Nella pagina accanto si racconta, fra l'altro, di un signore "prossimo alla pensione", abitudinario, spirito libero, che dopo essersi opposto come poteva alla follia, ora si ritrova col fucile in mano a combattere non sa per cosa. Dall'altra parte un fratello di suo genero.
Bufere di una violenza estrema che all'improvviso travolgono uomini e cose. Cosa le fa scoppiare? E' tutto ineluttabile o ci si mette anche il "battito d'ali di una farfalla"? In Iugoslavia sarebbe andata diversamente se qualcuno non avesse scritto la parola "minoranza" su un pezzo di carta, se qualcun altro, ansioso di rimettersi in mostra, non si fosse affrettato ad applaudire, se qualcuno avesse tentato di imporre a tutti di sedersi a un tavolo, isolando quei fanatici del "grande" e del "puro" che di nuovo, nelle incertezze del presente, stanno seminando odio? Sarebbe servito? Si poteva fare qualcosa? Di certo, nella bufera qualcosa si può fare: salvare vite. E qualcuno l'ha fatto, lo fa, in silenzio, spesso in solitudine. Uomini e donne, che riescono a diventare punto di riferimento, punto fermo, esempio. Da loro la speranza rinasce. In una delle peggiori bufere del secolo, la deportazione degli ebrei ungheresi del 44-45, uno di questi uomini" è stato Giorgio Perlasca, che solamente nell'ultimo anno della sua vita, finita nell'agosto del 1992, ha avuto anche in Italia quel riconoscimento dovutogli da tanto. Vogliamo ricordarlo pubblicando l'intervento che fece al nostro convegno Enrico Deaglio, autore del libro che gli rese merito. A fianco parliamo di Annalena Tonelli, forlivese, missionaria laica in Somalia, che in quella bufera sta dando se stessa per salvare tante vite. La si può aiutare. Sotto, una lettera del Rabbino ci invita alla cerimonia di inaugurazione del monumento ai caduti ebrei del 44. Potrà essere occasione di ricordo e di meditazione in un momento in cui dal nord vengono di nuovo sinistri segnali di quel razzismo europeo che fu già causa di immane catastrofe.