Pagina 19 - l

Versione HTML di base

19
dell’imene, una pratica diffusa tra
le giovani ragazze iraniane. Fino a
qualche anno fa non era accettata
dal clero. Da qualche anno, questa
pratica (che costituisce assieme al
rifacimento del naso la principa-
le fonte di guadagno dei chirurghi
estetici della Repubblica Islamica)
è accettata e non è più considerata
haram
, ovvero contraria alla dot-
trina della fede. A rendere legale
l’imenoplastica, è stata una
fatwa
di Sadegh Rouhani, uno dei più in-
fluenti ayatollah di Qom. Anche la
ricostruzione dell’imene, come il
si-
ghe
, divide le femministe iraniane.
Alcuni considerano l’imenoplastica
una forma di sottomissione della
donna a “pratiche tribali”, mentre
altri sono del parere che la diffusio-
ne di questa pratica inevitabilmen-
te porterà al crollo del mito della
verginità, in quanto l’uomo non
potrà mai avere la certezza di aver
sposato una donna vergine.
Musica imprigionata
La rottura culturale tra i giovani e
la società forzatamente islamizzata
degli ultimi 33 anni non si limita
al privato. Nel pubblico, il disagio
giovanile si dimostra in ogni occasione. Uno
dei settori dove questa rottura si manifesta
maggiormente è la musica. Alcune forme
di espressione musicale, dalla voce solista
femminile al rap, al blues e al rock sono
condannate all’illegalità, ma non per questo
meno diffuse. Mohammad Hossein Saffar
Harandi, Ministro della Cultura e dell’O-
rientamento Islamico del primo governo
presieduto da Mahmoud Ahmadinejad, in
un’intervista rilasciata a un quotidiano spa-
gnolo ha detto che il rock e il rap potevano
convivere con la Repubblica Islamica, a pat-
to che “non facessero perdere ai giovani la
compostezza islamica”. Soroush Lashkari,
26 anni, è considerato il re del rap iraniano.
Il suo nome d’arte è tutto un programma.
Firma le sue canzoni e i suoi video con il
nome di Hichkas, che potrebbe essere tra-
dotto in italiano “il Signor Nessuno”. Non c’è
IPod di un adolescente o giovane iraniano
che non abbia in memoria le sue canzoni,
tutte rigorosamente clandestine e diffuse
illegalmente.
“Sono cresciuto qui, in questa
giungla/dove tu mi ha tirato su così/non mi
incatenare/altrimenti inizio a gridare”
, dice
in una delle sue canzoni più famose. Soroush
è già finito in carcere un paio di volte, ma
non ha mai pensato di smettere di cantare.
Con lui sono finiti in carcere altri rapper fa-
mosi come Shahin Falakat, Reza Piushrou,
e Sina Motezad. “Entriamo e usciamo dalle
prigioni, come si entra e si esce da uno stu-
dio di registrazione”, commenta
Hichkas
. La
musica underground iraniana di recente è
arrivata anche sui grandi schermi del cine-
ma occidentale, con il film “Non si sa nulla
dei gatti persiani” del noto regista iraniano
Bahman Ghobadi. Il film racconta proprio la
storia di due giovani iraniani che formano
un gruppo rock underground. I protagonisti,
subito dopo la produzione del film, hanno
dovuto chiedere asilo politico in Gran Bre-
tagna.
The Plastic Wave
, altro gruppo molto
popolare tra i giovani, infrange doppiamen-
te le regole della Repubblica Islamica.
Il gruppo, che ha un certo seguito anche
all’estero, soprattutto nei paesi dell’Asia
Centrale, oltre a eseguire musica Metal, ha
come solista una giovane ragazza, Maral. Le
loro canzoni parlano di amore e solitudine,
ma ciò malgrado Maral e i suoi compagni
sono finiti in carcere, dopo un concerto non
autorizzato in un parco di Teheran. Mohsen
Namjoo, un cantautore paragonato dal
New
York Times
a Bob Dylan, è stato giudicato e
condannato a cinque anni di reclusione per
aver utilizzato alcuni versetti del Corano in
una canzone al ritmo di
blues
.
A maggio di quest’anno Shahin Najafi, un
altro rapper iraniano che ora vive in Eu-
ropa, è stato definito dall’ayatollah Safi un
“nemico della fede” per una canzone giudi-
cata blasfema. Subito dopo su un sito inter-
net è stata aperta una lista per raccoglie-
re adesioni di volontari disposti a uccidere
Shahin Najafi in esecuzione della
fatwa
dell’ayatollah Safi.
L’Iran senza dubbio è il paese delle contrad-
dizioni, il blues è vietato, ma liberamente si
può cambiare sesso e per di più a spese della
sanità pubblica. È stato lo stesso ayatollah
Khomeini, fondatore della Repubblica Isla-
mica, ad autorizzare il cambio di sesso, con
una fatwa. Per la sociologa Noushin Ahma-
di Khorasani, i giovani iraniani hanno un
estremo bisogno di trovare una loro identi-
tà”. “Le nostre ragazze -dice la sociologa- vi-
vono una doppia vita, con il
chador
nei luo-
ghi pubblici e in minigonna dentro le case”.
“I nostri ragazzi sono costretti a manifestare
in pubblico una religiosità in cui non credo-
no, e che nel privato cercano di rinnegare
talvolta anche con atteggiamenti esaspera-
ti. Ed è proprio questa ricerca di laicità e il
desiderio di pensare con la propria testa che
fa paura al clero. Non è un caso che proprio
alla vigilia dell’inaugurazione dell’ultimo
anno accademico, la Guida Suprema, l’aya-
tollah Seyed Ali Khamenei, ha chiesto una
drastica riduzione del numero degli iscritti
alle facoltà umanistiche. Preoccupato per
l’alto numero di studenti iscritti alle facoltà
umanistiche, circa due milioni, l’ayatollah
Khamenei ha avvertito che “in queste fa-
coltà spesso si insegnano materie che istil-
lano il dubbio sui principi fondamentali e
basilari della religione”. “In queste facoltà
si insegnano filosofie basate sui principi del
materialismo che diffonde scetticismo verso
gli insegnamenti divini e islamici, e pertanto
minano le basi della nostra società fondata
sulla parola di Dio”, ha aggiunto l’ayatollah
Khamenei parlando a un nutrito gruppo di
cattedratici e rettori universitari.
(A.R.)
Verrò
su ogni muro, un garofano pianterò.
A ogni finestra, una poesia leggerò.
A ogni corvo, un pino donerò.
Dirò al serpente:
“Che splendore ha la rana”!
Rappacificherò.
Farò fare conoscenza.
Camminerò.
Luce mangerò.
Amerò.
(Sohrab Sepehri)
Soroush è già finito in carcere un paio
di volte, ma non ha mai pensato
di smettere di cantare