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gato i miei punti di vista egli mi ha confer-
mato che doveva licenziarmi.
Sono stata licenziata lo stesso giorno, in meno
di un’ora. Il mio colloquio con l’amministra-
tore delegato è durato dalle 15 alle 16:15.
Ora vorrei dirle quello che penso. Mi ricordo
quando, dopo una stagione di riforme, Lei
è diventato il Presidente della Repubblica,
ha fatto tante promesse di “amore” e di gene-
rosità e ha detto che portava al tavolo degli
iraniani gli utili del petrolio. Mentre quello
che testimoniano
questi tempi ama-
ri è una situazio-
ne opposta, cioè la
vendetta, la violen-
za nella sua forma
più nuda e cruda.
Sicuramente non
sono poche le per-
sone alle quali da
anni è stata nega-
ta la possibilità di
studiare e io sono
una goccia in que-
sto mare tempesta-
to di ingiustizia e
oppressione. Par-
lo di donne e di
uomini che per le
loro idee diverse da
quelle del regime hanno subito privazioni
pesanti e le loro famiglie sono state vittime
di gravi e illimitate violenze. Allora, forse
dovevo tacere e vergognarmi di parlare di
cose che erano accadute a me.
Però, dobbiamo parlare e scrivere dei nostri
diritti costituzionali e non tacere, fino al
giorno in cui nel nostro paese il diritto allo
studio e il diritto al lavoro vengano conside-
rati come diritti e non come uno strumento
di minaccia nelle mani di un regime.
Quindi, mi sono permessa di chiedere: per
quale colpa i miei bambini devono essere vit-
time delle vendette del regime?
… Essere attivisti dei diritti umani e dedi-
carsi alla pace può essere considerata una
tale colpa imperdonabile da privarci del di-
ritto di avere un pezzo di pane?
Se un regime aspira al governo di imam Ali,
sa che imam Ali non ha mai privato un op-
positore dei mezzi di sostentamento. Mentre
le mie attività sono nell’ambito dei diritti
umani, e il nostro scopo nel Centro per i Di-
ritti Umani è di migliorare la situazione dei
diritti umani in Iran. E Lei ben sa che in tut-
te le società i pacifisti sono rispettati e ammi-
rati e non oggetto di umiliazioni e minacce.
Sono le nostre attività per alleviare un po’
il dolore delle famiglie dei detenuti a provo-
care una tale ira del regime o sono le nostre
attività pacifiche nell’ambito del Consiglio
Nazionale della pace, contro ogni forma di
violenza, a pesare tanto ai signori del potere?
La vera domanda è: il suo “amore” promesso
più di quattro anni fa riguarda solo la limi-
tata cerchia di persone che La circondano?
Non crede che questo suo modo di trattare
i propri connazionali, appartenenti a qual-
siasi gruppo o ideologia, sarà considerata
Sono Narges Mohammadi, giornalista, lau-
reata in Fisica, moglie di Taghi Rahmani
e madre di due gemelli di tre anni. Sono
un’attivista del Centro dei Difensori dei Di-
ritti Umani in Iran, che è stato recentemente
chiuso illegalmente, nonché del Consiglio
Nazionale della Pace. Da quando è stata
messa al bando la stampa democratica ira-
niana, il 22 settembre 2001, fino al 19 no-
vembre 2009, cioè pochi giorni fa, sono stata
impiegata, con un contratto regolare, presso
la Società per le Ispezioni Ingegneristiche
facendo parte del gruppo specialistico per
ispezione industriale e mineraria. Il 19 no-
vembre 2009 sono stata licenziata. Questo è
il breve curriculum di una donna di 36 anni
iraniana. è bene che lei sappia che il mio
ordine di licenziamento, prima di essere no-
tificato a me, ha seguito un iter attraverso le
forze di sicurezza. Nel mese di khordad 1387
(maggio-giugno 2008), tornando da una riu-
nione dei Difensori dei diritti umani e degli
esperti delle Nazioni Unite, tenutasi a Vien-
na, sono stata convocata e interrogata dagli
agenti del Ministero dell’Intelligence del Suo
governo. L’8 maggio 2009, quando stavo per
recarmi in Guatemala per partecipare a un
convegno internazionale delle donne, mi
è stato illegalmente impedito di lasciare il
Paese, e non ero stata accusata di alcun rea-
to, e infatti non sono mai stata chiamata in
giudizio come imputata. Il mio passaporto
è stato sequestrato all’aeroporto e da allora
non ho un passaporto. Per questo motivo ho
dovuto un’altra volta presentarmi agli agen-
ti dell’intelligence, i quali mi hanno chiesto
apertamente di abbandonare le mie attivi-
tà nel Consiglio Nazionale della Pace e nel
Centro dei Difensori dei Diritti Umani; in
caso contrario la minaccia era di ricevere re-
strizioni ancora più severe.
