Istanbul è sempre lì. Quando l’aereo buca le nubi te la ritrovi di colpo in basso, acquattata nell’oscurità sulle sponde tra lo stretto del Bosforo e il Mar di Marmara come un gatto marpione che attende le prime luci dell’alba per catturare la preda. è la sera di una domenica di inverno come tante. Le lampade elettriche delle chiatte lampeggiano intermittenti sull’acqua, mentre sulla terraferma le scie luminose dei fari delle lunghe e ininterrotte code di automobili trasformano i boulevard in fiumane di lava incandescente che scorrono irruente verso la pianura. Una breve sosta in aeroporto sul lato asiatico e poi di nuovo in cielo verso Tbilisi per discutere di integrazione europea e politiche di vicinato nel lembo più remoto del vecchio continente anche se la ­Georgia, a detta dei cartografi, dal punto di vista strettamente geografico appartiene all’Asia trovandosi a sud della catena montuosa del Grande Caucaso che segna per convenzione il confine meridionale dell’Europa. Che sia Asia o Europa, comunque, poco importa ai georgiani che dal 28 di marzo dello scorso anno affollano gli aerei che collegano il loro paese con le principali capitali europee. In quella data, infatti, è entrato in vigore il nuovo regime che esenta i cittadini della repubblica caucasica dall’obbligo di visto per entrare nello spazio Schengen, l’area dell’Unione di libera circolazione delle persone. Era una delle principali promesse fatte da Bruxelles a Tbilisi quando nel maggio del 2009 fu lanciato a Praga il progetto di Partenariato Orientale.
In quella occasione i leader degli allora 27 paesi membri formalizzarono ai capi di stato di Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldavia e Ucraina la proposta di approfondimento delle relazioni sul piano politico, economico, sociale e culturale. Non solo scambi commerciali, quindi, ma lo sviluppo di un percorso di integrazione che, per il momento, esclude la piena adesione all’Unione Europea. Dei sei potenziali partner solo tre, Georgia, Moldavia e Ucraina, hanno colto appieno l’offerta europea negoziando e sottoscrivendo un accordo di associazione. Due, Armenia e Bielorussia, hanno preferito orientarsi verso l’Unione Economica Euro-asiatica a guida russa, mentre l’Azerbaigian mantiene una posizione intermedia di equidistanza attiva fra i due blocchi.
Sono stati 173.396 i cittadini georgiani che da marzo a novembre 2017 hanno viaggiato in Europa sfruttando il regime di liberalizzazione dei visti. Il numero si è ulteriormente allargato a fine gennaio 2018 superando le 220.000 unità. A chi entra è consentito trattenersi per un massimo di 90 giorni per vacanza, affari occasionali, studio o qualsiasi altra ragione fatta eccezione il lavoro continuato.
Sono stati però, molti (a detta di qualcuno troppi), i georgiani che hanno fatto richiesta di asilo denunciando presunte situazioni di persecuzione e atti di violazione dei diritti umani nel paese di origine col solo scopo di prolungare surrettiziamente la permanenza. In particolare Svezia e Islanda hanno sollevato il problema nell’ambito del meccanismo di monitoraggio che riunisce periodicamente i ministri degli interni dell’area Schengen con la Commissione europea, che ha il compito di vigilare sull’applicazione degli accordi. Oltre a questo, ha subito un’impennata anche il numero di coloro che non sono rientrati in patria alla scadenza dei tre mesi di permesso finendo per gonfiare il sottobosco degli irregolari. Buona parte dei governi europei ha, così, deciso di inserire la Georgia nella lista dei cosiddetti "paesi sicuri”, ovvero quei paesi dove stato di diritto e libertà civili sono tutelate, per accelerare la procedura di esame delle domande di asilo.  La Svezia, in questo modo, è stata in grado di respingere in tempi rapidi tutte le 963 richieste presentate ordinando il rimpatrio dei postulanti. Curioso e allo stesso tempo inquietante, invece, è il caso dell’Islanda che ha registrato un incremento vertiginoso in percentuale delle domande di accoglienza (700%), anche se si tratta in termini numerici di cifre risibili (da 5 a 40 poi raddoppiate nei mesi successivi). Perché mai un georgiano, con l’ampio ventaglio di opzioni disponibili, debba scegliere proprio l’angolo opposto e meno accessibile del continente, percorrendo distanze infinite per approdare in mezzo all’Atlantico, è l’interrogativo che hanno cominciato a porsi le autorità di Tbilisi allarmate dal possibile sforamento dei flussi. Dopo accurate indagini e a ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!