopo la caduta del comunismo?
Io faccio parte della generazione che negli anni ’80 ha cercato di fondare una cultura e una politica alternative. Dopo aver frequentato gli studi universitari a Poznan, in Lettere e Teatro, ho fondato, a Varsavia, insieme ad altri miei compagni, un giornale alternativo clandestino, “ Kultura”.
Dopo la caduta del comunismo, il primo incontro internazionale reale con l’Occidente avvenne in Jugoslavia, agli inizi degli anni ’90. Io ero impegnato in Bosnia, poiché ciò che avveniva in quel periodo in Jugoslavia rappresentava la tragedia delle terre di confine. A quel tempo eravamo fermamente convinti che la comunità europea occidentale fosse in grado di difendere il diritto al multiculturalismo, simbolicamente rappresentato, in quel preciso momento, dalla città multietnica di Sarajevo.
Invece al primo vero impatto rimasi profondamente deluso: l’Europa tanto agognata e sognata era in realtà assai lontana da quell’ideale dell’interculturalità. Prevaleva, immutabile, l’assioma nazionalistico che aveva caratterizzato tutta la storia europea del XX secolo. Paradossalmente gli europei che faticavano a comprendere l’essenza di Sarajevo, con facilità, invece, si intendevano con il nazionalista serbo-bosniaco Karadzic; in fin dei conti, parlavano lo stesso linguaggio.
Divenne chiaro che la politica europea non era in grado di risolvere le questioni nazionali, di creare dei ponti con le culture presenti nelle varie zone dell’Europa centrale.
Direi che oggi è questa la grossa sfida che viene posta all’Europa, ma non solo: creare dei ponti. E credo che noi polacchi, come ovviamente ognuno di voi, possiamo dare il nostro contributo a questo processo.
E’ vero che, stereotipi a parte, esiste un certo sbilanciamento fra Est e Ovest, nel senso che è sempre più forte l’interesse che gli europei dell’Est nutrono verso l’Ovest, che non il contrario.
Anche in Europa la caduta improvvisa del comunismo ha in una certa misura deluso le aspettative di quanti, in Europa occidentale, credevano nel “comunismo” o in una società all’insegna dell’uguaglianza e della solidarietà.
Perché secondo lei c’è stata, ad Ovest, questa delusione, di fronte alla subitanea caduta del comunismo?
Io credo che all’origine ci sia una grande differenza nell’idea di comunismo, che ognuno di noi si è fatto, a seconda che vivesse ad Ovest o ad Est.
I partiti comunisti occidentali erano ovviamente molto diversi dal sistema sovietico -e di conseguenza dai nostri partiti comunisti- in quanto costretti a muoversi e ad agire all’interno di un sistema democratico, che in qualche modo mascherava la loro vera natura ideologica; da noi, in assenza regole democratiche, il Partito era rigido e imponeva le sue regole senza lasciare spazio alcuno al dibattito e all’opposizione.
Dopo la caduta del comunismo è nato un partito socialista, cosa prima impossibile, che, purtroppo, però è rimasto nella scia del vecchio partito comunista. Noi, invece, avremmo bisogno di un “buon” partito socialista.
La Polonia ha una lunga tradizione socialista, una delle migliori in Europa, che sfortunatamente è stata interrotta e avvelenata dall’esperienza comunista ed è su quelle antiche e genuine basi, andate distrutte, non solo in Polonia, ma in tutta l’Europa dell’Est, che questo paese dovrebbe e potrebbe ricostruire un nuovo partito socialista e dare in questo modo il suo contributo alla nuova Europa allargata, dei venticinque. I grandi esponenti della tradizione socialista polacca, costretti a prendere la via dell’esilio, erano dei sinceri democratici e, cosa non da poco, non erano nazionalisti.
In Polonia è difficile oggigiorno riuscire ad elaborare e sviluppare una politica propriamente di sinistra?
Direi di sì, anzi dalla disgregazione del comunismo è nato nel corso dei decenni, un movimento anticomunista. Ma per capire occorre tenere conto della diversa percezione, o illusione, dell’idea comunista che avevamo maturato noi, avendola vissuta nella sua realizzazione storica.
In questo momento però si assiste ad un cambiamento. Ci sono stati, sin dalla caduta del regime comunista, esponenti e dissidenti di sinistra che hanno cercato di recuperare e sviluppare gli aspetti genuini della tradizione socialista po ...[continua]

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