Il 18 giugno scorso, cioè sei giorni dopo le
recenti elezioni, sono stata nuovamente mi-
nacciata per telefono da un agente dell’intel-
ligence: se avessi proseguito con la minima
attività e non avessi lasciato Teheran, sarei
stata arrestata insieme ai miei bambini. Più
tardi, in un’altra convocazione gli agenti,
come ultimo avvertimento, mi hanno riferito
che se non avessi lasciato il Centro dei Difen-
sori dei Diritti Umani e il Consiglio Nazio-
nale della Pace e non avessi interrotto tutti i
rapporti con il Premio Nobel per la Pace Shi-
rin Ebadi, sarei stata licenziata e arrestata.
In settembre, dopo essere stata accettata per
un corso di specializzazione, ho chiesto al
Ministero dell’Intelligence di restituirmi il
mio passaporto, mi è stato detto che il Mi-
nistero aveva un parere negativo su di me e
che non avrei potuto partecipare al corso se
non avessi cambiato idea sulle loro proposte.
E alla fine, in data del 19 novembre 2009,
l’amministratore delegato dell’azienda dove
lavoravo mi ha informata di aver avuto ri-
chiesta di licenziarmi; quando ho chiesto
una spiegazione, mi sono sentita dire che era
una decisione dettata dall’alto. Mi ha consi-
gliato di approfittare dell’ultima occasione e
parlare con gli agenti per non farmi licenzia-
re; anche lui a sua volta mi aveva chiesto di
porre fine alle mie attività. Quando ho spie-
dal popolo iraniano e dalla storia come una
grande e imperdonabile ingiustizia? Toglie-
re il pane dalla bocca dei nostri bambini in-
nocenti è una dimostrazione della generosità
(“amore”) di questo regime e un segno di go-
vernare secondo i principi di imam Ali?
Secondo Lei i soldi facili guadagnati col pe-
trolio appartengono solo ai figlioli beniami-
ni e favoriti del regime e non ai figli delle
altri madri e dei padri che con il proprio la-
voro e le proprie attività contribuiscono alla
crescita e alla prosperità di questo paese?
Io ho lavorato otto anni in un campo di ispe-
zioni ingegneristiche dell’industria in Iran,
anche su progetti nazionali importanti come
quello di Pars Jonoubi; lettere elogiative
conservate nella mia pratica lavorativa te-
stimoniano un ottimo svolgimento del lavoro
che mi è stato affidato. Nonostante i respon-
sabili dei progetti per i quali ho lavorato fos-
sero soddisfatti dell’attività lavorativa svol-
ta, sono stata licenziata nel giro di un’ora
solo perché non ho accettato le proposte del
Ministero dell’Intelligence del Suo governo.
Non mi è stato nemmeno dato il preavviso
di un mese per poter cercare un altro lavoro.
Non crede che trattare così un connazionale
non è soltanto illegale ma è anche vile, im-
morale e disumano, mentre gli iraniani sono
famosi per essere magnanimi e gagliardi?
In conclusione, mentre posso pensare, scrive-
re ed esprimere il mio pensiero liberamente
e lontano dalle torture, che è ciò che conta,
sono convinta: che il Centro dei Difensori dei
Diritti Umani e il Consiglio Nazionale del-
la Pace sono associazioni sociali e legali in
Iran, che hanno avuto l’approvazione del fie-
ro popolo iraniano; che per me è un grande
onore collaborarci e servirle; e anche che il
Premio Nobel per la Pace, la signora Ebadi è
una donna molto coraggiosa che ha dedicato
la propria vita alle attività per la pace e per
i diritti umani; che collaborare con i pacifisti
del mondo non è criticabile e condannabile
ma, al contrario, è di grande pregio. La pace
e la difesa dei diritti umani contro le guerre
e le violenze fanno parte dei grandi obiettivi
della storia dell’umanità, al raggiungimen-
to dei quali io mi dedicherò sempre.
28 novembre 2009
Lettera aperta di Narges Mohammadi al Presidente Ahmadinejad
(foto archivio Fondazione AlexanderLanger)