Pechino, marzo 2009

Cari amici,
volevo parlarvi di tante cose questa volta. Intanto dello scrittore Liu Xiaobo, ancora agli "arresti domiciliari” per la Carta 08, il documento firmato da migliaia di cinesi per chiedere maggiore democrazia e diritti umani. Per quanto tutti i firmatari siano stati interrogati o invitati a "prendere il tè” dalla polizia, e alcuni di loro abbiano avuto il coraggio di raccontarlo nei loro blog, Liu Xiaobo è l’unico a essere stato arrestato.
Avrei voluto anche parlarvi delle poche notizie che filtrano dal Tibet, tutte negative, una terra immensa pattugliata da polizia ed esercito in modo talmente massiccio che basterebbe solo questo a dimostrare, senza bisogno di parole, che la versione dei fatti di Pechino, di un Tibet tranquillo vittima di isolati agitatori agenti del (perfido) Dalai Lama, non è credibile.
Invece, visto che tutti, ma proprio tutti, stanno parlando delle teste di bronzo andate all’asta a Parigi, non posso fare a meno di parlarne anch’io, perché è una questione un po’ ridicola ma rivelatrice.

Si tratta, forse lo sapete, di un topo e di un coniglio in bronzo, fatti da un missionario gesuita svizzero, Michel Benoist, per compiacere il desiderio dell’Imperatore Qianlong (1711-1799) di avere un giardino e un palazzo "all’occidentale”, desiderio venutogli dopo che i gesuiti gli avevano mostrato delle stampe rappresentanti Versailles. Il palazzo fu costruito da Giuseppe Castiglione, pittore e architetto milanese, ma le teste in questione erano parte di una fontana con i dodici simboli dello zodiaco cinese dalle cui bocche zampillava l’acqua. Inizialmente, avrebbero dovuto essere delle statue molto più in stile occidentale, con delle fanciulle nude da cui zampillava l’acqua -forse dai seni, o solo dalle teste, non si sa. Il nudo, all’epoca, non era considerato affatto artistico in Cina, per cui l’idea fu esplorata per brevissimo tempo e si preferì scolpire degli animali (curiosamente, anche questi vestiti con delle tuniche!). I corpi erano in pietra e le famose teste di bronzo -diciamolo però: davvero piuttosto bruttine. Nel 1860 il complesso in questione, che con tipica enfasi cinese venne chiamato il Giardino del Perfetto Splendore, fu distrutto e saccheggiato da truppe francesi e inglesi che volevano dare alla Cina "una lezione” dopo che alcuni inglesi e francesi erano stati uccisi sul suolo cinese. Le teste, però, all’epoca, malgrado quello di cui sono convinti i patrioti e nazionalisti cinesi, non erano più nel giardino da un bel pezzo: erano state messe in un deposito (a me piace pensare perché troppo brutte, ma questo non lo so con certezza!) e sette di esse erano finite sul mercato dell’arte internazionale dopo che dei trafficanti cinesi avevano deciso di venderle al miglior offerente (le altre cinque sono andate perse).

Ora che l’arte cinese, malgrado la crisi, consente ottimi guadagni, ecco che alcune delle teste sono state messe all’asta: due anni fa, quattro furono vendute a Hong Kong, con gran rullare di tamburi nazionalisti sulle teste saccheggiate dagli stranieri. Il mese scorso, altre due sono state vendute a Parigi dalla casa d’aste Christie’s. E lì è scoppiato il finimondo: i patrioti cinesi hanno deciso che questa era una vergogna, che si trattava di oggetti saccheggiati che rappresentano l’umiliazione cinese per mano straniera e che andavano restituiti alla Cina e non certo messi all’asta. Un gruppo di avvocati ha chiesto di fermare la vendita al Tribunale francese che, invece, ha stabilito che il venditore, Bergé, partner ed erede di Yves Saint Laurent, le aveva acquisite in modo legittimo; dunque, la vendita poteva procedere. Così è stato e ad aggiudicarsele è stato Cai Minchao, un collezionista che ha dichiarato poi di non aver alcuna intenzione di pagare i 32 milioni di euro che costavano, perché il suo gesto era volto solo a fermare una vendita "indecente”.

Ora, vai su internet e tutti parlano delle teste di bronzo. Si esce a cena, o a festeggiare un compleanno, e tutti a parlare delle teste. Sulle liste email dove si discute di affari cinesi, teste, teste, teste. Io, a forza di sentir dire che questo mostra tutto l’orrore del colonialismo e dell’imperialismo, mi sono schierata dall’altra parte, pensando chissene importa di queste stupide teste. Il colonialismo ha fatto ben peggio, dico, e non certo in Cina, un paese comunque colonialista (vedi il suo controllo su Tibet e Xinjiang, e non solo). La Cina ha avuto qualche scaramuccia con i paesi coloniali perdendoci Hong Kong, che all’epoca non era granché, ha dovuto fare qualche concessione in alcune città come Shanghai e Tianjin dovendo accettare il commercio con l’Occidente. Altro che le terribili umiliazioni di cui ancora si lamenta, come se il mondo avesse chissà quale debito con la Cina.

Poi mi sono calmata, perché ero così innervosita che non ascoltavo più. La faccenda è complicata, perché mi rendo conto che sotto il nazionalismo, certo pi- lotato ad arte dal Partito Comunista Cinese, c’è però un reale desiderio, specie nei giovani, di vedere la Cina rispettata e un enorme timore che non lo sia; un complesso di inferiorità, forse, che fa sì che ci si aggrappi a ogni frase pronunciata all’estero sulla Cina col timore di non essere all’altezza. O forse una bruciante consapevolezza dei limiti nazionali e il desiderio di urlare più forte di chiunque li sottolinei? Non lo so, il nazionalismo non riesco mai ad analizzarlo per la sua irrazionalità, lo vedo e mi ci arrabbio.